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Riflettendo sulle Elezioni Regionali di questa settimana
22 marzo 2010

MOLFETTA - Quando il futuro si rivela avaro di promesse e tradisce gradualmente ogni speranza, chiudendo gli spazi di espressione ai giovani, esso si trasforma in una minaccia delle più pericolose.
E’ allora che le azioni tendono ad appiattirsi nel presente, per rifuggire a quella minaccia, per sopravvivere a se stesse. Il presente va vissuto tutto intero, indipendentemente da ciò che c’è dopo, perché pensare a dopo fa paura. Si perde così anche ogni possibilità di elaborazione di un’alternativa migliore, che realmente gratifica la vita. Le condizioni, sempre più negative, tendono a sedimentarsi nel retroterra esistenziale dei giovani che le vivono come colpi del destino, senza neanche riuscire a distinguere ciò che è buono dagli aspetti negativi. Non ne vale la pena, è questo il mondo, bisogna adeguarsi e basta.
E’ necessario allora portare avanti la narrazione, offendo espressioni che definiscano chiaramente quelle condizioni, che le riportino a misura d’uomo e che le confrontino con quest’ultimo. E’ importante ripartire dagli individui, metterli al centro di una nuova elaborazione politica e sociale, che costruisca un nuovo percorso che veda il cittadino come soggetto fondamentale, al centro del lavoro, della ricchezza, della società.
 Le elezioni costituiscono, al di là delle opinioni personali, un momento determinante rispetto a queste condizioni e al paradigma dominante. Pur avendo un’idea della politica differente da quella partitica, bisogna ammettere che l’esito delle elezioni condiziona le categorie che inquadrano la vita di ciascuno, votante o astenuto che sia.
Allora, entrando nel merito della contesa elettorale, da un lato qualche tentativo per ridare voce agli individui è stato fatto. Bollenti Spiriti e Principi Attivi hanno posto le capacità dei giovani all’origine di nuove progettualità, avvicinando le condizioni oggettive all’autodeterminazione di singoli soggetti, con i propri sogni, le proprie passioni. Ma questo non basta, se questi nuovi soggetti produttivi restano immersi in un sistema capitalista e alienante, che sottomette le capacità alle proprie regole, sfruttando il lavoro per una ricchezza estranea, che si accumula a spese dei lavoratori. Resta una bella favola che lascia, quando finisce, l’amaro in bocca.
Certamente dall’altra parte la “narrazione” è molto più desolante, se non inesistente. I fallimenti della politica dei grandi numeri, delle grandi opere appariscenti ma illusorie vengono nascosti da un’abile costruzione di nemici e avversari. Sono le istituzioni, in primo luogo la magistratura, ad opporsi allo sviluppo di Molfetta: alla costruzione del porto, al terzo Piano di Insediamento Produttivo, e via dicendo. Più che una narrazione, è un’abile ricostruzione dei problemi, che li colloca fittiziamente in una prospettiva vantaggiosa per i reali responsabili dei fallimenti. E i cittadini sono strumento non solo del sistema economico, ma anche del fallimento di quel sistema.
Forse è necessario ripartire dalle persone in carne e ossa, forse è importante che la politica dia voce a quei disagi che la delusione porta persino ad non percepire. Ridando voce, così, all’immaginazione narrativa che colloca l’individuo in un nuovo sviluppo, di cui è parte integrante, e che informa la politica rendendola lo strumento privilegiato della propria espressione.
Ma più probabilmente, come sempre, la politica troverà in se stessa i propri fondamenti, e le narrazioni resteranno prerogativa di qualche povero sognatore, alle prese con i libri ormai ammuffiti di qualche vecchio pensatore troppo ottimista.

 
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Autore: Giacomo Pisani
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A Modo Mio, mi affascinano queste due componenti: "bisogno religioso" (religiosità?) e componente economica. A modo Mio, da escludere che la componente economica nei rapporti individuali e collettivi, sia nata con l'uomo. L'ambiente circostante all'uomo, appena lo stesso uomo si "riconobbe", non era certo un paradiso in cui si poteva trafficare economicamente. L'unico e vitale problema era la sua e la soprovvivenza dei suoi simili. Per fare questo l'uomo necessitava di conoscere l'ambiente circostante, con tutti i suoi pericoli e tutti quei fenomeni ancora sconosciuti e che grazie ad essi, la natura proliferava e l'uomo ricavava, rispettando quelle regole naturali innate e incosapevoli (poi consapevoli), tutti gli elementi per la sua crescita anche intellettuale. Il sole, la pioggia, la neve, i fiumi, il mare, le foreste, gli animali tutti, tutto ciò che circondava la sua esistenza, era "la religione", il "credo". L'uomo diventò consapevole dell'importanza di vivere in simbiosi con la natura. L'uomo si era inventato cacciatore, poi pastore, dominando gli animali che cibavano la comunità. Poi qualcuno molto, ma molto più furbo, (nacque il potere) riuscì a carpire la buona fede di quei "figli della terra" inventandosi una entità superiore che manovrava gli elementi naturali a volte distruttivi, per premiare o condannare. Paragonabili ai furbetti di quartiere, questi "previlegiati" convinsero che per migliorare l'esistenza, bisognava gratificare questa entità invisibile, per ricevere favori e grazie. Essi ne erano gli interlocutori. L'uomo si trasformò da cacciatore in guerriero, con tutto quello che poi seguì, fino ai tempi nostri. A Modo Mio.



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