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Quattro artisti di Molfetta alla Biennale internazionale di pittura e scultura di Grottaglie curata da mons. Pietro Amato
15 ottobre 2012

Ben quattro artisti di Molfetta, Marisa Carabellese, Ignazio Gadaleta, Michele Paloscia e Paolo Sciancalepore, sono presenti alla seconda edizione della Biennale Internazionale di pittura e scultura di Grottaglie (Ta), evento ideato e curato dal mons. prof. Pietro Amato, molfettese e direttore del Museo Storico del Vaticano. La Biennale si intitola “Le forme della luce” e si tiene nel Convento di San Francesco di Paola dal 29 settembre all’8 dicembre 2012. L’evento trova riferimento in Padre Francesco Marinelli, Correttore Generale, che chiede all’Ordine il cammino sicuro sulle vie della “carità culturale”. L’esposizione vede presenti circa 80 artisti, di 15 nazioni, invitati espressamente, che hanno risposto al tema assegnato, Le forme della luce, con personali linguaggi d’arte, ricchi di ricerca e di emozioni. Una partecipazione corale di alto livello qualitativo. L’evento si completa con un’antologica dell’artista barese Mario Colonna, figura di rilievo nel panorama delle arti degli ultimi quarant’anni. L’esposizione, che contiene all’incirca 150 opere, si avvale di un prezioso catalogo, che, a somiglianza del precedente, contiene con l’illustrazione di ogni opera un breve commento del Curatore. Una novità assoluta per queste manifestazioni, che in Italia sono sorte dalla fine dell’Ottocento. Ecco una presentazione della Biennale dello stesso curatore mons. Pietro Amato: «La II Biennale Internazionale di Pittura Scultura e Ceramica, che la Comunità dei Padri Minimi di S. Francesco di Paola promuove nei suoi storici edifici, affronta ancora una volta il tema della luce, espressione della realtà totale. Ha per lemma “le forme della luce”, ponendosi in continuità con la ricerca affidata alla I Biennale del 2010, che affrontava il fascinoso operare dell’uomo che passa per “il fare luminoso delle mani”. La passata edizione coglieva la natura stessa dell’operare dell’uomo, dove la coscienza creatrice è frutto di luce interna, d’immagini interiori che sorgono per spinta di spirituali intuizioni figurative e per impulso del divenire accrescitivo dell’immaginario, che entra nella materia oscura, permeandola di splendore. In questa esposizione, la luce è considerata quale protagonista esterna per le potenzialità creative. Elemento vitale ai fini della scoperta di forme del “vero” fisico, capace di tradursi in liberazione della materia e in riconoscimento del “vero” interiore. La luce scolpisce le forme, crea gli oggetti e, penetrando, permette le emozioni. Si potrebbe affermare che noi e le cose siamo scherzi della luce. Siamo immagini segnate dai colori e distribuite nello spazio. Spazio esterno e spazio interno. Spazio dalla duplice valenza, data dal movimento e dalla vita, dalla materia e dai sogni, dal tempo ritmato e dalle vibrazioni di un eterno divenire. Le forme della luce sono infinite, al pari del creato. Infinite, come è il numero degli uomini e come l’istante per il tempo, unico e irrepetibile. Forme materiali e visioni spirituali, che dichiarano l’assoluto della luce. L’uomo è vivo, se è nella luce. Privato, non è più nel circuito della creazione attiva e degli aneliti. Risulta un inerme nel buio. Un niente. La luce è la grande protagonista della vita e dell’arte. A ognuno il compito di saperla cogliere, per vivere le emozioni e per dare alle azioni il senso dell’eterno. Operazione di sorprendente fascino e bellezza, nel quale l’arte svolge il ruolo della qualità e dello splendore. Luce viva. Luce provocazione. Luce creazione. Le forme la cantano e compongono con il colore l’inno melodioso della sorpresa e del ristoro. E tutto questo in conformità ai canoni classici, che pongono le creazioni dell’uomo nella categoria del visibile, trasformato ed elevato a sogno ed aneliti, a sentimenti e a progetti. È della luce in arte la componente fruizione e pace. I segni, i colori, l’uno e l’altro insieme, sono forme che narrano i miracoli della luce. La filtrazione della luce crea l’episodio, il cui valore ultimo si traduce in riconoscimento della liberazione della materia e dello spirito. Gli artisti - pittori, scultori, ceramisti - hanno per fatica e per natura il potere del coinvolgimento di ognuno alla poetica visiva, alla scoperta personale del vocabolario denso ed essenziale del valore luce, l’unica capace di offrire sensazioni, intuizioni e interpretazioni della vita. Dalla pittura, che comunica attraverso il colore, alla scultura, che si serve delle proporzioni, alla ceramica, che conosce l’impasto e il fuoco, è nella luce che trovano fondamento e struttura di presenza estetica. La luce è la metafora dello spirito: acquieta e riposa, semplifica e libera, progetta l’incognito. Si direbbe che l’opera più straordinaria della luce sia per l’uomo la scoperta della libertà, la conquista del sacro che è la vita, liturgia dell’emozione per l’eterno immateriale».

Autore: Mons. Pietro Amato
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