Oggi il regolamento di conti all'interno del Pd di Molfetta, assemblea di fuoco dopo la sconfitta elettorale
MOLFETTA – Assemblea del Partito democratico di Molfetta, questa sera alle 19 nella sede di via Margherita di Savoia, 76. A convocarla è stato il nuovo segretario Piero de Nicolo con il seguente ordine del giorno:
1) Elezioni Regionali. Analisi del voto e della Campagna elettorale.
2) Situazione politico-amministrativa cittadina.
L’assemblea si presenta come un regolamento di conti all’interno del Pd locale, soprattutto dopo la sconfitta del partito (il 13,92%, appena un terzo dei voti precedenti) e del candidato locale che ha riportato appena 1.500 voti, che poi sono quelli reali del Pd a Molfetta, al di là delle analisi fantasiose del segretario De Nicolo (in preda a recenti involuzioni antidemocratiche nei confronti della stampa non amica), il quale cerca di mascherare la sconfitta, ma questa volta lui, esperto di calcoli elettorali, preferisce camuffare i suoi scarsi consensi (pur avendo avuto a disposizione ben 6 consiglieri comunali, un assessore e il presidente della Multiservizi, oltre agli ex Dc, che però hanno ridotto al lumicino i loro pacchetti elettorali), come spiega il direttore di “Quindici”, Felice de Sanctis, nell’editoriale della rivista mensile in edicola in questi giorni dal titolo significativo: Vae Victoribus, guai ai vincitori.
Ed è quello che si prospetta oggi nel Pd. La sconfitta brucia e brucia soprattutto l’elezione dell’assessore uscente del Pd Guglielmo Minervini, candidatosi con la lista vendoliana “Noi a sinistra per la Puglia” e unico eletto a Molfetta.
La sconfitta accelererà la resa dei conti che il “nuovo” Pd vuole mettere in atto con l’espulsione di tutti gli iscritti che hanno sostenuto direttamente o indirettamente il candidato Minervini, contro il quale il partito e in particolare il movimento “Cambia verso” ha operato una campagna di attacco personale, mai vista. E il Pd ha pagato queste divisioni interne e questa brutta campagna elettorale di demonizzazione dell’avversario, con il crollo dei voti.
Del resto De Nicolo è in buona compagnia del suo segretario nazionale Matteo Renzi, che ha subìto una pesante sconfitta nelle elezioni amministrative di domenica, oltre a quelle regionali, nelle quali ha perso la Liguria, proprio a causa delle divisioni interne. Emblematico l’abbandono di una figura storica del partito, come Sergio Cofferati, ex segretario generale della Cgil.
Ma la sconfitta non sembra aver insegnato nulla a Renzi e a De Nicolo, che vogliono continuare a dividere anziché unire, anche di fronte all’evidenza dell’emigrazione dei voti.
De Nicolo ora non ha più alibi, non può più giocare dietro le quinte come ha sempre fatto e deve dimostrare di saper guidare il partito, non con gli accordi con le frange in dissenso del centrodestra, ma con la sinistra che, certamente lui e i suoi non rappresentano. Se dimostrerà di non essere ostaggio dei vecchi Dc come Annalisa Altomare (già Forza Italia) e Lillino Di Gioia, potrà recuperare consensi, altrimenti il partito è destinato ad ulteriori sconfitte, ridando fiato ad un centrodestra in pezzi. Col rischio, poi, di ritrovarsi a sinistra una nuova formazione politica che insieme a Rifondazione, potrebbe rivelarsi una spina nel fianco del Pd.
Scaricare, poi, sull’amministrazione comunale di centrosinistra e sul sindaco Paola Natalicchio, le amarezze della sconfitta elettorale, sarebbe un ulteriore errore che dimostrerebbe la scarsa lungimiranza politica dei dirigenti, animati più da spirito di vendetta e dai noti rancori personali, che da una visione politica, che non può essere quella del passato. La gente non vota più il partito di appartenenza, ma sceglie gli uomini che ritiene rappresentino meglio una visione di cambiamento e di progresso. La storia insegna, ma non ha scolari: lo dicevano Antonio Gramsci e prima di lui Cicerone.
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