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Non passa a Molfetta la sfiducia al sindaco Minervini. Non è stata la presa della Bastiglia, ma rode le fondamenta del Palazzo già a pezzi
La riunione del consiglio comunale del 14/7/25 sulla sfiducia
15 luglio 2025

MOLFETTA – Non è stata la presa della Bastiglia (nè voleva esserlo, a parte la coincidenza della data, sfuggita all'incauto presidente del consiglio comunale Amato, che l'ha convocato) questo 14 luglio del 2025, da parte delle opposizioni, ma è stato certamente un segnale alla maggioranza del malessere dei cittadini, presenti in piazza Municipio, sede della massima assise cittadina. Un malessere che non si fa rivoluzione molfettese, ma comincia a rodere le fondamenta di un palazzo che già cade a pezzi. La mozione di sfiducia al sindaco di Molfetta Tommaso Minervini non è passata al consiglio comunale: 10 voti a favore e 14 contro. Un risultato scontato, visti i numeri in consiglio. Anche il presidente del consiglio comunale Robert Amato si è schierato (come sempre) a favore della maggioranza. La crisi è in atto, è evidente, anche di fronte a una necessaria compattezza per coprirsi politicamente uno con l’altro. Ma la città è allo sbando, come vedono i cittadini ogni giorno. Una lunga agonia, che terminerà solo con la scadenza elettorale e il redde rationem inevitabile. Più che il bene della città, poté l’attaccamento alla poltrona.

La maggioranza lunedì sera, malgrado una piazza municipio piena di cittadini che chiedevano le dimissioni, ha fatto quadrato al termine di un consiglio dove sono volate le accuse da entrambe le parti. Evidente l’imbarazzo del vice sindaco Nicola Piergiovanni (traspariva anche la sofferenza di alcuni assessori costretti al gioco) e della maggioranza soprattutto di fronte a cifre, numeri e fatti che dimostrano come la città sia stata disamministrata e come il sindaco Minervini nel suo narcisismo ed egolatria assoluti, abbia pensato più al potere che alla comunità, secondo le accuse dell'opposizione di sinistra e di destra al "ciambotto" delle liste civiche.

Ma i suoi cortigiani per timore di rivelazioni scomode, hanno fatto quadrato, rinunciando ad una dignità politica che avrebbe permesso loro di uscire di scena decorosamente.

Ricordiamo che il sindaco Minervini, sotto indagine della magistratura per presunti favori in cambio di appalti, è passato dagli arresti domiciliari al divieto di accesso al Comune e alla sospensione dalla carica decisa dal prefetto. Non è escluso che nella seduta di lunedì 14, il sindaco sia stato il convitato di pietra.

Insomma, niente dimissioni, solo facce di bronzo. Peccato che qualche esponente di questa maggioranza non riesca a prendere le distanze dal “ciambotto”: forse per timore dell’inevitabile gioco dei ricatti e controricatti, di possibili rivelazioni che in queste situazioni posso essere sempre possibili e condizionanti.

Nota a margine: le telecamere hanno avuto problemi di trasmissione: diceva un politico navigato ed esperto come Andreotti (nulla a che vedere con gli scarsi politici ciambottisti che ci governano) che "a pensare male si peccato, ma a volte si indovina". Chissà cosa ne pensa chi presiedeva e doveva regolare la seduta (anche se sempre di parte, come ha confermato nella votazione)? Meglio nascondere alcune vergogne e accuse scomode ai cittadini? Malitia quae est veritas?

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"QUINDICI" QUELLO CHE GLI ALTRI NON DICONO

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