Oggetti non identificati deturpano i tetti del centro storico
Mentre aziende italiane diventano leader sul mercato internazionale per la produzione di tegole in terracotta fotovoltaiche che, pur rispettando l’ambiente e producendo energia, preservano la bellezza dei borghi storici italiani e non; il centro storico della nostra città, soggetto ormai da anni ad una cantierizzazione e ad un restauro inesauribile – e a volte opinabile – registra alcune novità che ci sembrano quantomeno discutibili. Sui tetti di alcuni palazzi recuperati da poco, sono comparsi degli strani silos (nelle foto ne sono riprodotti alcuni) che servirebbero a produrre acqua calda in un modo alternativo e “più ecologico” rispetto alle consuete caldaie. Iniziativa senza dubbio meritevole se non fosse per il fatto che l’impatto estetico di questi grandi serbatoi, nel centro storico, è tremendo. Ci siamo chiesti se il Piano Particolareggiato del Centro Storico si esprima in materia o se esistano vincoli della Soprintendenza che vietino questi interventi invasivi. Nulla: né il Piano Particolareggiato né altre disposizioni pare si pronuncerebbero in senso contrario a questi interventi che, dunque, sono leciti soprattutto per il fatto che si è agito nel rispetto dell’ambiente e del risparmio energetico. Un grande architetto come Massimiliano Fuksas si è pronunciato spesso a favore dell’utilizzo di energie alternative, di soluzioni ecologiche e di un’architettura più “al servizio dell’uomo”, ma noi non possiamo non chiederci se sia davvero il caso, in un centro storico come il nostro, di ricorrere a soluzioni di questo tipo che non si armonizzano affatto con il contesto, con la logica estetica e urbanistica del luogo e che sono davvero un pugno nell’occhio per chi ha la fortuna di poter godere della vista di Molfetta vecchia da uno dei suoi tetti: i campanili del Duomo, la sommità della Cattedrale, il campanile di San Pietro, i tetti bianchi e irregolari, numerosi e curati piccoli giardini… e gli “scaldabagno”! Sembra di giocare – dal vero – ad uno di quei giochi della Settimana Enigmistica in cui veniva chiesto di cercare l’intruso. Lungi dall’essere un’accusa sterile e capricciosa contro chi ha intrapreso l’avventura di restaurare o di intervenire in una realtà estremamente problematica come quella di cui stiamo discutendo e che, anche solo per questo, andrebbe sostenuto e incoraggiato, la nostra voce vorrebbe semplicemente essere l’occasione per riflettere su alcune azioni intraprese, forse, con troppa superficialità. Una superficialità che, per chi “alla parte dell’occhio”, così come a tutto il centro storico e alla sua bellezza ci tiene e ci ha sempre tenuto, fa male
Autore: Francesca Lunanova