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Restaurato a Bari il monumento a Umberto I, realizzato dallo scultore Cifariello di Molfetta Martedì 7 febbraio alle ore 11.30, nel giardino di Piazza Umberto a Bari, verrà inaugurato il restauro della statua equestre di re Umberto I
02 febbraio 2012

BARI - Sarà inaugurato martedì 7 febbraio, alle 11.30, nel girdino di Piazza Umberto a Bari il monumento restaurato e dedicato alla statua equestre di re Umberto di Savoia, realizzata nel 1905 dallo scultore Filippo Cifariello di Molfetta.
La città di Bari rese omaggio a re Umberto I di Savoia, assassinato a Monza il 29 luglio 1900, dedicandogli un monumento equestre affidato al più affermato scultore pugliese dell'epoca, Filippo Cifariello (Molfetta 1864 -Napoli 1936).
La realizzazione dell'opera (nella foto) all'epoca fu ritardata da problemi finanziari (un episodio divertente ed emblematico riguarda la coda del cavallo del monumento trattenuta nella fonderia romana  dove operava lo stesso Cifariello fino a poco prima dell'inaugurazione per costringere il sindaco di Bari del tempo al pagamento di almeno una parte del dovuto) e l'inaugurazione avvenne in pompa magna l'11 giugno 1905 alla presenza di re Vittorio Emanuele II e della regina Elena.
Il monumento, unico esempio in Puglia di statua equestre dedicata a un sovrano, costituisce un'altissima prova del Cifariello per il grande valore plastico e per il senso complessivo di dinamicità: eseguita in bronzo la statua poggia su un basamento lapideo decorato da fregi neorinascimentali in marmo realizzati dallo scultore toscano Antonio Bacci.
Il monumento per la sua collocazione è stato per lungo tempo esposto a un aggressivo "aerosol marino", che ha determinato l'accelerazione del deterioramento del bronzo: con il restauro si è principalmente intervenuti sull'alterazione cromatica del bronzo; sono state eseguite accurate operazioni di pulitura, di manutenzione delle superfici, di stuccatura delle fessurazioni completate da un trattamento anticorrosivo. 

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L'uccisione di Umberto I non può essere vista soltanto come il gesto disperato di un anarchico. E' infatti espressione, inevitabilmente abnorme nel suo carattere simbolico, di uno stato di malessere dell'intera società italiana e soprattuttom dei ceti meno abbienti. All'origine sono sia la miope e mreazionaria politica del governo e della corona, sia il processo di accumulazione del capitale dell'industria nascente. C'è stato il disastroso fallimento dei sogni imperialistici e colonialistici di Francesco crispi con la disfatta di Adua (o, più propriamente, di Abbà Carimà) nel 1896; c'è stata la repressione militare della rivolta dei Fasci siciliani (1896); ci sono state persecuzioni d'ogni genere dei movimenti - il socialista e l'anarchico - di protesta sociale; ci sono stati tentativi di abolire il regime parlamentare e di instaurare una sorta di dittatura della monarchia e delle caste dirigenti; ci sono state, soprattutto, le grandi agitazioni per l'ennesimo aumento del prezzo del pane, culminate nei moti di Milano del 1898, per soffocare i quali i cannoni del generale Fiorenzo bava Beccaris (subito nominato da Umberto I Grande Ufficiale dell'0rdine militare di Savoia) compiono una strage fra la popolazione civile. Sono le punte emergenti di un disagio profondo: non per caso, in meno di vent'anni lasceranno il Paese, in particolare in direzione delle due Americhe, ben otto milioni di italiani, in cerca di pane e lavoro. Ce nè abbastanza per rendersi conto e capire l'inutilità del restauro; si poteva lasciarla all'aggressività del "aerosol marino", sino al completo deterioramento. La Storia continua.
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