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Otto marzo, madre e figlia a confronto
15 marzo 2009

Otto marzo, Festa della Donna, una festa nata agli inizi del Novecento come lotta, lotta per i diritti di tante lavoratrici, lotta contro condizioni di lavoro disumane. Poi lotta delle donne per la pace, negli anni drammatici della Grande Guerra. E ancora lotta per il riconoscimento di pari diritti negli anni Sessanta con la nascita del femminismo. Ma oggi cos'è per noi l'otto marzo? In un periodo in cui di donne si parla moltissimo, per lo più per le violenze che subiscono, ci si chiede: a cosa serve una festa dedicata alle donne se continuamente i loro diritti e la loro stessa dignità vengono violate? Cosa rappresenta per le giovani questa ricorrenza? E per le loro madri? Abbiamo messo a confronto una madre con sua figlia. LA MAMMA: «Durante l'adolescenza noi ragazze prendemmo coscienza dell'enorme disparità di condizioni tra uomo e donna che si rispecchiavano anche a livello giuridico. Infatti solo nel 1975 col nuovo Diritto di Famiglia le cose cambiarono per lo meno sulla carta, basti pensare alla punibilità dell'adulterio femminile, o al delitto d'onore che godeva di particolari attenuanti nel vecchio Codice. Ma anche le leggi del Divorzio e dell'Aborto rappresentarono straordinarie conquiste del movimento femminista. Fu un periodo di grande dinamismo e coesione sociale che produssero risultati notevolissimi: grazie alla scuola di massa le donne ebbero accesso ai più alti gradi d'istruzione e alle professioni, così la presenza di un gran numero di donne nelle attività economiche produsse anche un cambiamento nelle relazioni familiari. Per noi l'otto marzo cominciò ad essere simbolo di tutte queste conquiste ormai irrinunciabili. E tuttavia continuavamo a constatare che la mentalità sociale stentava a progredire in questa direzione. Ebbene oggi abbiamo la prova che tutte le conquiste potrebbero essere azzerate se le donne si accontenteranno di quanto è già stato fatto, e non lotteranno per ottenere il riconoscimento sociale, politico, culturale, giuridico della loro differenza e unicità». LA FIGLIA: «Purtroppo, per noi giovani, è inutile negarlo, la festa dell'otto marzo non ha più quella valenza politica e culturale che ha avuto in passato per le nostre madri. La Festa della Donne è semplicemente una giornata qualsiasi, nella quale gruppi di ragazze si riuniscono per festeggiare, per passare una giornata al femminile. Tutto qui. Probabilmente il problema è che la nostra è una generazione che non ha lottato per ottenere qualcosa, e che al contrario ha ricevuto tutto su un piatto d'argento. Forse l'involuzione culturale e mentale della società a cui giorno dopo giorno assistiamo è dovuta proprio a questo: quei diritti inalienabili conquistati con il sudore di tante generazioni potrebbero essere messi in discussione a causa della nostra staticità. Eppure tanto ancora ci sarebbe da fare. Le violenze che quotidianamente vengono perpetrate sulle donne hanno un'origine culturale: ebbene noi, nuova generazione, dovremmo ora lottare per modificare quella mentalità del possesso da parte dell'uomo sulla donna che neanche le nostre madri riuscirono a modificare nei gloriosi anni del femminismo. Ma nonostante ciò la maggior parte di noi si sente inerme e la Festa della Donna continua ad essere più un momento di baldoria che di riflessione». Due diverse generazioni, due diverse interpretazioni, due modi di onorare la stessa ricorrenza, quella della Festa della Donna che vede protagoniste tanto le madri quanto le figlie seppure con punti di vista dissimili. Eppure due visioni così distanti sono tuttavia accomunate dalla consapevolezza che un cambiamento della mentalità sociale debba necessariamente passare attraverso lo sforzo delle nuove generazioni.
Autore: Ilia Micelli
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