Numerose società, in epoche e Paesi diversi, hanno conosciuto la schiavitù. L’esercizio cioè di un diritto assoluto di proprietà di un uomo su un altro uomo. Molto meno conosciuta è invece la persistenza della schiavitù in Europa nel Medio Evo, e persino nell’età moderna dal secolo XVI fino agli inizi dell’Ottocento, quando una serie di Trattati internazionali ne vietò la pratica, che per altro durò indisturbata nei liberissimi Stati Uniti fino al 1865, seguita per un secolo dalla segregazione, seguita infine dal razzismo, tuttora fiorente. Nel corso del tempo essa ha assunto forme e dimensioni diverse, per lo più imposte ed esercitate ai danni di uomini e donne appartenenti a Paesi, culture e religioni differenti. Nell’ambito del Mediterraneo dal Cinquecento in poi, il commercio di schiavi deriva dalla costante ostilità fra mondo cristiano e mussulmano, e fra le rispettive zone di espansione. Attraverso vicende di guerra per terra e per mare e soprattutto per il continuo esercizio di attacchi pirateschi, islamici e cristiani caddero prigionieri gli uni degli altri, e vengono allora considerati e trattati come schiavi. L’unica possibilità di salvezza, appare la generosa ma rara ‘‘manumissio’’ del padrone costituita dal pagamento del riscatto. Ma era questa una evenienza molto remota per la mancanza di denaro e per l’indisponibilità dei proprietari. Nei secoli dell’età moderna, l’utilizzazione prevalente di questi infelici muta rispetto al Medio Evo. Spariscono quasi del tutto gli addetti ali lavori agricoli e muta anche la provenienza. Provengono ora in prevalenza dall’impero ottomano dagli Stati vassalli del Magreb le cosiddette Reggenze di Algeri, Tunisi, Tripoli e dal Marocco. Consistenti anche le provenienze dall’Europa orientale. Gli uomini catturati nella guerra di corsa, o venduti nei mercati di merce umana fiorenti nei porti delle città costiere, erano destinati per lo più a vogare nelle galere in situazioni orrende. Le donne e i fanciulli, divenuti proprietà di eminenti personaggi pubblici o di facoltosi privati, erano invece impiegati come domestici. La loro condizione variava sensibilmente a seconda della ricchezza e della sensibilità dei padroni. Le schiave venivano acquistate preferibilmente in giovane età; il prezzo dipendeva da numerosi fattori quali lo stato di salute, l’avvenenza, la provenienza etnica, la conoscenza di qualche arte. Essendo considerate alla stregua di merci comuni, ad esse si applicavano tutte le norme relative alla proprietà privata: potevano quindi essere acquistate in società da più compratori, lasciate in pegno, confiscate da creditori o dall’erario, trasmesse in eredità. Avevano a volte sfregi sul volto inferti dai mercanti come segni di riconoscimento. Se molto belle, la loro avvenenza poteva divenire oggetto di una polizza assicurativa. Appena giunta a destinazione, la schiava veniva battezzata: il suo nome arabo era quindi cambiato con uno cristiano. A sfatare una leggenda molto invalsa nella storiografia sull’argomento, è bene ribadire che il battesimo, per quanto gradito e incoraggiato, non mutava assolutamente lo status giuridico degli schiavi. Quindi nella quasi totalità dei casi, le venivano affidate ripetitive e faticose mansioni all’interno della casa, e in tali faccende era destinata a trascorrere l’esistenza. A volte invece queste sfortunate subivano destini peggiori, come essere “affittate” per un certo numero di anni in postriboli o presso privati. Il concubinato era tollerato, ma soltanto in ambito domestico, fatto salvo naturalmente il parere delle mogli dei padroni. Un elemento di svalutazione era costituito dall’insorgere di una gravidanza. Se il padre era estraneo alla famiglia questi doveva acquistare la donna ad un prezzo stabilito in arbitrato; se invece viveva tra le mura domestiche, il nascituro veniva affidato a pie istituzioni o tra i due schiavi si combinava un matrimonio. Quello che segue è il facsimile di un rogito tratto da un formulario notarile stampato a Napoli da Stefano Abbate nel 1723. Si tratta della “Pratica dè Notari o sia Formolario d’Instrumenti’’ di Ubaldo Ubaldini, ‘‘Publico Notar Regio ed Apostolico della città di Bari”. Il figlio di Ubaldo, Domenico, compila le “Obsevationes”, una sorta di commenti e spiegazioni, suffragati dagli esempi e pareri di autorevoli giuristi, che compaiono in calce ad ogni atto del prontuario, il quale fu all’epoca molto rinomato e citato. Per renderlo accessibile a tutti ho tradotto il test, scritto in un latino orrendo. Il Nume di Ubaldini figlio mi perdoni ora se in tutta umiltà aggiungo alle sue un paio di mie ‘‘osservazioni’’. Non sono d’ordine legale, ma semplicemente umane. Innanzitutto la formula notarile prevede che la chiava nel momento in cui passa come un sacco di biada da un padrone all’altro non ha nulla da obiettare, ma anzi consente con “gioioso silenzio” alla propria vendita. Ebbene posso dire di aver letto nella mia vita molte porcherie legalizzate, ma non riesco a ricordarmene un’altra che possa pareggiare questa. Ma non è tutto Ubaldini figlio, se possibile, supera il padre, quando afferma di aver scritto in una sua precedente ‘‘Observatio’’, che ‘‘I venditori di schiavi di giumenti, o di qualsiasi altro animale siano tenuti ad informare i compratori di quali malattie o difetti siano eventualmente affetti’’. Mi chiedo con quale oscena spudoratezza si continui a blaterare sulla superiorità della civiltà occidentale. “Si è presentato presso di me N. N. dichiarando di aver avuto, tenuto e posseduto una schiava egiziana chiamata Mattamiramde, di anni Tot , che ha comprato recentemente da un mercante ad un prezzo fissato, e di averla tenuta e posseduta tuttora tranquillamente e pacificamente; e mostrandola qui di persona come una sua proprietà, di cui gode a pieno diritto non avendo lei nulla da obbiettare, ma anzi consenziente con gioioso silenzio; e lo stesso, in qualità di legittimo Padrone e Signore, non per errore, ma spontaneamente, liberamente, e consapevolmente, vende, e a titolo di vendita dà, trasmette. Cede ed assegna a N.N. qui presente come compratore e legittimo stipulante per se e per i suoi eredi e successori, con diritto esclusivo ed in perpetuo, per il prezzo di Tot ducati, che il predetto venditore riceve manualmente e contati, dal citato compratore alla presenza di Me Notaio e dei sottoscritti testimoni. Dopo questo pagamento, il detto venditore si dichiara libero e soddisfatto, e assicura il compratore sulle veridicità delle sue dichiarazioni non avendo ulteriori pretese e assicura inoltre al suddetto compratore che la suddetta schiava, fino al giorno della sua presente vendita, è stata di sua esclusiva proprietà, e che non è stata data, venduta, concessa, obbligata, pignorata, e di qualsiasi altro modo alienata a nessun altra persona, in pregiudizio della detta vendita dei suoi termini. E se in futuro si verificasse qualche vizio di procedura il venditore intende, in merito ad un eventuale possesso indebito, accollarsi tutti i danni, le spese e gli interessi nei quali il compratore possa incorrere o patire. E sempre se in futuro una lite, una causa, una controversia fosse intentata contro detto compratore o contro i suoi eredi e successori, il detto venditore promette di accollarsene le spese per metà, fino all’estinzione dei debiti nei confronti di avvocati o procuratori. Per tutte queste cose, da osservarsi singolarmente e da adempire in tutto, il detto venditore ipoteca e pignora al presente compratore se stesso e tutti i suoi beni mobili ed immobili, presenti e futuri. Il detto venditore promette altresì di aver per sempre accettato e confermato tutte queste clausole, singolarmente ed in toto, e di averle per ferme, di osservarle e di non agire contro di esse per alcun motivo, titolo, diritto, causa, ipoteca o obbligazione di tutti o di singoli suoi beni mobili o immobili, presenti e futuri e sotto il vincolo del giuramento lo stesso venditore, nelle mani di me Notaio… ecc… ecc”. OSSERVAZIONE “Nel secondo libro di quest’opera quando trattai delle vendite e degli indebiti acquisti, aggiunsi che i venditori di schiavi, giumenti, e di qualsiasi altro animale, sono tenuti ad informare i compratori di quali malattie o difetti siano eventualmente affetti, e che se non lo fanno, i compratori possono restituire il prezzo, e considerare nulla la vendita pensando alla morte, ed ai difetti nascosti, continui ed intermittenti che potrebbero impedire il godimento del bene comprato, riferibili non solo al corpo, ma anche al carattere, sia che siano evidenti sia che covino nell’anima”. © Riproduzione riservata