Successo e apprezzamenti per la collettiva Puglia d’arte e d’artisti, evento che, giunto alla seconda edizione, ha focalizzato l’attenzione sul tema della Puglia come terra madre di artisti. L’esposizione ha avuto luogo presso la Sala dei Templari, a cura della Maestra e Critica d’Arte Daniela Calfapietro, e, nell’ambito dell’iniziativa, è stata presente anche la mostra fotografica “Terra di Sud”, a cura del critico Marco Caccavo. All’allestimento hanno partecipato circa venticinque artisti, presentando gli esiti delle loro ricerche formali ed espressive. A inaugurare la collettiva sono stati gli stessi curatori e l’assessore alla Cultura del Comune di Molfetta, la prof.ssa Betta Mongelli, che ha espresso la propria soddisfazione per i risultati di una “chiamata alle arti”, foriera della scoperta “di una miniera, di una galassia di risorse creative” e vessillifera di una “cultura partecipata”. La serata di inaugurazione e quelle successive hanno veduto la stimolante alternanza di artisti dalle peculiarità molteplici, a cominciare dallo scrittore Donato Altomare, presidente dell’Associazione Operatori della fantascienza in Italia, che ha presentato (con l’ausilio delle letture di Elisabetta Ancona e Barbara Simone) un suo pregevole esperimento di fantascienza in latino, Omne ignotum pro magnifico, espressione dell’estrema vitalità di una lingua in cui è inscritto il DNA della nostra cultura. Un omaggio alla scrittrice Antonia Pozzi è stato realizzato dal drammaturgo Mariella Soldo e da un’ispirata ed espressiva performer come Barbara de Palma, del “Teatro Osservatorio” di Bari. Elena Roselli ha letto alcuni passi della sua Cenerentola in All Star, scrittura giovanilistica aperta a sviluppi interessanti. Calda e suggestiva l’esibizione di Maria Grazia Trentadue, ma sul palco si sono alternati un protagonista indiscutibile delle nostre scene come Felice Altomare, il soprano Marilena Gaudio, la brava e appassionata attrice Pia Ferrante e sono state recitati testi del professor Raffaele Licinio e dello scrittore Antonio Natile. Erika Cormio, redattrice di Quindici, ha funto da modella per alcune installazioni. Il nostro “piccolo paradiso dal delicato equilibrio e l’enorme biodiversità” (Daniela Calfapietro) è al centro di questo variegato intrecciarsi di linguaggi, tenuto a battesimo dall’icona della Demetra di Rossella Cea, Gorgone e alma mater mundi al contempo, e delle sinuose e viscerali fantasie mitiche di Fabio de Vecchi. Le esperienze pittoriche si moltiplicano: si muove dal mare del Maestro Mario Colonna, con le sue eleganti e bellissime impressioni di una natura possente, dominata dal pelago, divinità disturbata dagli improvvidi sguardi umani, o da quello di Nicola Maria de Candia, grembo vitale, fautore di suggestioni infinite. Vicky Depalma si conferma presenza di elevata caratura, con il fascino sofisticato, tra il surreale e l’ironico, in onirica teatralità, delle sue creazioni; Antonio Laurelli lancia la sua sfida al labirinto, con le sue immagini psichiche che, come ha scritto Achille Pace, possono ricondursi a una vena di “surrealismo costruttivo”. Il motivo del vortice sembrerebbe ossessione di Tiziana Sala, che nello “gliuommero” sembra individuare la preponderante forma espressiva del caos e del “sincronico mutamento”. Barbara Simone volge lo sguardo non al mondo sublunare, né egoticamente all’interiorità umana, ma ricerca la via Between the Space, in cosmica apertura. Valeria Porcelli plasma fantasie, ora dando geometrica consistenza al sogno delle fate, ora immaginando l’intimità come una dimessa e accogliente stanza preclusa alla presenza umana. Vincenzo Mascoli, vincitore del Premio Zeffirelli, elegge il volto umano a persistente soggetto delle sue creazioni, in cui il “racconto” e persino l’“identità” svaporano in frammenti difficilmente riconducibili a unità. Maria Bonaduce incanta con le sue opere (prevalentemente acrilici) in cui le impressioni di paesaggi urbani, lacustri e di angoli della costa adriatica suscitano emozioni delicate, nell’effetto delle luci notturne o nella sublimazione psichica del mondo naturale. Daniela Calfapietro esprime la tensione alla ricerca del varco e coglie la presenza del divino nella grazia silente di un cielo tramato di nubi di sfuggente consistenza, in una delicatissima angelologia del quotidiano. La perenne oscillazione tra cedimento all’irrazionale e al mistico e anelito a incasellarlo in forme che siano al contempo antiche e sempre nuove è una costante dell’intera rassegna. Si coglie nelle arti applicate, nei fascinosi quadri di Maria Santa Colamonaco (Artiffany) come negli eleganti gioielli di MissMayd Jewels Factory di Mari Diolini. Nelle armonie tra opposti che animano le creazioni dell’interior designer Rossella Trentadue come nel labirinto di Carmela Melarts De Dato. L’artista, che afferma anche la necessità di un più elevato ricorso all’eco-design, convinta che la bellezza “debba far riflettere e colpire le coscienze”, se progetta una struttura dedalica, con allusione nelle forme alla pienezza dell’essere, sembra fornirne anche le chiavi di decifrazione e quindi le vie di fuga. Nell’ambito delle arti grafiche, “punto di sutura con l’esposizione fotografica, Antonella Buttari oscilla tra scanzonata ironia e necessità di rappresentazione; Alessandra Guarino sembra invece cercare di razionalizzare le forme che emergono dal suo inconscio, esprimendole attraverso fotografie che testimoniano la tensione verso l’immensità. Ottime le presenze in ambito fotografico, per la rassegna “Terra di Sud”. Felice de Stena si connota per l’aura sognante e notturna; Donato Marzano spicca per l’eleganza e il nitore dei suoi scatti, che restituiscono in tutto il suo maestoso splendore la beltà della nostra terra. Mauro Germinario colpisce sempre per la poeticità del suo sguardo, che indugia sulla bellezza della Chiesa di San Magno o si sofferma, stupito come un bambino, ad arabescare sul mistero notturno di una Murgia illuminata dalla via Lattea, che sembra dover divenire teatro di chissà quale arcano avvento. Ross Totangiancaspro nella “zona rossa” addita il fascino del territorio adiacente Torre Calderina e il mare sembra quasi danzare alla voce del violino che ne incanta le profondità. La rassegna è stata teatro anche di installazioni, come quella della Calfapietro (light-live), di Sisca (space), di Peppino Mintrone del C.d.B. di Pina Baush e di Sgarra (video). Gregorio Sgarra in ambito pittorico e nella videoperformance esprime l’aura magica, quasi sacrale delle nostre sponde; Frank Sisca rappresenta una felice incarnazione della capacità di spaziare nei differenti domini del figurativo. Le sue sculture in legno marino ci catapultano in un mondo tra il gentiliniano e l’ancestrale e sembrano sussurrare, ma con ironia, di misteri irresolubili, eppure così a portata di mano. Giovanni Morgese modella il suo mondo, che sembra ammiccare a improbabili cavalieri e pupi siciliani e sa volgersi con amorevole bonomie alle piccole e grandi miserie del nostro Mezzogiorno. Michelangelo de Virgilio plasma poeticamente l’acciaio, esprimendo, con ironia ma anche compartecipazione emotiva, la necessità di salvaguardare la pace e l’ideale dell’Arte, ormai in patetica dismissione. Maria Addamiano nel suo totem e nelle sue sculture insiste su due motivi ricorrenti: l’albero d’olivo, emblema delle nostre terre e della loro inquieta aspirazione alla pace, e la barca, simbolo della vocazione molfettese alla marineria, ma anche di quel sogno di evasione in una dimensione altra e fantastica, che anima i racconti come il volo liberatorio dei gabbiani in altorilievo. Carmen Perilla ha lo sguardo perennemente rivolto al mito, perché nei suoi volti scolpiti nella pietra sa cogliere il significato stesso della vita del cosmo e percepirne le voci, che restituisce con piglio sicuro. Poi ci sono le danze in engobbio e raku, o in raku e legno, di Mariangela Ruccia; custode di tecniche antichissime, l’artista, nella Danza alla Luna come nella bellissima Valse du feu, restituisce il ritmo del mondo. Un piccolo-grande globo in cui il femminino racchiude, in forme esuberanti willendorfiane, il segreto del perpetrarsi della vita. Sia Gorgone anguicrinita o alma Mater benigna, è la deità che anima le nostre terre mediterranee, ne domina i ritmi, esaltandone le fragranze.
Autore: Gianni Antonio Palumbo