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Povertà, crescono i molfettesi indigenti calano gli extracomunitari Matura la paura dell'altro, quando questo 'altro' è uno straniero o un disagiato sociale, guardato con disprezzo e pietà al semaforo, all'angolo della strada, in stazione, mentre dorme su una panchina o in un vagone. L'impegno della Caritas e dei volontari
15 luglio 2009

Molfetta vive una realtà nascosta, che lascia interdetti e suscita non poche preoccupazioni. Secondo i tabulati della Caritas, dal secondo semestre 2008 si è registrato un aumento di molfettesi indigenti che fruiscono del servizio: sono operai, braccianti, disoccupati, disagiati sociali che, non avendo un’occupazione e/o una famiglia, non riescono nemmeno a garantirsi un pasto al giorno e un tetto; i casi più allarmanti sono quelli di famiglie in cui l’uomo è disoccupato o ha un lavoro saltuario, la donna è disoccupata, ci sono figli ed anziani a carico, manca una casa e si dorme per strada o nella stazione a Bari. Di contro è diminuito bruscamente il numero degli extracomunitari, per una serie di motivi. Innanzitutto, la cronaca recente e gli sviluppi legislativi hanno accresciuto l’ostilità degli italiani, che associano immigrazione, clandestinità e illegalità (sindrome dell’insicurezza): i sentimenti positivi, come disponibilità, comprensione e solidarietà, sono stati sostituiti dall’indifferenza e dalla diffidenza. Per quel che riguarda i primi mesi del 2009, tra i frequentatori della Caritas, va registrata una timida presenza di marocchini, rumeni e polacchi, tutti con permesso di soggiorno o cittadinanza italiana, integrati nella comunità molfettese, perché, ad esempio, lavorano come guardiani notturni o fruttivendoli e sono ospitati dai loro conterranei. È maturata la paura dell’altro, quando questo ‘altro’ è uno straniero o un disagiato sociale, guardato con disprezzo e pietà al semaforo, all’angolo della strada, in stazione, mentre dorme su una panchina o in un vagone. Basti pensare alla paura degli stupri e delle violenze che, nel 2008, è divenuta una vera e propria sintomatologia: un comunicato stampa dell’Istat del 2007 ricorda che l’Italia (2000 stupri) è al VI posto in Europa (Gran Bretagna 14mila, Francia 10mila, Germania 8mila, Spagna 6mila) e che la donna corre più rischi da parte di partner, mariti e fidanzati (69% dei casi), che da parte degli stranieri (10%). Almeno fino a luglio 2008, come registrato nel Secondo Rapporto sulle Povertà nella Diocesi Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, il disagio e le diverse forme di povertà hanno assunto il volto dello straniero non integrato, proveniente dalla Romania (48,79%), dalla Bulgaria (17,08%), dalla Georgia (12,20%) e dal Marocco (6,10%). L’1,22% degli immigrati possiede il permesso di soggiorno, mentre ne sono privi per il 7,32% (non specificato il 90,24%). Il 4,37% non ha una dimora fissa ed il 12,58% ha una licenzia media, il 6,56% la licenza elementare e l’1,09% è analfabeta. Inoltre, il 61,11% dei bisogni è relativo a problemi economici e occupazionali, mentre gli interventi più frequenti riguardano il cibo, la mensa ed il vestiario. Non è questo il problema. L’incognita èl’aumento della povertà molfettese: non una vera e propria marginalità, ma una nuova vulnerabilità sociale, trasversale alle nuove disuguaglianze economiche, determinata da un mix di instabilità lavorativa, fragilità familiare e territoriale, incertezze economiche, problemi di tipo abitativo, finanziario, sanitario e relazionale. Questa vulnerabilità non si riferisce a stadi finali o estremi del disagio, ma a situazioni intermedie, caratterizzate dalla minore visibilità e di conseguenza da un minore allarme sociale. Nonostante la Caritas sia finanziata dalla Diocesi, ad esempio per il pagamento delle bollette di luce e gas, con estrema difficoltà riesce a soddisfare i bisogni che incontra: manca la “manodopera”, benché l’impegno profuso dai volontari presenti sia lodevole e costante. Non sono quasi mai sufficienti a garantire la copertura di tutti i molteplici fronti che appaiono di volta in volta aperti, soprattutto quando il budget a disposizione non consente di coprire i costi amministrativi. Recentemente la Caritas diocesana ha vinto il bando di concorso per il Servizio Civile con 59 punti, ma non ha ricevuto nessun finanziamento perché sono stati sovvenzionati i progetti a partire da 63 punti: ciò significa che bisognerà ancora affidarsi al volontariato dei giovani e a quanti, ormai in pensione, offrono la propria disponibilità. Dove sono le politiche sociali tanto celebrate? È giusto affogare nell’ombra questa realtà cittadina, scomoda alla politica nostrana, che urge, tuttavia, di una soluzione repentina?

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