“Petruzzella: ecco perché mi dimetto dai Ds”
Dott. Petruzzella, quali sono le cause che l'hanno portata alle dimissioni, ad appena 7 mesi dall'assunzione dell'incarico di segretario cittadino dei Democratici di sinistra?
“Sette mesi sono stati sufficienti a constatare non solo l'estrema difficoltà oggettiva nel compito di direzione di un partito che necessita di una profonda ricostruzione nei suoi obiettivi e nei modi della sua esistenza, ma anche e direi soprattutto la profonda inadeguatezza personale a svolgere quel ruolo. Quando dico di essermi sentito inadeguato, non mi riferisco alle mie competenze, che non devo giudicare io, né ai risultati del mandato, ma piuttosto al profilo della personalità di cui il partito ha bisogno per rilanciarsi. Un partito con quella storia e con quella logica, che ha di fronte a sé la strada del riformismo e non può cancellare il suo passato, che è combattuto fra ansie verticistiche e movimentismo, ha bisogno di una personalità socialmente forte che accetti e rivitalizzi il meglio delle logiche del partito di massa. Quella persona non sono io. Proseguire come se lo fossi, sarebbe una illusione pericolosa per me e per il partito”.
Cosa l'ha motivata a quel tipo di intervento durante la manifestazione organizzata da Beniamino Finocchiaro?
“La convinzione che, all'interno di quella manifestazione, un recupero di credibilità del partito, insieme a una nuova capacità di radicamento sociale, passi necessariamente attraverso il riconoscimento pubblico dei propri limiti e dei propri errori. Dico un riconoscimento pubblico e non condotto nel chiuso delle sezioni, dove si è in dieci quando va bene. Una scelta del genere non significa autoflagellarsi o aggravare la crisi, ma riconoscerne i tratti e ripartire da domande semplici: quanto vale il voto della sinistra oggi a Molfetta, dopo quella esperienza di governo degli anni Novanta? Quanto sono migliorabili le politiche dei DS per lo sviluppo nel Mezzogiorno? Quali sono le conseguenze reali della riforma dell'articolo V della Costituzione che il centro sinistra nazionale ha approvato nelle condizioni che tutti sanno? Quale reale spazio di manovra avrebbe avuto il partito se nel 2001 la campagna elettorale fosse andata diversamente? Domande semplici, ripeto, che penso siano un passaggio obbligato per qualsiasi discorso serio sul riformismo e sul futuro del partito a Molfetta”.
Quali sono stati in questi mesi i rapporti con i componenti del direttivo e con gli iscritti?
“I rapporti con il partito sono stati sereni, anche se hanno attraversato fasi un po' dispersive che forse con un mio maggior impegno avrebbero potuto essere evitate. Certo avrei gradito che gli impegni assunti nella fase congressuale da alcuni iscritti fossero stati onorati, ma ciò non è accaduto per varie ragioni. In quei rapporti, probabilmente, ha pesato il fatto di non aver avuto nessun concorrente alla segreteria nel Congresso, quindi una legittimazione non pienamente compiuta. Questo, unito alla percezione della mia crescente inadeguatezza al ruolo istituzionale che svolgevo e alla evidente irritazione per una parte del mio intervento pubblico nella manifestazione di Finocchiaro, mi hanno convinto al gesto delle dimissioni”.
Lel. Salv.