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Ottavia Gadaleta, nonna di Molfetta 105 'volte'
La donna ultracentenaria di Molfetta, 105 anni, è la più longeva della città. Ha festeggiato il suo compleanno domenica (vedi VIDEO GALLERY) con la sua numerosa famiglia e insieme a Quindici che ha ripercorso le tappe fondamentali della sua vita
12 gennaio 2011
MOLFETTA
- L’8 gennaio 1906 a Molfetta dava i natali a
Ottavia Gadaleta
, la stessa donna che qualche giorno fa ha compiuto ben 105 anni, la più longeva dela cittadina, e che ha voluto condividere questo giorno speciale non solo con i suoi parenti.
Infatti la nonna più ‘grande’ di Molfetta oltre a figli, nipoti, pronipoti, etc. ha ricevuto moltissime visite dagli amici molfettesi che hanno voluto farle di persona gli auguri, compreso il sindaco
Antonio Azzolini
e la sorella
Pasqua Gadaleta
, anch’essa ultra centenaria, di 101 anni (vedi VIDEO GALLERY di "Quindici" a destra).
http://www.youtube.com/watch?v=vHqaEh7bfPQ
E’ venuto naturale immergersi nella storia non solo della donna ma anche della città di Molfetta e dell’Italia ascoltando racconti, episodi che hanno ripercorso tappe a volte tristi e difficili, a volte più lievi e allegre, la vita di Ottavia.
«
Il padre di nostra madre
– raccontano i figli ancora in vita
Giuseppe, Girolama, Caterina, Emanuela, Maria, Anna
e
Francesco
–
era un barcaiolo che perse la moglie quando la mamma si era appena sposata. Non fu facile per lei, caricata di ulteriori responsabilità
,
badare alla famiglia, rammentare le reti delle lampare e fare tutto quello che una donna doveva fare all’epoca in casa
».
Arrivò poi il matrimonio con
Pasquale Piumelli
, che lavorava presso la fornace
Gambardella di Molfetta
, scomparso prematuramente nel ‘65 all’età di 61 anni e che quindi lasciò nuovamente sola Ottavia con i suoi nove figli, divenuti sette dopo la morte di
Vito
, il maggiore, e
Martino
, anch’essi impiegati presso la stessa fornace. La stessa sorte toccò poco dopo a due dei suoi nipoti.
Ma la molfettese non si è persa mai d’animo, reagendo sempre alle tante difficoltà incontrate e dando vita ad un vero e proprio ‘villaggio’ di discendenti:
26
nipoti,
28
pronipoti, un nipote di quarta generazione che in totale, contando anche i figli, fa superare le
62
persone.
«
E’ sempre stata una persona dal carattere molto forte, testarda e molto religiosa. Non si perdeva una processione
– proseguono i figli – Come le donne di un tempo scaramantica.
Ora la sua vita è cambiata molto rispetto a prima
– precisano-
passando le giornate a cucire borsette di plastica che riempie di caramelle che dona a chi la va a trovare perché le è sempre piaciuto dare tanto agli altri, anche di più di quel che possedeva. Anche le abitudini alimentari sono variate: le piacciono molto i frutti di mare, la frittura di pesce e i dolci, una dieta diversa da quella di un tempo
».
Fino a quando era in casa dei genitori la risorsa alimentare principale era ciò che giornalmente dava il mare; altrimenti pane e pepe era il pasto per tutti.
Tempi diversi e particolarmente tristi per la signora Ottavia, sposata con un comunista d’altri tempi qual’era il marito Pasquale: l’accompagnava sempre a votare e dalla sua morte non andò più alle urne.
Ovviamente l’avvento della dittatura fascista divenne una difficile realtà da rispettare per avere un lavoro e vivere con un minimo di dignità.
«
Quello fu un periodo triste
– precisano i figli –
come del resto la seconda guerra mondiale che lo seguì. Abitavamo nella zona della Madonna dei Martiri e ancora ci ricordiamo le fughe in campagna o al mattatoio quando c’era aria di bombardamenti
.
Al mattatoio si andava anche per raccogliere sangue di animali appena uccisi e farci del sanguinaccio».
Tornò quindi la miseria della guerra e con essa la fame per tanta gente ma soprattutto quella maledetta paura delle bombe e il non sapere sempre dove andare a nascondersi.
Ma Ottavia ha sempre avuto un carattere solare, amante delle feste, della compagnia, una donna che ha continuato a reagire vivendo per il prossimo e dando di più di quel che aveva.
«
Ancora oggi ripete sempre
– ricordano – “
Ama soprattutto chi ti vuole male, come ha fatto Gesù”
– E’ stata, ed è ancora, una madre meravigliosa ed un esempio etico per noi tutti
.
Per questo siamo una famiglia molto unita
».
Ottavia è sempre stata consapevole, col passar del tempo, del cambiamento del suo mondo: un maggior benessere e una labilità dei costumi, della educazione, del modo di vivere ‘consumistico’ che non è mai stata capace di accettare come la troppa libertà data ai giovani.
Lei che faceva scortare le figlie dai fratelli maggiori…
per paura che qualche giovane innamorato si facesse avanti troppo sfacciatamente, comportamento che ripeterebbe coi nipoti.
La sua maggiore soddisfazione è stata vedere la realizzazione dei propri figli e nipoti nella vita:
la sua maggiore ricchezza a cui ha dato tutto e che le ha risposto con la stessa apertura del cuore.
«
Abbiamo sofferto moltissimo per la morte di nostro padre così giovane
– concludono –
Per questo vogliamo goderci lei finché possibile; ne vale la pena anche se costa qualche sacrificio a volte ma lei starà sempre con noi e mai nelle mani di una estranea o in un altro posto che non sia la sua casa, qui ad un passo dal mare della sua Molfetta
».
© Riproduzione riservata
Autore:
Domenico Sarrocco
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""
Jonathan Livingston - Volo Libero
11 Gennaio 2011 alle ore 21:09:00
Onore a nonna Ottavia e a tutti gli ultracentenari. - "Onora la faccia del vecchio". Levitico 19.32. - Max Weber già nel 1919 annotava: "In quanto la vita del singolo individuo civilizzato è inserita nel progresso all'infinito, per il suo stesso significato immanemente non può avere alcun termine. C'è, infatti, sempre un ulteriore progresso da compiere per chi c'è dentro, per cui nessuno muore dopo essere giunto al culmine, che è situato all'infinito. Abramo, o un qualsiasi contadino dei tempi antichi, moriva “vecchio e sazio di vita” perché si trovava nell'ambito della vita organica, perché la sua vita, anche per il suo significato, alla sera della sua giornata, gli aveva portato ciò che poteva offrirgli, perché non rimanevano per lui enigmi da risolvere ed egli poteva averne “abbastanza”. Ma un uomo incivilito, il quale partecipa all'arricchimento della civiltà delle idee, conoscenze, problemi, può divenire “stanco della vita” ma non sazio. Di ciò che la vita dello spirito sempre nuovamente produce egli coglie soltanto la minima parte, e sempre qualcosa di transeunte e mai definitivo: quindi la morte è per lui un accadimento assurdo. Ed essendo la morte priva di senso, lo è anche la vita civile come tale, in quanto, appunto con la sua “progressività”, fa della morte un assurdo.-
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