Pasquale Saraceno e la questione meridionale (I parte)
NAPOLI - 12.4.2008
Nato il 14 giugno 1903 a Morbengo in Valtellina da genitori meridionali, Pasquale Saraceno (foto) compie i suoi studi universitari presso la Bocconi, laureandosi nel 1929. Nel 1933 entra nell'IRI e nel 1946, insieme a Rodolfo Moranti e ad altri personalità dell'economia, della finanza, dell'industria e della scienza, fonda la SVIMEZ (Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno).
Sulla scia degli studi e dell'operato politico di Francesco Saverio Nitti, Saraceno ritiene che il riscatto del meridione possa essere realizzato solo attraverso la sua industrializzazione, che, a sua volta, implica l'intervento dello Stato nell'economia.
Saraceno ritiene che l'approccio teorico non debba essere fissato dogmaticamente in modelli astratti, ma debba dare la possibilità di individuare le tendenze ed i problemi specifici. Da ciò la sua insofferenza nei confronti delle distinzioni disciplinari accademiche e dei saperi astratti ed eruditi.
Tale impostazione gli proviene sia dall'incontro con Menichella sia dall'esperienza di lavoro presso l'IRI. Infatti, grazie a tale esperienza il giovane studioso di economia diviene consapevole delle profonde differenze che intercorrono tra i modelli astratti che insegna all'università e la specificità dei problemi economici, finanziari e bancari nazionali ed internazionali.
Sin da allora, Saraceno inquadra la questione meridionale entro il quadro più generale di riferimento della questione industriale italiana. La specificità dell'industrializzazione del nostro Paese, sostiene Saraceno, consta nel ruolo svolto dallo Stato, che, per garantire il tardivo decollo industriale dell'Italia, ha dovuto assumere direttamente il controllo del sistema industriale nazionale.
A questa visione generale di fondo, Saraceno collega i temi della programmazione economica e dell'intervento pubblico per lo sviluppo del Sud d'Italia. Come ha osservato Barocci,
dalle tipicità del sistema economico italiano discende la proposta di una programmazione economica. La quale, nella versione Saraceno-Morandi del 1946, si incentra su due punti fermi. Una politica della presenza pubblica (ed, in particolare, della spesa pubblica) unitariamente condotta e mirata ad alcuni obiettivi dichiarati, la creazione di un sistema di convenienze economiche, attraverso uno strumento (o più strumenti) legislativi, tali che risultino diverse rispetto a quelle che liberamente si determinerebbero altrimenti sul mercato.
Salvatore Lucchese