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Spiaggiamento capodogli a Varano
11 dicembre 2009

VARANO - Questa mattina sette capodogli si sono spiaggiati sulla costa garganica, nei pressi del lago di Varano (Foggia).
Tempestivi i soccorsi nel disperato tentativo di salvare gli animali, le cui dimensioni variano dai nove ai dodici metri per un peso che va dalle quindici alle venti tonnellate.
Ai lavori sta partecipando anche un gruppo di volontari del centro Recupero Tartarughe Marine Wwf di Molfetta, coordinati da Pasquale Salvemini.
Purtroppo allo stato attuale solo tre degli esemplari sono ancora in vita.
 

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Attraverso i secoli, l'uomo è diventato il più pericoloso degli "animali". Fino a un secolo fa, sulla Terra esistevano ancora vastissime aree naturali dove gli animali non avevano contatto con l'uomo. Da allora la popolazione umana è aumentata rapidamente, e con essa la produzione di energia e lo sfruttamento delle materie prime, e le zone estranee alla presenza dell'uomo sono ormai rarissime. Gli habitat naturali scompaiono e la biodiversità (l'insieme di tutte le specie viventi) subisce un rapido declino. Il fenomeno è rischioso, perchè fa del mondo un ambiente instabile e povero di risorse indispensabili, ma ha conseguenze ancor più gravi sugli animali. Le specie più colpite hanno raggiunto il punto in cui, paradossalmente, hanno bisogno dell'uomo per sopravvivere. L'uomo ha iniziato ad alterare gli habitat naturali nel momento in cui ha scoperto il fuoco, ma la loro distruzione è aumentata rapidamente con l'inizio dell'agricoltura, circa 10.000 anni or sono. Distruggendo nei secoli passati il manto vegetale dell'emisfero settentrionale e, oggi, quello dei tropici, l'agricoltura è rimasta una delle maggiori cause della deforestazione. Di recente hanno subito la stessa sorte vaste foreste di mangrovie, eliminate a vantaggio degli allevamenti di gamberi, e importanti formazioni coralline, sfruttate per ricavare materiali di costruzione. Molte specie marine hanno così perduto i loro consueti luoghi di riproduzione, disorientando anche il loro naturale comportamento, compreso l'orientamento acquisito e trasmesso in milioni di anni. I risultati si vedono e siamo incapaci di intervenire a riparare i guasti diventati ormai, irreversibili.
Poveri Capodogli, forse una famiglia al completo. Diranno chissà quali e quante motivazioni, quella vera è una sola: inquinamento continuo e sempre più aggressivo. - La distruzione dell'habitat è soprattutto grave nelle zone costiere. Stagni salmastri, estuari, paludi a mangrovie e scogliere di corallo, tutte zone di grande bellezze e importanti per il nostro benessere, sono particolarmente vulnerabil al degrado e alla distruzione operata dall'uomo. Le città costiere spesso considerano i terreni paludosi come una soluzione economica per eliminare i rifiuti, da quelli industriali a quelli domestici. Altrettanto dannose sono le attività di dragaggio di sabbia e ghiaia davanti alle coste, che distruggono i fondali ove i pesci vanno a riprodursi. Altrettanto importanti e particolarmente sensibili al degrado sono gli estuari, i "crocevia" tra gli ecosistemi di terra e di mare, sui quali sono installate molte attività dell'uomo. Gli estuari sono così produttivi, in termine di vita ittica, che si valuta generino quasi 80 milioni di tonnellate di pesce all'anno, ossia più di tutto il nostro pescato annuo. Molti di questi habitat primari però vengono degradati a una velocità che elimina intere comunità di pesci. Un'altra causa primaria di perdita di habitat è imputabile al processo di eutrofizzazione provocato dagli scarichi delle fogne e dal dilavamento dei fertilizzanti. Il mare, tutto, è al centro di innumerevoli e sgradevoli questioni, dalle dispute sulle risorse all'impoverimento delle specie marine, siano queste considerate come rivali dell'uomo o come prede. Abbiamo ampiamente dimostrato la nostra capacità di sconvolgere il pianeta su cui siamo nati. Adesso la sfida è un'altra: quella di dimostrare che siamo capaci di impiegare la stessa abilità nel gestire su larga scala, e su basi sostenibili, le risorse viventi della Terra, abbinando due imperativi: svilppo e conservazione. (Gaia Book 1970. - 2009: non ci siamo riusciti) -
Inarrestabili le tragedie dovute al continuo inquinamento. Un processo interminabile, forse inarrestabile. - Oggi i mari sono un vero e proprio "pozzo nero" in cui confluiscono con continuità enormi quantità di fanghi e minerali provenienti dalla terra ferma. Noi stiamo chiedendo al mare di accettare anche quantità sempre crescenti di materiali generati dall'uomo, dagli scarichi delle fognature a quelli industriali e agricoli, tutti quanti ricchi di sostanze chimiche contaminanti. Per non parlare delle scorie radioattive. Gli oceani possono svolgere una preziosa funzione agendo da "depuratori di scorie", ma la questione è: qual è la quantità massima di rifiuti che si possono smaltire senza provocare danni? Vale a dire: quale tipo di scorie gli oceani sono in grado di assorbire, dove possono meglio ospitarle, quanto ci impiegherebbero a degradarle attraverso i processi naturali e soprattutto quale livello di conseguenze negative siamo disposti ad accettare? A tutto ciò non si presta sufficiente attenzione. Mano a mano che l'inquinamento aumenta, un'alta percentuale di scorie viene a depositarsi nelle acque biologicamente produttive dell'estuario e delle zone costiere. Qui i veleni entrano nelle catene alimentari marine, accumulandosi nelle specie superiori............ . Il dato più significativo in assoluto è che almeno l'85 per cento dell'inquinamento degli oceani deriva dalle attività umane sulla terra più che sul mare stesso, e che il 90 per cento di questi agenti inquinanti rimangono in acque costiere, che sono di gran lunga il settore biologicamente più produttivo degli oceani. L'insensata distruzione in queste zone vitali avrà serie conseguenze, non solo per il benessere dell'uomo, ma anche per tutto il regno marino. (GAIA BOOK 1970) Questi sono i risultati...... dell'indifferenza e della conoscenza nascosta.
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