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Sull'igiene scolastica in città Not e ammi nistrati ve scola sti che e un “pensiero ” su Vito For nari (1908
15 marzo 2013

Nei primi mesi del 1908, alcuni cittadini di Molfetta segnalarono al Sindaco Vito Balacco le pessime condizioni igieniche in cui si trovava finanche la via più bella della città, corso Umberto, al di là della quale, dai vicini orti concimati con liquami (v. “Quindici”, ottobre 2011, p. 22), ad appena dieci metri dall’abitato, vi erano delle esalazioni putride, che appestavano l’ambiente e predisponevano alle malattie infettive. Non avendo ricevuto risposta, essi si rivolsero al Prefetto di Bari comm. Berganza, il quale prese a cuore le condizioni disagevoli degli abitanti di quel quartiere e inviò subito a rilevare de visu le condizioni igieniche della città il funzionante medico provinciale cav. dott. Enrico Erriquez. Questi visitò anche alcune scuole elementari, funzionanti in locali di fortuna, che dichiarò addirittura impossibili e in parecchie classi trovò ancora i cessi nelle aule della scuola, già segnalati l’anno prima dal dott. Giulio Cozzoli sul “Corriere delle Puglie” (=CdP) e da Alessandro Guidati in Consiglio Comunale (v. “Quindici”, giugno 2011, p. 22 – 23). In altra classe, la cui maestra era malata da tempo, lo stesso dottore “riscontrò quasi completa oscurità dannosa per la vista dei bambini” (CdP, 1° aprile 1908, Molfetta. (Vice) Per l’igiene pubblica). Il 28 giugno successivo, nel fare il resoconto di Quattro anni di Amministrazione Repubblicana a Molfetta, il foglio del partito, “La Falange”, scriveva al riguardo, in prima pagina (fotoriprodotta in Il Giornale dei Giornali, a cura della Scuola Media Statale “G. Pascoli”, Molfetta, a.s. 1999/2000, p. 11), che per risanare finanziariamente il Comune era stata battuta “la via del più rigido raccoglimento, della parsimonia ed economia sino all’osso, vigilando e curando il maggior gettito nelle entrate e la più oculata e razionale economia nelle spese e in conseguenza di ciò voler anche lontanamente pensare a tutto un programma organico di edilizia e di igiene sarebbe stato opera da incoscienti, né sarebbe stato possibile ricorrere a prestiti”. Una richiesta delle maestre… La domenica 29 marzo, nella sala del Consiglio Comunale, l’avv. Raffaele Cotugno, invitato dalla Società di cultura di Molfetta, tenne una commemorazione di Edmondo de Amicis, del quale fece un ritratto il giovane artista Liborio Romano, figlio di Michele (CdP, 31 marzo 1908, (G. P.) De Amicis commemorato a Molfetta). Alla commemorazione furono presenti “gli alunni dell’Istituto Fornari” (così scrive G. P.), diretti dall’ins. Gioacchino d’Erasmo, che presentarono fiori all’oratore, e molte maestre elementari, alcune delle quali, insegnanti nelle classi femminili municipali, chiesero in quei giorni all’Amministrazione comunale che il loro stipendio fosse equiparato a quello (più alto) delle insegnanti nelle scuole maschili. Su questa richiesta dichiararono di parlare in favore, nella prima tornata del Consiglio comunale, i consiglieri dei diversi partiti “interessati – scrive Vesevo (l’ins. Giuseppe Poli) – alla soluzione della importante questione, che aveva per base il riconoscimento di un atto di doverosa giustizia” (CdP, 13 aprile 1908, p. 1). Favorevole alla richiesta delle maestre si mostrò anche l’on. Pietro Pansini, che in una sua visita a Molfetta raccomandò all’Amministrazione comunale, del suo stesso partito, la giusta domanda delle insegnati (CdP, 28 maggio 1908). In quel tempo, l’abolizione delle sperequazioni fra maestre delle scuole maschili e maestre delle scuole femminili era uno degli obiettivi del programma del Presidente dell’Unione Magistrale Nazionale (U.M.N.) on. Ubaldo Comandini, da lui illustrato nel presentare in Parlamento il progetto di legge detto degli Amici dell’Alfabeto, già approvato il 27 gennaio 1907 dalla Commissione parlamentare dei sostenitori dell’U.M.N., e al VII Congresso Nazionale di Palermo del successivo mese di settembre. Il progetto, a riguardo del pareggiamento di stipendio delle maestre di scuola maschile e femminile, prevedeva un sussidio dello Stato ai Comuni, da cui esse dipendevano (Alberto Barausse, L’Unione Magistrale Nazionale. Dalle origini al fascismo 1901 – 1925, La Scuola, Brescia 2002, p. 28). … discussa in Consiglio Comunale La sera del 25 maggio, la domanda delle maestre fu discussa nella tornata del Consiglio Comunale, dove l’Amministrazione, per bocca del Sindaco, propose il rimando della discussione in sede di bilancio. “Malgrado questo tentativo di stroncare così la discussione – scrive Vesevo (in CdP del 28 maggio cit., Tornata consigliare) – questa avvenne comunque ed anzi fu completa sotto tutti i punti di vista, quando intervenne per primo a sostenere le ragioni delle insegnati il consigliere Guidati, il quale, svolgendo una sua interrogazione messa per l’oggetto all’ordine del giorno del Consiglio e pur aderendo alla proposta dell’Amministrazione di provvedere alla bisogna in modo concreto in sede di bilancio, fece premurosa richiesta perché l’Amministrazione se ne occupasse seriamente”. Dopo il Guidati prese la parola il Consigliere avv. Sergio de Iudicibus, che nel campo della scuola aveva commemorato l’anno prima, nel Consiglio del 14 settembre, Girolamo Nisio (sul quale v. “Quindici”, novembre 2012, p. 22 – 23), tenendo una lodevole disamina dei principali suoi lavori pedagogici (CdP, 17 settembre 1907). Egli nel suo intervento dimostrò che la sperequazione degli stipendi fra maestre di classi maschili e maestre di classi femminili – riferisce sempre Vesevo – era un anacronismo logico e giuridico ad un tempo, che si manteneva ancora nei bilanci comunali per forza d’inerzia e come un avanzo del vieto pregiudizio della prevalenza del sesso. Egli disse che dopo l’abolizione delle differenze fra patente inferiore e patente superiore degli insegnanti, era enorme ingiustizia conservare ancora lo spareggiamento degli stipendi fra gli insegnati in genere della scuola elementare; accennò alle agitazioni svoltesi e svolgentesi tuttavia mercè congressi e voti della U.M.N. al Governo pel pareggiamento degli stipendi nonché ai deliberati presi da molti importanti Comuni non solo dell’Italia settentrionale e centrale ma anche delle province meridionali, tra i quali Lecce, e richiamò l’attenzione del Consiglio sulla presa in considerazione della domanda che riguardava un’alta questione di doverosa giustizia, superiore di gran lunga alle esigenze finanziarie e destinata quindi a ricevere la sua legittima soddisfazione in un prossimo avvenire”. Dopo questa discussione, nella quale – continua Vesevo – fu notato il mutismo in cui si chiuse l’assessore di Pubblica Istruzione (Filippo Candida), che pure aveva promesso di sostenere la giusta causa di una maestra, il Consiglio pur prendendo in considerazione la domanda delle insegnanti, deliberò di rinviare l’attuazione in sede di bilancio. Nei mesi seguenti, anche la discussione in Parlamento del progetto degli Amici dell’Alfabeto fu rinviata per ragioni finanziarie, insieme ad altre questioni interessanti la categoria magistrale, e ciò fece crescere del malcontento fra le sezioni dell’U.M.N., le quali espressero poi delle proprie deliberazioni al riguardo, come fece anche la sezione di Molfetta (v. Barausse cit., p. 284 n), di cui era presidente il Direttore didattico Saverio de Candia (su cui v. “Quindici”, aprile 2011, p. 22 – 23, e settembre 2012, p. 22 – 23). Saverio de Candia e i suoi “Pensieri” Lo stesso Direttore, nel corso del 1908, pubblicò sui nn. 1 – 12 della “Rassegna Pugliese” i Pensieri di un redivivo, che continuarono, dopo la mancata uscita della Rivista nel 1909, sul n. 1 – 2 del 1910, quando fu stampato l’estratto dalla Tip. Vecchi di Trani, con il frontespizio interno datato 1908 e in copertina 1910. “Chi detta queste pagine, - scrive nella sua pubblicazione il de Candia – appartiene ad una generazione ormai passata. Egli fu testimone degli entusiasmi del ’48, quando gente di ogni classe percorreva processionalmente le vie al grido di viva Gioberti, viva Pio IX; e delle amare delusioni che ne seguirono. Giunto ormai a tarda età (75 anni), dopo avere sospeso da cinque lustri, perché distratto da altre cure, ogni pubblicazione letteraria, se si eccettui qualche breve scritto di occasione, o qualche articolo su questa “Rassegna”, ha risoluto di dare alla luce questi pensieri sparsi fra le sue carte”. In questi suoi Pensieri non gli sembrò “fuor di luogo” il notare (nel Cap V) ciò che intorno ai concetti di spazio e di tempo insegna Vito Fornari (nato a Molfetta il 10 marzo 1821) nei suoi dialoghi della Armonia universale. Nel quale libro, scrive il de Candia, che di esso (edito nel 1850 e ripubblicato nel 1868 e 1878) si era occupato già nella Commemorazione di V. Fornari (dopo la sua morte, avvenuta a Napoli il 6 marzo 1900) “sì per la forma e sì per la sostanza esso Fornari si avvicina a Platone più del Gioberti. Egli (F.) movendo dal detto platonico che la filosofia è una musica sublime, dice che come l’armonia musicale risulta dai toni gravi, acuti, secondo la diversa figura e ampiezza che prende nello spazio l’onda sonora, e dai tempi, secondo che sono celeri o lenti, così l’universo creato fa, per mezzo dello spazio e del tempo, armonia con l’Unità assoluta: e venendo a dichiarare in che propriamente consistono i concetti di spazio e di tempo egli (F.) non dice, come il Kant, che fossero semplici forme dello spirito; ma, pure ammettendo che abbiano un fondamento ideale, sostiene che non siano idee totalmente positive; in quanto che noi pensiamo l’eterno, e negando alle cose create l’eternità, ci formiamo il concetto di tempo; e così pure, pensando l’idea di immensità, negativa nella forma ma positiva nella sostanza, e aggiungendovi la negazione, ci formiamo il concetto di tempo. E altro insegna il Fornari in quel libro di poca mole, ma di non poca sostanza. E che meriterebbe di essere letto e studiato più che non sia”, scrive il de Candia, mentre Molfetta onorò il suo figlio mettendo nella sala comunale degli uomini illustri il ritratto dell’Abate “lavoro assai riuscitissimo – scrive g.(ioacchino) p.(oli) – del decano dei nostri artisti, Michele Romano (CdP, 30 gennaio 1908), qui riprodotto da M. Uva, Galleria degli uomini illustri di Molfetta (Mezzina, Molfetta 1995).

Autore: Pasquale Minervini Centro Studi Molfettesi
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