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Ovidio, il poeta scomodo Il dissenso dal potere
15 giugno 2023

Ma perché scomodo? Ha scritto opere immortali, dalle liriche amorose alle “Metamorfosi”, autentico capolavoro della storia letteraria della Roma antica. Il 31 a.C. il giovane Publio Ovidio Nasone va a Roma dalla natia Sulmona per studiare grammatica e retorica. Muore il 17 d.C. Perché fu esiliato in un momento in cui a Roma Augusto aveva inaugurato una stagione di pace? Cercò di essere perdonato ma, con immensa tristezza, morì a Tomi, una città vicina al Danubio, sulle rive del mar Nero nella remota e barbara regione della Scizia che Roma aveva conquistato pochi anni prima. Augusto aveva approfittato della sua carica di pontefice massimo e di “addetto alle leggi e ai costumi” (curator legum et morum) per cercare di controllare tutte le questioni religiose, sociali e morali della società. In tal modo si era proposto di ristabilire le antiche usanze romane, i mores maiorum, che a suo parere avevano reso Roma forte, potente e irreprensibile. In particolare, si preoccupò di rafforzare il matrimonio. A tale scopo aveva modificato e promulgato nuove leggi sull’adulterio e sulla castità e posto un limite ai divorzi. Fece inoltre ricostruire più di ottanta templi e ripristinò i principali ordini sacerdotali. Non deve perciò sorprendere la condanna delle opere amatorie di Ovidio, poiché non fu difficile riscontrarvi una critica a due dei pilastri basilari della società romana che Augusto intendeva rinsaldare: la religione e la famiglia. Quello di Augusto fu un vero “regime” con tutti gli aspetti sgradevoli di ogni tipo di regime: dalla cortigianeria ad una finta liberalità, da un conformarsi al potere a una autocrazia, esercitata con il controllo del pensiero e una repressione del dissenso. La storia dell’Impero romano, che prende forma proprio da Augusto, ci è sempre stata presentata sotto una luce non corrispondente al vero. Augusto fu un vero uomo forte verso il quale non ci doveva essere che approvazione da parte del Senato romano. Certo questo dette a Roma finalmente anni di pace e un vivace fermento culturale. Tutto ciò però non toglie a quel governo tratti di illiberalità. Ovidio, dunque arriva a Roma. Ama la poesia e ha il privilegio di entrare nel circolo di Mecenate, consigliere di Augusto, il quale si circonda di intellettuali e poeti (Orazio, Tibullo, Properzio e Virgilio) che cantano la gloria del primo imperatore di Roma. Ovidio questo non riesce a farlo. Lui invece canta di una società stanca di guerre, canta l’amore in tutti i modi, soprattutto quelli carnali, non si conforma ai programmi di restaurazione e al potere censorio di Augusto sui costumi romani, nutre seri dubbi sull’avvenire dell’impero romano, se ne discosta dalla propaganda. Ovidio ha una cultura e una affiliazione letteraria molto dipendente da quella greco ellenistica e orientale che poco si possono adattare al clima augusteo. Il regime autoritario infatti scopre che la libertà sessuale è un pericolo per il potere. Ovidio al contrario con “Amores l’Ars amandi” esalta l’amore e l’erotismo. Per l’Imperatore la famiglia è importante, il divorzio è troppo facile, l’aborto è troppo facile, tutte cose che vanno contro la sua idea di una società solida, compatta. L’eccesso di sesso non va bene. Ovidio è poeta che trasporta a Roma quello che l’ellenismo e il mondo orientale aveva fatto intravedere, che tutto ciò che è solido nel mondo si dissolve e questo, per Augusto, era un anatema. Le “Metamorfosi” sono un inno al cambiamento, per cui la figura di Augusto, fra i miti e le loro verità, si perde in una sorta di banalizzazione, che riduce l’immagine di un imperatore grandioso a qualcosa di diverso da quello che voleva far vedere. Ovidio è dirompente, porta disordine. “L’ars amandi” viene ritirata dalle biblioteche: Zeus, patria e famiglia non si attaccano e non è tollerabile che figlia e nipote di Augusto siano poi in prima persona accusate di adulterio. L’esilio diventa anche un monito per gli intellettuali: nessuno può farsi beffe del governo di Roma, ridurre a favola la fede, istigare alla lussuria e al piacere. La presenza di poeti, scrittori e intellettuali che non si conformino al cerchio magico di Mecenate, e che non cantino le lodi di chi è al potere, non può piacere al potere. Analogie innegabili di questa vicenda si proietteranno nei secoli successivi. Siamo gli unici esseri viventi in questo pianeta ai quali piace vestirsi con uniformi e avere pistole e munizioni accanto a sé, cose che ci danno l’opportunità di ammazzare e togliere la vita ad altri esseri viventi. Questo fra gli animali non accade. Non vediamo una tigre che si sveglia una mattina e dice ora vado ad ammazzare un’altra tigre. È un degrado della mente umana che va contro corrente alla natura della evoluzione, perché l’uomo vive nel regno dei soldi. Possiamo liberarcene? Solo con un pensiero costante: lavorare per la pace e far sospendere il commercio di morte dovuta alla produzione di armi e alla guerra. Si può dirlo, oggi? “Primo Maggio, Rovelli punito. Niente Fiera di Francoforte”. È il titolo di un articolo lanciato sulla prima pagina del Corriere della Sera del 13 maggio di quest’anno. Un concertone del 1° Maggio, ha angosciato il potere? “Non temete, non è una lezione di scienza che voglio fare, anche se ogni volta che provo a dire qualcosa di politica, qualcosa che riguarda l’interesse di tutti noi, c’è qualcuno subito che mi grida: “taci Rovelli, occupati della tua scienza, lascia perdere la politica!” Ma proprio di questo voglio parlarvi. Vedete… il mondo è meraviglioso. Questa piazza è meravigliosa, la musica è meravigliosa, innamorarsi è meraviglioso. Ma non è tutto meraviglioso. Ci sono anche problemi gravi, e se c’è qualcuno che può affrontarli, siete voi, insieme. C’è una catastrofe ecologica che sta arrivando, ormai lo sappiamo tutti. Rischia di rovinare le vostre vite. Ma soprattutto, vedete, e questa è la cosa più importante che voglio dirvi, sta crescendo la guerra. Spendiamo 2 trilioni e mezzo di Euro all’anno in spese militari, una cifra inimmaginabile. Invece di usare le nostre risorse per fare ospedali, scuole, musica, lavoro, le cose buone del mondo, le usiamo per fare armi per ammazzarci l’un l’altro… La guerra si fa anche per motivi più banali … perché costruire armi è un affare terribilmente lucroso. E nel fiume di denaro che producono le industrie di armi, le industrie della morte, ci sguazza la politica. Le migliaia di bombe che noi produciamo e mandiamo sui diversi teatri di guerra, devastano e ammazzano come le altre. Creano dolore come le altre. Ci sono decine di migliaia di bombe nucleari pronte a esplodere, puntate sulle teste di tutti, da una parte e dall’altra e non siamo mai stati così vicino ad una catastrofe nucleare come adesso. È follia. L’Occidente siamo anche noi. Che mille voci diverse, insieme, facciano sentire il loro no alla logica del “noi” contro “loro”, alla demonizzazione di ogni nemico, alla propaganda di guerra in cui siano immersi. Siamo in guerra con la Russia, stiamo andando alla guerra con la Cina, perché la leadership dell’Occidente pretende di dominare il mondo. Fermiamo questa follia. Il pianeta è di tutti”. (Estratto dal suo discorso del 18 febbraio e del 1° maggio). Determinante per i risvolti della vicenda è stata senza ombra di dubbio la catena di solidarietà che si è instaurata in favore di Carlo Rovelli, appoggiato da parti politiche, dall’opinione pubblica e dal mondo della cultura. Fra tutti, la casa editrice con cui l’intellettuale pubblica le sue opere, l’Adelphi, ha sottolineato la gravità di una tale misura che, chiamiamola col suo nome, è stato un tentativo di vera e propria censura preventiva. Caro Ovidio, sei in buona compagnia. Essere scomodi, ancora oggi, quando si tenta di dissentire dal “potere” (o dai “poteri”), è fonte di preoccupazione, tanto da indurre “l’imperatore di turno” a intervenire con censure su cittadini, intellettuali, giornalisti, attori, poeti e scrittori che la pensano e raccontano la realtà in maniera diversa da quella rappresentata. E l’esilio può avere tante forme, forse un po’ diversa da quella tua, ma sempre esilio è. © Riproduzione riservata

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