Rischio idrogeologico e pioggia, ora incubo di Molfetta, più delle bombe all’iprite e dell’eternit nelle discariche abusive. Le secche estive, è indubbio, ma le precipitazioni rapide, reiterate e copiose degli ultimi anni possono rendere impermeabile il terreno carsico. Inascoltati gli appelli di Legambiente, contestati i vincoli dell’Autorità di Bacino. Prosegue «con determinazione lo sviluppo della città, sostenendo l’allocazione di nuove aziende, l’occupazione e gli investimenti, a prescindere dalle interferenze del PAI», come ha ribadito il sindaco Antonio Azzollini, nell’incontro pubblico dell’8 marzo scorso. Con delibera del 20/04/2009, l’Autorità di Bacino aveva bloccato il PIP3 (Piano di Insediamenti Produttivi 2008), perché un’area della nuova zona industriale era allocata Lama Scorbeto con conseguente aumento del rischio idrogeologico. L’accusa dell’AdB, incompatibilità «con uno scenario complessivo di dissesto idraulico diffuso, imputabile ad una disattenta e indiscriminata politica di urbanizzazione del territorio». Il successivo PAI (Piano dell’Assetto Idrogeologico) ha riperimetrizzato l’area imputata. Coriacea opposizione del Comune di Molfetta, nella persona dell’ing. Rocco Altomare, dirigente del Settore Territorio, che, liquidato ogni intervento, ha fatto ricorso in tribunale contro l’AdB. Per giustificare un urbanesimo industriale per molti «aggressivo e a-territoriale», il 18/07/2009 il Comune ha ordito un orpello mediatico: minimizzato il rischio idrogeologico e dipinto l’AdB, organo sovrapolitico, come l’appendice di una giunta regionale di centrosinistra contraria allo sviluppo di una Molfetta governata dal centrodestra. «Finalmente questa città sarà invasa dalle acque che renderanno fertile il terreno»: ironia inopportuna per una problematica che richiede estrema serietà, sedata dai 20 avvisi di garanzia a tecnici e funzionari per presunti illeciti penali derivati dalle concessioni edilizie nella zona ASI contro il parere dell’AdB, dopo il blitz del Corpo della Guardia Forestale il 10/12/2009. LE LAME DI MOLFETTA: UN BREVE RESOCONTO Le lame di Molfetta non costituiscono un pericolo in sé: «sono le infrastrutture stradali, i sottopassi, gli insediamenti industriali – secondo il dott. Vito Copertino, ordinario di Costruzioni idrauliche e Idraulica fluviale, Preside della Facoltà di Ingegneria dell’Università della Basilicata – a rendere le lame pericolose se non edificati con le giuste attenzioni ». Alcuni sovrappassi e sottopassi di Molfetta non consentono il corretto deflusso delle acque nelle lame o nella rete fognaria urbana: si pensi ai sottopassi di via Ruvo e di via Terlizzi (foto). I canali di drenaggio della zona industriale sono intasati da detriti, erba e rifiuti (foto). La rete fognaria bianca, tra l’altro, non riesce a drenare con efficienza i metri cubi che piovono su Molfetta o scorrono nelle falde acquifere, nonostante i continui lavori di risistemazione, forse precipitosi e rabberciati. Due casi dimenticati, il «laghetto» della strada retrostante la stazione e il «fiume» di via S.lla Aleramo in caso di pioggia intensa e continua. Partendo da Nord, la cosiddetta Lama Nord (lame Scorbeto, Marcinase, Vincenza e dell’Aglio), che drena una superficie di 150 km2, sfocia a Cala San Giacomo. Sono le lame edificate dalla zona PIP e ASI negli ultimi vent’anni. Lama Pulo, che nasce nei pressi della dolina Gurgo e del Pulo, «ha subito abusi cartografici ed edilizi per permetterne l’edificabilità» (Guglielmo Settimio Facchini, ndr). Sfocia alla località Secca dei Pali e risulta anch’essa ostruita dai lavori di urbanizzazione primaria in corso nel comparto 25. Su Lama Sedelle, lungo la Molfetta-Ruvo, e Lama Scotella, dall’ospedale al vecchio porto, che drenano circa 7 km2, alloggiano palazzine per civili abitazioni dalla 16bis fino allo sbocco sul mare. Infine, Lama Cupa- Martina drena circa 14 km2 ed è soggetta alla nuova urbanizzazione: a ridosso di Lama Martina sorgono nuovi quartieri, ai bordi di Lama Cupa, invece, alloggiano i residenti della Madonna della Rosa (via F.sca Morvillo e via S.lla Aleramo), nell’alveo il Villaggio Belgiovine e la Chiesa Madonna della Pace (foto). Insomma, uno sbarramento artificiale al corretto deflusso delle acque: allagamento delle aree, come già accaduto nel 2009, il rischio minore. IL PROGETTO ANTI-ESONDAZIONE Gennaio 2010, improvviso dietro front del Comune: 1,4 milione di euro - finanziati dal bilancio comunale del 2009 - per sbloccare il PIP3. Un canale diversificatore in cemento armato per deviare un’eventuale piena in una vasca di accumulo realizzata all’interno della dolina di Gurgo (portata 400mila m3), nei pressi del Pulo: questa l’opera di mitigazione idraulica prevista a monte della zona artigianale (altezza della Strada Parieti Nuove), nel punto di incrocio tra Lama Pulo e Lama Scorbeto. «Sarà bloccata Lama Scorbeto nel punto in cui si dirama anche Lama Pulo – ha spiegato l’ing. Eligio Romanazzi, progettista dell’opera di mitigazione idraulica – e l’acqua, sfruttando un piccolo tratto di Lama Pulo, sarà deviata verso la dolina Gurgo, dove gli inghiottitoi potranno assorbire l’acqua in 6-7 ore, senza nuocere alla flora». Il canalone, ironia della sorte, è in contro-pendenza: come renderlo efficiente resta un punto interrogativo. Secondo Guglielmo Settimo Facchini, portavoce dei proprietari dei suoli attraversati dalle lame ad alta pericolosità idraulica, «si abusa del paesaggio, si deviano le acque nelle zone protette Pulo e Gurgo, e, in caso di piena, il canalone non riuscirebbe a drenare milioni di metri cubi di acqua provenienti dalle lame». Lo stesso ing. Romanazzi, nell’incontro del 5 marzo, ha ammesso che è in corso lo studio di fattibilità dell’opera e che la dolina, sottoposta ai vincoli del Piano Regolatore Generale, potrebbe anche non avere i requisiti necessari. In questo caso si sono ipotizzate trivellazioni per la creazione di pozzi di deflusso: un laghetto artificiale, insomma. L’opera di mitigazione, dunque, non è già definita e approvata come l’amministrazione aveva dichiarato a gennaio: «nessun risultato scontato», secondo l’ing. Romanazzi, anche se l’AdB ha assentito in modo ufficioso alla bozza del progetto. Necessaria una continua interlocuzione con gli enti interessati, per ulteriori modifiche da apportare, successivamente la gara d’appalto e la realizzazione: questo richiederà un semestre intero. Il sindaco Azzollini, invece, palesa la necessità di «accelerare le procedure e i tempi, prescindendo da ogni ostacolo, perché questo è il periodo favorevole per gli investimenti». Puntualizza l’ing. Roma-fologia del territorio»: l’impazienza può produrre errori grossolani. FEBBRAIO 2010: IL TRIBUNALE «RIGETTA» IL RICORSO DEL COMUNE Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, con ordinanza del 17 febbraio, ha rigettato la richiesta di annullamento del PAI. Nessun premio alla caparbietà del Comune in nome dello sviluppo a tutti i costi. «Nessuna bocciatura» ha replicato il vicesindaco e assessore all’Urbanistica Pietro Uva, «una cortina di menzogne contro Azzollini da parte della stampa locale ». Eppure l’ordinanza del tribunale «[…] rigetta la domanda cautelare del Comune di Molfetta [e] rigetta le richieste di ulteriori provvedimenti istruttori del Comune di Molfetta», considerato che «l’istanza non appare motivata con uno specifi co pregiudizio del quale si affermi la gravità e l’irreparabilità » e che «il diritto dell’ente locale all’uso del territorio […] deve essere contemperato con le possibili situazioni di pericolo per la collettività e con la necessità di garantire la conservazione del territorio in condizioni di fruibilità anche per le generazioni future» (ordinanza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche). L’amministrazione ha, dunque, incontrato la cittadinanza per disquisire la problematica: nuovo fronzolo mediatico «Zona artigianale, assegnazione dei lotti, aree PAI e opere di mitigazione» (07/03/2010) nell’ambito dell’iniziativa «Informare per governare». I dubbi, tuttavia, restano. Concluso il bando, assegnati i 104 lotti alle aziende, non si rischia di creare un pastrocchio, se il Tribunale il 26 maggio chiuderà la vicenda rigettando in modo defi nitivo l’istanza del Comune? Ha spiegato l’ing. Rocco Altomare che il 70% dei lotti non è allocato sulla lama, dunque, né il PAI né il Tribunale infi ceranno l’insediamento degli opifi ci. L’opera è necessaria per il 30% dei lotti che sono sulle lame. Non sarebbe stato opportuno mettere in sicurezza tutta la zona industriale già edifi cata, soggetta a continui allagamenti durante le precipitazioni, e soprattutto la zona residenziale di Lama Martina- Cupa? Benefi cerà del canalone tutto il territorio tra il mercato ortofrutticolo e la Madonna dei Martiri, secondo l’ing. Rocco Altomare. Mentre per tutte le altre lame di Molfetta «sono previste opere di mitigazione in una relazione dell’ing. Romanazzi consultabile da tutti presso il Comune». Perché non provvedere prima all’incolumità dei cittadini? Infi ne, come ribadito dal dott. Vito Copertino durante l’incontro del 7 marzo, il canale potrebbe aggiungere altre criticità ad un territorio già fragile per l’urbanizzazione e le modifi cazioni all’ecosistema. Ad esempio, l’allagamento del 4 agosto 2009 della zona residenziale di Lama Martina dipende dall’ostruzione di via Berlinguer. Stessa considerazione per la zona industriale. I RESIDENTI, «HO PAURA DI MORIRE» «La zona di casa mia (Lama Martina, ndr) è pressoché scomparsa, inondata dall’acqua. Tutto era un enorme lago […]. Moltissime abitazioni si sono allagate, l’acqua ha invaso tutto penetrando persino nei box e nelle trombe degli ascensori. La provinciale che conduce a Bitonto all’altezza del ponte su Lama Cupa è divenuta impraticabile per non parlare dell’enorme quantità di detriti che dall’acqua venivano trascinati » (lettera a Quindici del sig. Antonio de Fazio dopo il nubifragio del 4 agosto 2009). La gente ha paura: soprattutto chi abita nella nuova zona di espansione e nel quartiere Madonna della Rosa (foto). Ha paura delle lame e delle violenza dell’acqua. «Temiamo che le nostre case (Madonna della Rosa, a ridosso di Lama Cupa, ndr) possano franare con abbondanti precipitazioni. Ricordiamo con angoscia il 4 agosto e le precipitazioni di questo inverno, quando via Ungaretti e via Sibilla Aleramo sembravano dei fi umi in piena. Qui non ci sentiamo sicuri e non ci pensa nessuno». Quindici è stato accusato di inculcare con troppa facilità paure e frottole, di essere faziosa e di fare disinformazione: eppure, sono i cittadini che ci raccontano «gli attimi terribili». Molti ricordano «la città e la zona industriale paralizzate dall’acqua, il traffi co impazzito, le auto immobilizzate, la paura di morire». Il Corso Umberto «inondato dalle acque», «le auto bloccate nel sottopasso ferroviario di via Terlizzi », «i Vigili del Fuoco che cercavano di salvare le persone» (foto). Qualcuno ha ricordato anche il sequestro da parte del Corpo Forestale di un’area di 1000 m2 nella zona di Lama Cupa, dopo il 4 agosto 2009, dove sono stati rinvenuti 500m2 di materiale edile di risulta che sbarravano l’alveo della lama. La domanda ricorrente: perché il Comune, invece di mitigare la zona industriale, «non mette in sicurezza l’abitato?» * * * I disastri ambientali sono all’attenzione mediatica in tutta Italia, anche a Molfetta: Quindici ha da sempre lanciato l’allarme. Un ecosistema maltrattato non è il prezzo per lo sviluppo: non solo rischio idrogeologico, anche lottizzazione dell’Oasi Calderina, possibile installazione di una piattaforma petrolifera e di un impianto off shore nel mare a pochi chilometri dalla città, aumento delle discariche abusive. Sono decenni che si aggredisce l’agro molfettese. Ma non è coerente negare un rischio e poi aff annarsi con soluzioni-tampone, con la possibilità di ulteriori stravolgimenti del territorio. L’alluvione del 2005 che ha coinvolto tutto il Sud-barese, si diceva, messo in sicurezza, dovrebbe essere un avvertimento. Come anche i disastri ambientali del 2009 che hanno coinvolto tutta Italia. Per questa problematica occorre serietà, non sarcasmo pressappochista del tipo «mi tocca trovare le pantofole nell’acqua perché sembra che Molfetta sia diventata una piccola Venezia» (Michele Palmiotti, assessore alle Attività Produttive, ndr). Nemmeno annunci eclatanti ad uso e consumo del cittadino medio.
Autore: Marcello la Forgia