MOLFETTA - «Tutti i vetri, anche della finestrella piccola, sono stati rotti. Le aste delle bandiere fatte a pezzettini, i neon spaccati, il contatore ed i fili della corrente divelti. I volantini e i manifesti aperti e stracciati. La scrivania, la libreria e le sedie trascinate in piazza, squarciate e incendiate. Il simbolo, ancora incellophanato, sporcato dalla più indecente fra tutte le sporcizie» (scritto di Domi Bufi, letto da Angela Amato).
Con il ricordo commosso della tragica devastazione della sede di SEL in Piazza Paradiso la notte di capodanno (
esclusiva di Quindici), è iniziata l’assemblea provinciale di SEL a Molfetta (con la partecipazione di
Lorenzo Cipriani, segretario provinciale del partito), conclusasi con l’inaugurazione della nuova sede nello stesso locale, dedicata a Gaetano Salvemini (nella foto
Silvio Salvemini, segretario del partito, che scopre la nuova targa).
Un gesto intenzionale? Probabilmente, come dimostrerebbe la defecazione sul simbolo del partito. Secondo Tommaso Minervini (direttivo SEL), quel gesto non è stato solo espressione della barbarie di un gruppo di ragazzi: è stato lo sterile prodotto di un contesto socio-politico locale segnato dalla gratuita violenza verbale, caratterizzato da una contrapposizione granitica e serrata, sfrontata e offensiva tra opposte ideologie politiche e clan sociali rivali. Come anche, e sempre più spesso, tra partiti.
Non è mancata una “
filosofica” panoramica sullo scacchiere politico molfettese, dalle
primarie del 30 dicembre scorso alla difficile convergenza tra i partiti del centrosinistra per l’individuazione di un candidato sindaco e di un programma condiviso.
Minervini, che ha ufficializzato la sua candidatura al Senato per le politiche del 24-25 febbraio (6° posto, e non 4° come si era inizialmente pensato), con un arzigogolato sofisma ha annunciato una possibile convergenza tra SEL, PD e PRC («la comunità di destino che vorremo chiamare sinistra, insieme agli amici di PD e PRC»): una triade, ad oggi, di difficile composizione (Rifondazione aspira almeno a un consigliere comunale e in una triplice alleanza sarebbe schiacciata dagli altri partiti), mentre sembra reggere l’intesa gelatinosa tra PD e SEL («non dobbiamo rompere questa comunità di destino»).
In sostanza, si sta tentando di ricucire il classico centrosinistra locale (ad esclusione dell’UDC, forza di opposizione del Consiglio comunale uscente) che
sic et simpliciter potrebbe confluire su un altro candidato piddino, questa volta individuato nella cosiddetta “
società civile” (una donna trentenne, ma si attendono conferme) dopo il ritiro della candidatura politica di
Giovanni Abbattista, fortemente contestata a novembre da
SEL e dalla
Lista Emiliano (a dicembre era quasi sicura una frattura tra Pd e SEL). Resterebbe da interpretare la posizione di Rifondazione.
Tra l’altro, la matassa si è particolarmente arruffata negli ultimi giorni quando è trapelata la possibilità (sempre più una certezza) di un candidato sellino che, secondo un primo identikit, avrebbe una certa esperienza politica (quasi decennale) e un profondo radicamento nella società grazie alle battaglie sociali condotte e alla sua professione.
Escluso Minervini, come lo stesso ha ribadito nell’assemblea provinciale (una «
rinuncia» finalizzata a «
una fase collettiva di cambiamento che non sarà il singolo a determinare»). Questa decisione era emersa già in estate (nonostante alcuni “
ritorni di fiamma” recenti), ma è stata ulteriormente rafforzata dal ritiro di Abbattista. A quanto pare, la scelta potrebbe ricadere anche su
Nicola Piergiovanni (come già
Quindici aveva ipotizzato a
ottobre), secondo massimo esponente di SEL Molfetta e capogruppo del partito nel Consiglio comunale uscente.
A febbraio lo scenario potrebbe essere abbastanza frastagliato con un candidato della “società civile” (Bepi Maralfa), due candidati del centrosinistra (PD e SEL) e, probabilmente, uno del centro che pare potrebbe sbucare dal cilindro uddicino e rappresentare il perno di una futuribile coalizione di centro.
Di fronte a un minestrone condito con sale e pepe, sarebbe opportuno riscoprire lo strumento di quelle primarie che, annunciate in pompa magna a inizio dicembre, sono subito sfumate nel nulla delle riunioni e delle tavolate politiche, tra i veti incrociati e le posizioni di retroguardia, fino alle strumentalizzazioni ad personam. Quanto meno si coinvolgerebbero i cittadini che ormai sembrano essere stati abbandonati alla deriva antipolitica (e non solo). Le primarie potrebbero essere anche un rischio per l’inquinamento del voto, come accaduto in passato: il candidato indicato potrebbe essere quello che è riuscito a mobilitare più elettori verso il voto, fors’anche portandoli direttamente al seggio.
Occorre, però, capire che si può costruire qualcosa per questa Molfetta solo nell’umiltà e nel dialogo, evitando inesistenti purismi.
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