Niki e il fantasma del pirata Barbagrigia
Il piacevole e intenso incontro tenutosi presso l’Aneb, con una conversazione sul volume “Niki e il fantasma del Pirata Barbagrigia” di Niki Iurilli e Marisa Carabellese, ci induce a ritornare a riflettere su questo bel libro di fiabe, edito nel 2008 per i tipi dell’Immagine. Un volume che si avvale di una prestigiosa presentazione della scrittrice Elena Bono e delle belle illustrazioni di Elisa Mantoni. A introdurre la conversazione la preside Annetta La Candia, presidente dell’Aneb, sempre coinvolgente nelle sue prolusioni; le letture sono state affidate a tre validissime voci del panorama teatrale molfettese: Antonio Annese, narratore suadente ed espressivo; Michela Annese, gioiosa e vitale nel dar voce al magico mondo infantile; Felice Altomare, perfetta incarnazione del pirata Barbagrigia. Il mondo di Niki e del Pirata Barbagrigia è magico ed elegiaco nel medesimo tempo. Le avventure si aprono in una cornice quotidiana: la scuola, una villa di amici, una soleggiata mattina di passeggio in città… All’improvviso irrompe l’unheimlich e l’usuale si tinge di mistero. Passaggi sotterranei possono congiungere un piccolo edificio scolastico con la terrificante Roccia del Teschio, a significare lo sprigionarsi dei voli della fantasia fanciulla, agli occhi della quale la grigia realtà di ogni giorno è considerata secondo una prospettiva straniante, finendo con il dischiudere l’accesso a mondi paralleli. Questo anche in virtù delle capacità di cogliere corrispondenze agli altri invisibili. Ecco che allora, nella cameretta adiacente all’abitazione familiare, si spalanca una voragine che conduce alla chiesa della campana misteriosa, nel preludio all’incontro col rassicurante Barbagrigia. I luoghi delle storie di Niki e zia Marisa sono scenari tipicamente fiabeschi che improvvisamente emergono tra fondali quotidiani, così come creature di fiaba sono gli antagonisti, tra cui spiccano, megera dal ghigno malefico, Tecla, la Strega delle Tenebre, spettrale trasposizione di una bimba capricciosa e arrogante, o l’Uomo-Caprone, presenza demonica. Il tutto in un caleidoscopio di cavalli il cui nome – Icaro – rinvia alla potenza liberatoria del volo fantastico, grifoni di pietra, ornamenti di rosone pronti ad acquisire magicamente e pericolosamente vita, proprio come il patrimonio architettonico che la tradizione ha consegnato alle nostre terre. E ancora licantropi, sontuosi balli di fantasmi du temps jadis, nobildonne spagnole, ma anche la vitalità contagiosa della piccola Liliana- Iaia, portatrice di un’irresistibile comicità nell’ordito fantastico. E infine il mezzo magico, con il Miele dei Santi, correlato al donatore e aiutante, quel Nonno Peppino ch’è Lare della famiglia. Un elemento simbolico, il miele, che riconduce a una vocazione cattolica che il nostro Paese sta tristemente perdendo, ammantandosi delle ragioni di un’intercultura purtroppo mal intesa, dato che dovrebbe rappresentare una feconda apertura all’Altro e non una lenta e apatica abnegazione rispetto ai tratti identitari della nostra cultura. Come ha ben sottolineato la preside La Candia, le fiabe di Niki e zia Marisa sono foriere di stimolanti valenze educative, vive soprattutto nel Pirata dal sorriso gentile e nel Nonno amorevole. Figure che ancora nel 2016 ci insegnano a cercare un’Isola che non c’è nel frastuono delle nostre giornate consacrate al Caos e all’impoetico.
Autore: Gianni Antonio Palumbo