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Pino Amato entra in An e distrugge il partito Dopo l'adesione del consigliere “cambiacasacca”, abbandonano due assessori, un consigliere, dirigenti e iscritti. Quindici svela i retroscena di una lettera di “riflessione” e i giochi politici nascosti
15 ottobre 2007

Se non fosse una cosa seria, sarebbe una fiction. Ma l'adesione di Pino Amato ad Alleanza Nazionale, con tutto lo strascico polemico che ne è derivato, con il rifiuto degli assessori Mauro Magarelli e Annamaria Brattoli, del consigliere comunale Sebastiano Gadaleta, di dirigenti e iscritti del partito di accettare questa new entry a prezzo di abbandonare lo stesso partito, è stato l'unica occasione di vivacità politica di fine estate. Riepiloghiamo la vicenda per coloro che non l'hanno seguita direttamente sul nostro quotidiano in internet Quindici on line, una storia che ha visto Quindici scoprire i giochi all'interno di Alleanza nazionale, anticipando quelle che sarebbero state le mosse dei contentendi in campo, compreso quell'on. Francesco Amoruso, “il biscegliese”, che prima ha dato il suo assenso all'ingresso del “più amato dei molfettesi” e al suo migliaio di voti, appoggiando la decisione della presidenza locale, rappresentata dall'avv. Francesco Armenio e di quella provinciale nella persona del consigliere regionale Tommy Attanasio e poi, visto il risultato disastroso, ha cercato di fare una inversione ad U per cercare di recuperare i dissidenti ormai fuorusciti, magari promettendo loro la testa dello stesso Armenio, ricambiato con qualche posto di sottogoverno. Il nuovo cambio di casacca di Amato nella calura agostana ha avuto l'avvallo anche dei due consiglieri comunali Rino Lanza e Lele Sgherza, ma ha scatenato un mezzo terremoto nel partito, già scosso dalla vicenda dell'ipotesi di affidamento del servizio dei trasporti a una ditta imparentata con l'assessore Annamaria Brattoli. Un quadro nero, che si addice al partito di Gianfranco Fini, ma a Molfetta è nero pece. Insomma, un partito già succubo di Forza Italia a Roma, a Molfetta è rimasto solo virtuale, diviso al suo interno e asservito al sindaco, che viene puntualmente riverito e adulato. I mille e più “consensi” (c'è chi, con molta esagerazione, parla di un pacchetto di duemila voti) dell'Amato locale fanno gola ai dirigenti di An, al punto da non preoccuparsi di perdere tutto il partito, come dice l'Attanasio, “cavallo vanesio”: chi non accetta il diktat può anche andarsene. E così “i quattro cavalieri dell'Apocalisse” procedono senza remore per la loro strada, non si sa quanto benedetti dalla signora leccese, l'on. Adriana Poli Bortone, coordinatrice regionale. Quando poi si accorgono che i giovani e il resto del partito fanno sul serio e se ne vanno per davvero, cominciano a preoccuparsi e cercano l'escamotage, protagonista ancora una volta Pino “cavallo vincente”, ex Calimero, piccolo e nero che nessuno voleva e che finalmente ha trovato casa proprio fra le casacche nere. Che t'inventa il nostro “anatroccolo”? Una lettera al presidente provinciale Attanasio, inviata per conoscenza anche alla Poli Bortone e all'Armenio, con cui ringrazia della fiducia posta nella sua persona per averlo accolto nel partito che lui dichiara di amare più di ogni altro e sostiene che “gli accadimenti successivi alla mia richiesta (di iscrizione, ndr) mi impongono una fase di riflessione”, una frase che nel linguaggio politico, prima ancora che nella lingua italiana, vuol dire sospensione o rinuncia all'adesione immediata ad An. Una mossa strategica studiata con il “burattinaio” biscegliese, per cercare di gettare un po' di fumo negli occhi dai fuorusciti e spingerli a rientrare. E quando il cronista di Quindici scopre il trucco, chiedendosi quale prezzo il partito debba pagare per questa “sceneggiata” e immaginando che il rientro dei fuorusciti debba avere come pegno la testa del presidente locale Armenio, il Pino insorge e si sforza di spiegare meglio la sua “riflessione” che non vuol dire abbandono, anzi, significa mettere ancora più le radici (se no, che pino sarebbe, ndr). A riflettere, a suo parere, devono essere gli altri. Vi proponiamo questa “spiegazione”, così come ci è stata inviata, perché è sintomatica della situazione: “Nessun passo indietro, penso di essere stato chiaro per ciò che concerne quello che ho detto, mi ritengo un uomo responsabile, sempre pronto nel mettermi a disposizione del partito e di chi mi ha dato fiducia. Sono di A. N. e rimango in A.N., per senso di responsabilità ho comunicato al presidente provinciale, al presidente regionale e al presidente della sezione di molfetta una pausa di riflessione per mettere in condizione tutti di riflettere e di poter dialogare per il bene comune. Chi mi conosce, sa che per carattere non mi lascio mai condizionare da nessuno, faccio e dico sempre quello che penso. Spero di essere stato chiaro. Per quanto riguarda il presidente della sezione di A.N., l'avvocato Ciccio Armenio, i vertici provinciali e regionali si sona già espressi concedendogli fiducia per l'operazione da lui promossa”. Intanto, a latere, accadono altri scontri e tempestose riunioni. L'on. Maurizio Gasparri, referente del consolidato gruppo politico “Amoruso & C.”, striglia a dovere il povero Tommy Attanasio strapazzandolo come un pulcino e gli suggerisce la lettera di “riflessione” che prontamente il presidente provinciale gira all'obbediente Armenio, il quale probabilmente la scrive anche materialmente, evitando strafalcioni grammaticali al suo Amato neo consigliere. Ma c'è un errore di date che fa capire come si tratti di tutta una messa in scena, come “Quindici” è in grado di dimostrare. Infatti, i consiglieri comunali di AN, Pino Amato, Rino Lanza e Lele Sgherza, in data 20 settembre, inviano una lettera al sindaco, firmata “Il gruppo consiliare” (nella foto), in cui scrivono testualmente: “Carissimo Antonio Ti Rinnoviamo e confermiamo la nostra fiducia riconoscendo in te la figura leader di questa coalizione, comunicandoti che l'unico abilitato a rappresentarci sul tavolo politico è il presidente del circolo territoriale di A. N. di Molfetta, l'Avv. Francesco Armenio”. Una lettera in data successiva a quella della ormai nota “riflessione” di Pino Amato, che era datata 19 settembre. E il “trucco” è scoperto da Quindici. Ma questa messinscena non convince i fuorusciti che insistono: “Via Pino Amato e dimissioni di Armenio, altrimenti non torniamo”. Fine della quarta puntata della fiction: “Le capriole del pino più amato dai molfettesi”.
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