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Salvemini e l’incidente italo-greco del 1923
15 settembre 2023

Il 27 agosto 1923 si consumò un eccidio in Grecia. Le vittime furono il generale Enrico Tellini, il maggiore Luigi Corti, ufficiale medico, il tenente Mario Bonaccini, suo aiutante da campo, e l’autista Remigio Farnetti. I quattro uomini componevano la missione militare italiana incaricata dalla Conferenza degli Ambasciatori, organo internazionale per l’esecuzione dei trattati di pace, di delimitare il confine greco- albanese. Per quel giovedì d’agosto era programmata una perlustrazione nella valle del fiume Drin a sud di Scutari. Il generale Tellini partì di buon’ora da Janina, in territorio greco, intenzionato a raggiungere il posto di frontiera di Kakavia, accompagnato dai suoi sottoposti, da un interprete e dalla delegazione albanese. Partito con l’auto Lancia in dotazione, lungo il tragitto fu raggiunto dalla delegazione greca del colonnello Dimitrios Botzaris. La zona era impervia, perciò in testa al convoglio passarono i greci, seguiti dagli albanesi e dagli italiani. A un certo punto l’automobile del colonnello greco fu costretta a fermarsi per un guasto. Gli albanesi e gli italiani proseguirono, finché non arrivarono nei pressi di Zopi, a una cinquantina di chilometri da Janina, dove la strada si inoltrava in una boscaglia. Qui, dopo che l’automezzo albanese fu lasciato passare, alcuni banditi bloccarono la Lancia italiana e fecero fuoco ripetutamente sui militari e sull’interprete, massacrando tutti gli occupanti, compreso il generale Tellini, che tentò invano la fuga. Le motivazioni dell’imboscata non verranno mai appurate e i banditi non saranno individuati, ma il massacro, compiuto in territorio greco, fece ricadere sul governo ellenico la responsabilità per un delitto consumato contro una missione straniera investita di funzioni internazionali. Era scontato che il governo italiano dovesse chiedere le conseguenti riparazioni. Tuttavia Benito Mussolini strumentalizzò subito l’incidente per mettere finalmente in atto una politica estera di forza. Salito al potere da meno di un anno, fino ad allora aveva dovuto inibire la sua insofferenza sia verso la Francia, che sosteneva il neonato Regno dei Serbi, Sloveni e Croati, sia verso l’Inghilterra, che appoggiava la Grecia. Ora, invece, stabilì che nei Balcani bisognava cambiar musica e due giorni dopo, il 29 agosto, in disaccordo col segretario generale del Ministero degli Esteri Salvatore Contarini, inviò al governo greco un ultimatum praticamente inaccettabile. Mussolini non solo richiese un’indennità pecuniaria di 50 milioni di lire per l’incidente avvenuto in territorio ellenico, ma pretese le scuse ufficiali di Atene, solenni cerimonie in onore dei militari italiani uccisi, gli onori alla bandiera italiana nello stesso giorno della cerimonia funebre e una severa inchiesta sull’eccidio, da ultimare in soli cinque giorni con l’assistenza di un delegato militare italiano, e la punizione capitale di tutti i colpevoli. Il governo greco accolse solo in parte l’ultimatum mussoliniano, respingendo l’accusa della responsabilità del massacro e rifiutandosi di pagare un risarcimento così alto senza un relativo computo e soprattutto di porgere scuse formali e di aprire un’ulteriore rapida inchiesta sull’accaduto, oltre alla propria già avviata. Infine annunciò che se l’Italia avesse respinto le sue proposte, si sarebbe rivolta alla Società delle Nazioni. Mussolini reagì in maniera volutamente “muscolare” e spropositata, inviando da Taranto il 30 agosto una squadra navale con quattro corazzate e altre unità di appoggio, già mobilitate in precedenza, con l’ordine di occupare Corfù. Probabilmente sperava di mettere l’Europa davanti al fatto compiuto, tanto più perché aveva sostenuto il capo del governo e ministro degli Esteri francese Raymond Poincaré nell’occupazione della Ruhr e si aspettava la restituzione del “favore”. L’ammiraglio Emilio Solari, comandante in capo delle forze navali del Mediterraneo, ordinò di bombardare per intimidazione il vecchio castello al centro dell’isola, considerato un obiettivo militare, ma in realtà sguarnito di difese. Dopo soli sette minuti di fuoco da tre navi, un ufficiale della guarnigione greca alzò bandiera bianca. A fare le spese del bombardamento furono soprattutto gli innocenti profughi anatolici là rifugiati, che ebbero una ventina di morti e diverse decine di feriti. In tal modo il 31 agosto Corfù fu occupata dalle truppe italiane, sbarcate da vari mezzi navali. Per questo atto di prepotenza, la Grecia si appellò alla Società delle Nazioni, che già il 1° settembre si riunì a Ginevra per esaminare la questione. Mussolini, allora, minacciò di uscire dalla Società delle Nazioni qualora l’organismo affermasse la propria competenza ad occuparsi dell’episodio. In quei giorni Gaetano Salvemini, espatriato clandestinamente dall’Italia, si trovava in Inghilterra a Brighton, sul canale della Manica, in attesa di tenere al King’s College di Londra un ciclo di conferenze sulla politica estera italiana dal 1871 al 1915. Lo storico apprese le notizie dell’eccidio della missione italiana e della prova di forza mussoliniana dalla stampa britannica e non mancò di prenderne nota nel suo diario privato intitolato Memorie e soliloqui, dove, a meno di un mese dalla “marcia su Roma”, aveva definito Mussolini «un Crispi esagerato in un’Italia priva di senso comune». In effetti, sotto la data di Brighton 1° settembre 1923, lo storico scrisse: «Ier l’altro i giornali inglesi davano la notizia della uccisione di quattro militari italiani sulla frontiera greco-albanese: Mussolini aveva mandato alla Grecia un ultimatum chiedendo 50 milioni di lire d’indennità, ed altre condizioni umilianti. Oggi c’è la notizia che Mussolini ha occupato Corfù. La Grecia si è appellata alla Società delle Nazioni. Mussolini pare voglia rifiutare l’intervento della Società delle Nazioni. Siamo in piena follia. I giornali inglesi sono tutti contro Mussolini. I giornali francesi lavorano in sordina. Il Temps [di Parigi] loda Mussolini: deve aver preso un bel gruzzolo di soldini. Non mi pare ci sia un accordo fra Mussoli e Poincaré. È un colpo di testa di Mussolini, non preparato. È la prima grande crisi di politica estera, in cui Mussolini si sprofonda. Mi par difficile che ne esca bene. […] Probabilmente, Mussolini preparava un colpo di scena per le isole dell’Egeo. Ha approfittato dell’uccisione del generale Tellini per occupare Corfù. Spera di giocare fra Inghilterra e Francia». Secondo l’annotazione salveminiana, l’azione di Mussolini aveva provocato vivaci proteste nella stampa britannica (e di altri paesi) e una nuova tensione con l’Inghilterra. Su questo aspetto Salvemini tornò a fare osservazioni il 7 settembre: «La Grecia ha domandato l’intervento della Società delle Nazioni nella vertenza con l’Italia. Mussolini l’ha rifiutato. Legalmente ha torto marcio. Politicamente, sta il fatto che nella guerra greco-turca nessuno invocò la Società delle Nazioni, perché Lloyd George non ne voleva sapere. Nella vertenza franco-tedesca per la Ruhr, nessuno invocò la Società delle Nazioni, perché tutti avevano paura della Francia. Con l’Italia tutti vogliono la Società delle Nazioni, perché considerano l’Italia come un paese debole. Tutto dipende dal vedere se Inghilterra e Francia si mettono d’accordo. Se si mettono d’accordo, Mussolini sarà fritto. Se non si mettono d’accordo, Mussolini avrà vittoria. Ma vale la pena di tirarsi addosso la ostilità di tutto il mondo per fare un colpo di scena? Un uomo di valore avrebbe nella questione greca agito diversamente: avrebbe domandato riparazioni più ragionevoli, prevedendo che il Governo greco avrebbe cercato di scantonare; al primo accenno di contestazione da parte della Grecia, sarebbe ricorso alla Società delle Nazioni, e intanto avrebbe occupato Corfù. Così faceva il colpo di scena, che gli era utile per la politica interna; ed evitava di mettersi in una posizione odiosa di fronte alla Società delle Nazioni. La stampa inglese è nella grande maggioranza ostile a Mussolini nella questione greca. Mussolini ha perduto in Inghilterra tutto il terreno che aveva conquistato col colpo di scena dell’ottobre scorso. La stampa francese è riservata. Si vede che ha avuto da Poincaré l’ordine di non urtare Mussolini. Ma l’atteggiamento del governo francese non è chiaro. Si vede che nel retroscena avvengono trattative e ricatti». Infatti, con l’appoggio di Poincaré, l’ambasciatore italiano in Francia Camillo Romano Avezzana ottenne che la questione italo-greca fosse affidata alla Conferenza degli Ambasciatori. Questa propose che le scuse da parte greca e il controllo dell’inchiesta giudiziaria fossero rimesse alla valutazione delle tre potenze alleate Francia, Inghilterra e Italia e che a quest’ultima fosse assegnata l’indennità. Poi Contarini, sollecitato da Mussolini vistosi in difficoltà, concluse favorevolmente la vicenda, assicurandosi le riparazioni richieste per le vittime dietro l’impegno a ritirare la flotta da Corfù entro il 27 settembre. Sia la Grecia che l’Italia accettarono la proposta e nella data stabilita Corfù fu sgombrata dalle truppe italiane. La Grecia pagò all’Italia un’indennità di 50 milioni, ma l’inchiesta giudiziaria terminò senza identificare i colpevoli del massacro. Dieci giorni prima, il 17 settembre, Salvemini aveva trascritto nel suo diario una lapidaria considerazione: «Nella questione di Corfù Mussolini ha vinto nella forma, e ha perduto nella sostanza». © Riproduzione riservata Il generale Enrico Tellini Mussolini sul «Time» del 6 agosto 1923 Salvatore Contarini Raymond Poincaré L’ammiraglio Emilio Solari Camillo Romano Avezzana

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