Quel deficit di democrazia
Deficit di democrazia. E' questa la sensazione che si avverte in città dopo un anno di amministrazione di centro-destra. E gli episodi più recenti, come il tentativo di aggressione di un consigliere comunale di centro-sinistra solo per aver “osato” chiedere la verifica del numero legale durante una seduta del consiglio, ne sono una preoccupante conferma. Che l'attuale classe dirigente mancasse di qualità oltre che di esperienza, lo si è subito notato nel corso delle prime uscite pubbliche. Ma che a tale habitus si aggiungesse l'arroganza dei numeri che consente di ritenere di essere al di sopra perfino del fair play, non lo avremmo mai pensato.
Purtroppo l'episodio, di cui hanno parlato anche alcuni giornali, non è edificante per l'attuale maggioranza e soprattutto per l'immagine della città. La cultura della tolleranza alla quale si sono sempre attenuti i vecchi consiglieri comunali, anche nei tempi più difficili dello scontro ideologico e politico, non è stata più coltivata e non sembra appartenere a questo governo della città.
Sbaglierebbe chi sottovalutasse l'episodio e sbaglierebbero ancora di più gli esponenti della maggioranza a non condannarlo. Cosa dovrebbe dedurre il cittadino da questi fatti: che i consiglieri del centro-destra considerano con fastidio le sedute del consiglio comunale e che sono presenti in aula solo per acquisire il “meritato” gettone di presenza, che si vorrebbe ora incrementare portandolo a un'indennità fissa mensile pari a un terzo di quella del sindaco (che è di circa 4.350 euro, poco più di 8 milioni e quattrocentomila lire), magari per compensare la mancata elezione ad assessore, una poltrona a cui aspirano in tanti?
E la scarsa partecipazione del sindaco alle sedute del consiglio come va letta? Anch'egli considera inutile il confronto con l'opposizione, forte di una maggioranza che gli consente di governare e a volte di decidere da solo su molte cose, complice la maggiore esperienza politico-amministrativa rispetto all'incompetenza politico-culturale di altri? A tal proposito c'è stato perfino qualche esponente della maggioranza che ci ha confessato di essere semplice spettatore degli avvenimenti amministrativi, dei quali viene a conoscenza solo attraverso la stampa o addirittura leggendo i manifesti comunali.
Pur di governare (o avere l'illusione di farlo, occupando semplicemente una poltrona), quasi tutti i partiti sembrano aver rinunciato alla propria dignità. Qual è, infatti, il loro apporto? Qual è il loro progetto politico o il loro programma? Qual è la loro idea di città? Quella di piazzare i propri rappresentanti un po' dovunque, come avviene a Roma? Occupare gli spazi di potere in proporzione della propria forza elettorale, come sta avvenendo per la nomina dei nuovi assessori.
E qui gli equilibri faticosamente tenuti insieme dal sindaco Tommaso Minervini, cominciano a scricchiolare perché con soli 4 nuovi posti non si riesce ad accontentare tutti come si credeva. E del resto, non è stato forse lo stesso sindaco ad affermare che occorre premiare tutte le componenti politiche della coalizione per il risultato elettorale? Ma, a volte, è difficile quadrare il cerchio, soprattutto se si ignorano alcuni opportuni e condivisibili consigli a un sindaco, che Finocchiaro recentemente ha enumerato in un decalogo del buon governo. E fra questi spiccano quelli di “non conquistare lo scanno elettorale col sostegno di movimenti politici eterogenei, ideologicamente contraddittori, politicamente camaleontici” e di “non aumentare il numero degli assessori, né di attribuire responsabilità primarie nella gestione della cosa pubblica a semianalfabeti e a straccioni politici. Si diventa zimbelli con meritato ludibrio degli osservatori esterni ed interni”.
Ma i tempi stringono e ai primi di giugno il nodo assessori dovrebbe essere sciolto, magari compensando qualcuno con altri posti nel sottogoverno, se ancora ce ne sono. E agli aspiranti assessori già in campagna elettorale, i vari Francesco Nappi dell'Italia dei valori (quali?) e Sergio Azzollini, di “Molfetta che vogliono” (non è un lapsus), i quali avevano addirittura rinunciato ad andare in lista per evitare di doversi dimettere per entrare in giunta? Al loro “sacrificio” non si può dire di no: hanno anche aspettato troppo e ora occorre pagare il prezzo per il ruolo di “voltagabbana” del centro-sinistra, aprendo la strada, col loro camaleontismo, all'attuale centro-destra. E la bella Carmela Minuto del Cdu, forte del suo successo elettorale va pure compensata, ma lei vuole tenere due piedi in una scarpa: non vuole perdere il posto in consiglio comunale e ottenere anche l'assessorato. La legge che la costringerebbe alle dimissioni le va un po' stretta: andrebbe cambiata. Ma la soluzione è presto trovata: mettere il fratello all'assessorato. E il povero Facilone? Un modo per accontentarlo si trova sempre: basta un po' di fantasia che al sindaco non dovrebbe mancare. Poi c'è l'altro camaleonte, l'ex diessino Nicola Angione, primo compagno di Tommaso nella marcia su Palazzo Giovene. Ma non tutti gradiscono questa scelta: sarebbe un posto in più per il sindaco e occorre anche accontentare An, dopo che Forza Italia ha incassato le presidenze dell'Asm e della Multiservizi. E anche qui è pronto un bravo corridore ai blocchi di partenza quel rampante (anche se un po' stagionato, ma sempre efficiente) Pasquale Panunzio di An che già aspirava a un assessorato o alla presidenza della Multiservizi. E poi ci sono altri outsider che sperano in qualche mossa falsa degli avversari per ritrovarsi sull'adorata poltrona.
Quadrare il cerchio sarà difficile anche per l'abile Tommaso: rischia l'esaurimento. E già le prime liti sono cominciate, anche se, in linea con lo stile della destra, non si dice perché la “maggioranza è compatta”.
E i problemi della città? Quelli possono attendere: si dà l'idea di un super efficientismo, varando provvedimenti a valanga, che sono quasi tutti il completamento di iniziative precedenti (con qualche consulenza in più, pagata da i cittadini): non si approva un piano regolatore in qualche mese, né si costruisce una piscina in poche settimane, né tantomeno si crea una zona industriale in un anno. Attribuirsi il merito di queste cose può essere solo fumo negli occhi per gli allocchi.
Come tutto il can can sulla casa, con tanto di trasmissione televisiva per spiegare alla gente cosa si è fatto e cosa si farà. Ma in realtà per non dire nulla, rivelando anche una certa impreparazione sull'argomento, aggirando le domande concrete poste da “Quindici” e rispondendo solo ai generici e ripetuti luoghi comuni di qualche giornalista amico. Tant'è che qualche giorno fa un lettore ci chiedeva: ma cosa hanno detto in tv?
Tracciare un bilancio di questo primo anno di governo ci riesce difficile. Ci preoccupa, però, questa mancanza di cultura di governo: la democrazia si costruisce giorno dopo giorno e soprattutto si insegna con l'esempio, ma temiamo che a Molfetta si demolisca giorno dopo giorno. Quella democrazia sostanziale che è nelle cose e nei comportamenti, non nelle parole.
Autore: Felice de Sanctis