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Rivoluzione degli studenti, in piazza contro la Gelmini: siamo senza futuro
15 dicembre 2010

Inscenati cinque suicidi dagli studenti di Foggia, dopo cortei e occupazioni. Assemblee a Taranto per una proposta alternativa di una «università libera e indipendente», seguite all’occupazione del ponte girevole. «La battaglia - dicono gli studenti dell’Ateneo di Bari, riuniti in assemblea - è solo all’inizio e sarà di largo respiro, se il ddl Gelmini sarà approvato anche in Senato». Traffico in tilt, gli studenti leccesi hanno invaso l’anfiteatro romano e occupato i binari della stazione ferroviaria. Condannati gli atti di vandalismo a Potenza, per lo scempio dell’aula magna del campus di Macchia Romana: controsoffitto divelto nei corridoi, bottiglie, spazzatura, sedie scarabocchiate e danneggiate, maniglie delle porte antincendio rotte, microfoni strappati, estintori scaricati sulle gradinate dell’aula. L’approvazione del ddl Gelmini alla Camera il 30 novembre (307 voti favorevoli di Pdl, Lega, Fli, Adc, Mpa e Noi Sud; 252 contrari di Pd, Idv, Udc, Liberal Democratici; 7 astenuti di Api) non ha bruciato la rivolta studentesca, malgrado le speranze di bloccare l’iter ridotte al lumicino. Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini apre a docenti e studenti per «monitorare insieme» l’attuazione della legge. «Vediamo come funzionerà, quali risultati porterà», commento azzardato, perché dimostra come lo stesso ministro non abbia misurato i possibili effetti della riforma. Tensione al fil di lana. Continua la protesta di studenti, ricercatori e precari da Nord a Sud (Torino, Palermo, Cagliari, Napoli, Bologna, Firenze, Reggio Calabria, ecc.) per mantenere alta l’attenzione non solo degli studenti e delle forze politiche, ma anche degli italiani, assopiti e quasi indifferenti. «La cittadinanza ha il dovere di unirsi alla lotta dell’università - si legge nel comunicato stampa degli studenti baresi del 30 novembre - perché riguarda la società tutta, è una lotta culturale, politica, sociale e economica che non deve vedere una divisione tra le categorie sociali». Protesta barese, studenti in confusione «La mobilitazione proseguirà a oltranza», annunciano gli studenti baresi a Quindici, nonostante la mobilitazione non abbia ancora un respiro univoco e non riesca a coinvolgere tutti gli studenti, soprattutto gli immatricolati nel 2010. La mobilitazione del 30 novembre ha evidenziato molte lacune logistiche: occupato l’Ateneo alle 6 di mattina, qualche ora dopo smobilitato, con serrate contese tra occupanti e manifestanti in piazza. Nonostante il programma fissato dell’assemblea degli studenti il giorno precedente, gli organizzatori della protesta hanno evidenziato defezioni e scarsa organizzazione, divisi tra occupazione e corteo. «Frammentazione eccessiva per le troppe organizzazioni studentesche», rilevano alcuni studenti, disorganica anche la pianificazione del corteo nel quartiere Murat (blocco della stazione ferroviaria mai realizzato), fino all’occupazione del Teatro Petruzzelli. Studenti delusi «per la mancata partecipazione di professori e ricercatori al corteo» e per lo sviluppo di una «manifestazione gestita dalle forze dell’ordine», perché «vere proteste sono state l’occupazione del ponte di corso Cavour e il blocco del traffico in via Crisanzio (manifestazioni serali del 29 novembre, ndr) con un reale e imprevisto disagio alla circolazione». Disagio logistico creato con l’occupazione del secondo piano dell’Ateneo di Bari (Lettere e Filosofia) il 7 dicembre, successivo al flash mob del 4 dicembre su via Sparano, fra via Piccinni e via Abate Gimma. Lotta radicalizzata per l’approvazione della riforma, che è «solo l’apice di un iceberg - spiegano gli studenti in una nota - un epifenomeno del dipanamento di un sistema che ha distrutto diritti inalienabili». Rettori, approvazione subito Il dibattito politico si è spostato sull’iter del provvedimento al Senato e sui rischi di una mancata approvazione. Premono i rettori, allarmati da una «morte per asfissia » dell’università e dai contraccolpi delle proteste degli studenti, che già a novembre ne avevano chiesto le dimissioni. Intanto, attendono l’approvazione della legge per sbloccare i concorsi per ordinari, associati e ricercatori e per avere il fondo premiale 2011/2013 che mitigherebbe i tagli della manovra. Soddisfatto Enrico Decleva, presidente della Conferenza dei Rettori, per l’approvazione alla Camera del Ddl. «Una legge decisamente migliore con i diversi emendamenti introdotti nel corso dell’iter parlamentare - commenta Deleva - ma il limite del 10% dei professori a contratto, ad esempio, creerà seri problemi funzionali». Eppure, l’approvazione in Senato taglierà il numero delle facoltà per ogni ateneo, fino a un massimo di 12. L’Ateneo di Bari dovrebbe sacrificarne tre, forse le ultime nate, le seconde facoltà di Giurisprudenza, Economia e Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali istituite a Taranto. Berlusconi, «andate a studiare» «Gli studenti veri stanno a casa a studiare, quelli in giro a protestare sono dei centri sociali e sono fuori corso», ha così liquidato le manifestazioni il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. «Quella in Parlamento è una buona riforma che favorisce gli studenti, i professori e tutto il mondo accademico - postilla a caldo il Premier - deve passare se vogliamo finalmente ammodernare l’università». Meglio di così non si poteva proprio fare, la chiosa di Berlusconi, la riforma «è un vantaggio per tutti perché introduce maggiore meritocrazia». «Vera e propria tenaglia militare a Roma, come Santiago del Cile ai tempi di Pinochet», commenta la gestione dell’ordine pubblico un inorridito Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà. «Io ho il compito di gestire l’ordine pubblico per evitare incidenti e assalti ai luoghi sacri della democrazia», la replica del ministro dell’Interno, Roberto Maroni. «Siamo senza futuro», replicano gli studenti «Questa riforma universitaria blocca il nostro futuro - la certezza degli studenti - un futuro già disseminato di buche, fallimenti e precarietà, minato nelle sue certezze basilari». Precario nel lavoro «vuol direessere precario nella vita». Futuro da precari, se «precari sono i luoghi dove studiamo, ricerchiamo, lavoriamo e viviamo, senza laboratori idonei, strutture sicure, strumenti didattici, insomma precaria è la didattica ». Le facoltà umanistiche come «scienze delle merendine», timore misto a irritazione nelle parole degli studenti, che interrompono o rallentano gli studi perché «dopo la laurea saremo comunque e sempre degli inoccupati». Nessuno crede alla meritocrazia celebrata da Berlusconi, «la mancanza di fondi per il diritto allo studio, per la ricerca, il blocco del turn-over, gli alti costi della mobilità locale e nazionale creano una linea di demarcazione forte tra chi può accedere al sapere e chi no», denunciano gli organizzatori baresi, che presumo anche «un progetto politico di esclusione sociale». Precarietà come sistema di controllo e assopimento delle coscienze: «abbiamo notevoli diffi coltà nel programmare e pensare il nostro futuro per colpa delle politiche personalistiche di questi ultimi anni - spiegano gli studenti - scendiamo in piazza non solo per fermare l’approvazione della riforma Gelmini, ma anche per chiedere forme di welfare e di tutela per tutti coloro che vivono i luoghi della formazione ».

Autore: Marcello la Forgia
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