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Nicola Lezza, eroe italo-romeno di Molfetta
15 aprile 2017

Il viandante che percorra la bretella stradale che a est di Molfetta congiunge in lieve discesa Via Giovinazzo col Lungomare Marcantonio Colonna, all’estremità settentrionale della breve strada scorge in cima a due pali metallici l’indicazione segnaletica «via Ten. N. Lezza». All’estremità meridionale la vecchia targa di pietra non è più presente sul muro angolare. L’osservatore ha però il vago ricordo che il grado militare del personaggio fosse quello di sottotenente. Comunque sia, il girovago a lume di naso ipotizza che l’ufficiale possa essere una vittima della prima o della seconda guerra mondiale. Siccome, con l’eccezione della via assegnata al capitano Manfredi Azzarita, martire delle Fosse Ardeatine, diverse strade perpendicolari o prossime a Via Baccarini sono state intitolate a diversi caduti della prima guerra mondiale, il flâneur suppone che, trovandosi Via Ten. N. Lezza fuori di quella zona, il dedicatario della strada possa forse essere un caduto della seconda guerra mondiale. Si reca allora in biblioteca, fa le opportune ricerche sui molfettesi morti nel secondo conflitto planetario, ma scopre con rammarico che la sua supposizione era priva di fondamento. Le vie della ricerca sono ingombrate da mille ostacoli e insidie, ma il curioso girandolone (è forse un patetico pensionato o un redditiere sfaccendato) non si arrende e rivolge la sua attenzione alla Grande Guerra. Escludendo i marinai periti in mare, i caduti sepolti in loco oppure in qualche altro cimitero italiano o straniero, gli restano da consultare gli elenchi dei sacrari di Redipuglia, Aquileia, Udine, Oslavia e Kobarid, cioè la fatale Caporetto. Questa volta la fortuna arride all’incaponito investigatore, che, iniziando da Redipuglia, alle pagine 63-64 del registro, al numero progressivo 45.763, per il loculo 20.487 del gradone 11, trova il «soldato Lezza Nicola», appartenente al «137 fanteria », morto in data «03/11/1916». Ma come: soldato? Non era sottotenente o tenente? Qualcosa non quadra. Tornato in sede, va in biblioteca e, grazie alle indicazioni dello schedario, s’imbatte in una preziosa pubblicazione del 1930: Molfetta ai suoi figli caduti nella Grande Guerra. Consulta l’albo con malcelata impazienza e trova che Nicola Lezza, figlio di Luigi e di Zanardi Maddalena (in altra fonte Elena), nato il 3 ottobre 1896, era sottotenente del 6° Bersaglieri e morì sul Monte Vodice il 28 maggio 1917, venendo decorato con una medaglia d’argento al valor militare. Dunque l’eroico Lezza non era un soldato semplice, ma un ufficiale, un sottotenente, e non apparteneva al 137° reggimento di fanteria, ma al 6° reggimento bersaglieri, e non morì nel 1916, ma l’anno seguente. Gli errori si devono essere probabilmente verificati con l’inumazione o la disumazione del caduto, quando un’erronea trascrizione nel registro usato ha associato i suoi miseri resti a quelli di altri soldati della brigata “Barletta”, nei cui ranghi operava il 137° reggimento di fanteria insieme al 138°. L’indagatore non si accontenta di questi primi risultati e va alla ricerca di altri dati, per poterli incrociare con quelli in suo possesso. Un sentimento di forte pietà per il povero ventenne travolto nell’infernale carneficina della Grande Guerra lo spinge ad andare oltre. Avendo avuto il grado di sottotenente, il caduto deve aver possedutoun buon titolo di studio. Si precipita allora all’edificio scolastico di Corso Umberto, sede del Liceo classico e in passato anche della Scuola Tecnica, e comincia a occhieggiare nell’androne. Pure qui la fortuna in qualche modo gli è propizia. Scorge una lapide con i nomi di tredici studenti caduti nella guerra del ’15-’18, trova il cognome agognato, però – apriti, cielo! – Lezza non si chiama più Nicola, ma Giuseppe… Di nuovo c’è qualcosa che non quadra. Intensifica allora le ricerche, fa il giro di alcune librerie antiquarie e scopre l’esistenza, fino a quel momento ignota alla storiografia minore, di una Libreria Lezza di Molfetta che ha pubblicato nel 1916 un volumetto di 89 pagine su di un ufficiale di Corato del 156° fanteria inghiottito nella fornace della Grande Guerra. S’intitola In memoria del sottotenente Spallucci Michele caduto sull’Isonzo il 22 dicembre 1915, ma il ricercatore non è in grado di stabilire quale grado di parentela possa esserci stata eventualmente fra il proprietario della libreria e Nicola Lezza. Stesso problema per un Luigi Lezza autore degli Elementi di algebra per le classi liceali e tecniche e per i collegi militari e industriali, pubblicati dall’editore Nicola Jovene in Napoli nel 1873. Allora si mette a navigare a tutto spiano in Internet. In quel mare magno a un certo punto individua in un sito un opuscoletto raro e, pieno di speranza, lo acquista a occhi chiusi. È un discorso tenuto nel Regio Liceo di Molfetta dall’avvocato (poi magistrato) Vitangelo Poli su La nostra vittoria, pubblicato nel 1919 dalla Libreria Editrice di Tommaso Spadavecchia. Ricevuto per posta l’opuscolo, apre ansioso il plico e s’immerge in una febbrile lettura, ma anche qui, in un brevissimo elenco di caduti, trova di nuovo Giuseppe Lezza. Dal momento che la succinta lista di ex liceali è priva di dati di corredo, prende la notizia con beneficio d’inventario, tanto più che l’albo Molfetta ai suoi figli caduti nella Grande Guerra risulta decisamente più attendibile. Dopo molto lambiccarsi, propende a escludere il doppio nome di battesimo Giuseppe Nicola per il povero caduto. Si confida però con alcuni amici, apre ad essi il cuore, ma, a parte qualcuno che non replica o scrolla la testa, si sente rispondere da qualcuno di loro, quasi con le stesse parole, che non dovrebbe sprecare il suo tempo e il suo denaro per questi illustri sconosciuti del passato, ma dedicarsi a imprese più vantaggiose e lucrose. Tuttavia, se proprio è soggiogato dal demone della ricerca, dovrebbe svolgerla almeno su personaggi veramente famosi, per i quali l’interesse generale e le gratificazioni di ritorno sono maggiori. Il cercatore, tuttavia, non demorde e va avanti imperterrito. Torna in biblioteca, riconsulta lo schedario e individua un altro libriccino, la Commemorazione degli studenti morti in guerra fatta nel 1922 dal prof. Natale Addamiano. La pubblicazione riporta all’inizio il testo della lapide liceale, dove il nominativo di Lezza Giuseppe scolpito nel marmo è corretto sulla carta in Lezza Nicola. Aveva visto giusto! Questo piccolissimo successo gli infonde coraggio e lo spinge a continuare l’indagine. Tra i manoscritti della Biblioteca Comunale trova l’obituario miniato e illustrato da ritratti fotografici Molfetta ai suoi valorosi figli caduti sul campo dell’onore nella guerra mondiale dal 1915 al 1918. Purtroppo manca la foto del suo caduto, ma il giovane scomparso è registrato come «Tenente Lezza Nicola di Luigi». La cosa più importante è che il nome di battesimo Nicola sia confermato. Se il grado militare risulta superiore a quello di sottotenente, non pensa a una promozione post mortem, ma piuttosto a un difetto di informazione dei compilatori o delle compilatrici della sezione molfettese dell’Unione Femminile Cattolica Italiana, come quello che ha fatto relegare l’ufficiale, senza la data del decesso vero o presunto, in fondo all’obituario tra i dispersi, mentre non è affatto un disperso. Poi, scartabellando le bibliografie sulla prima guerra mondiale, l’ostinato indagatore s’imbatte nel ponderoso repertorio Militari caduti nella Guerra Nazionale 1915-1918: Albo d’oro, promosso dal Ministero della Guerra. Il volume XVII, relativo alle Puglie limitatamente alle province di Bari e Foggia e pubblicato a Roma nel 1937 dalla Libreria dell’Istituto Poligrafico dello Stato, alla pag. 282 riporta una scheda informativa, che, a richiesta, gli viene recapitata in riproduzione dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Nella pagina indicata si legge: «LEZZA NICOLA DI LUIGI | Decorato di medaglia d’argento al V. M. | Sottotenente di complemento 6° reggimento bersaglieri, nato il 3 ottobre 1896 in Romania ed inscritto di leva nel comune di Barletta, distretto militare di Barletta, morto il 28 maggio 1917 sul monte Vodice per ferite riportate in combattimento». A parte le utilissime e galvanizzanti conferme, la novità più importante è la nascita di Lezza in Romania. Ma in che città nacque, più esattamente? Spulciando fra i Riassunti storici dei corpi e comandi nella guerra 1915- 1918, vien fuori il tomo 9: Bersaglieri (Libreria dello Stato, Roma 1929), che alla pag. 279 come luogo di nascita di Nicola Lezza indica «Kampona (Romania)». Ma dove si trova più precisamente Kampona? Lanciatosi alla ricerca dell’ubicazione della città,lfindagatore realizza dopo qualche tempo che la localita non ha nulla a che spartire con la Campona della Pannonia imperiale romana, che corrisponde allfattuale Nagyteteny, in Ungheria. Evidentemente e Campina, una citta romena sviluppatasi specialmente a partire dalla fine dellfOttocento, quando intorno al 1890 inizio lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi del circondario e nel 1895 sorse la raffineria detta Fabrica Nou. (stabilimento nuovo), allora la piu grande dfEuropa, chiamata poi Rafin.ria gSteaua Roman.h. Ed e proprio a Campina che piu o meno in quel torno di tempo troviamo il padre di Nicola Lezza. Il molfettese Luigi Lezza, che allfEsposizione Generale Italiana di Torino del 1884 aveva meritato una medaglia di bronzo nella divisione di agraria, si fece apprezzare a Campina come costruttore e architetto. Infatti, in societa con altri costruttori italiani, eresse cinque alte ciminiere per la grande raffineria petrolifera, cosi solide che resisteranno al fortissimo terremoto del 10 novembre 1940 e al bombardamento aereo statunitense del 1‹ agosto 1943. Per se e la sua famiglia don Luigi si fece allestire una sontuosa villa in Via Bogdan Petriceicu Ha.deu, n. 45, non molto distante dalla stessa raffineria (vedi foto). Il patriarca Luigi, amante della letteratura, dellfarte e della lirica, ebbe una famiglia numerosa, allietata da maschi e femmine. I figli furono Giuseppe (ingegnere, che forse coincide con quel Giuseppe Lezza nato nel 1870 e licenziato dal Liceo del Seminario di Molfetta nel 1890), Giacomo (disegnatore e fumettista), Bruno, Nicola, Dante e Nino. Le figlie si chiamavano Severina (soprano), Matilda (soprano), Elvira, Lucia e Aida. Nicola Lezza, nato a Campina, come sappiamo, il 3 ottobre 1896, venne a completare la sua educazione nel Regio Liceo-Ginnasio di Molfetta, dove nellfanno scolastico 1915-1916, a conflitto gia iniziato per lfItalia, frequentava la seconda liceale. Era bruno, forte, gioviale e di bellfaspetto. Abitava con la nonna paterna in un dignitoso pianterreno dirimpetto al palazzo Messina in Via Umberto I, poi Corso Umberto. Quando lfistituto governativo divento infrastruttura assistenziale militare (Ospedale di guerra 44 . Sezione Regio Ginnasio e Liceo), le scolaresche furono sistemate in una casa privata, il palazzo Binetti, sulla stessa strada. Nel 1916 vennero chiamate alle armi le classi 1896 e 1897. Fatta la visita militare di leva a Barletta, Nicola Lezza fu assegnato in congedo illimitato il 27 maggio 1916. Ma il suo sogno era servire la Patria di suo padre e dei suoi nonni e magari portare il cappello piumato dei gloriosi fanti di La Marmora, impugnando la sciabola da comandante. Non dovette aspettare molto. Gia il 10 giugno, in forza della circolare n. 249 del 22 aprile 1916, fu chiamato alle armi per frequentare il corso accelerato per allievi ufficiali di complemento presso la Scuola Militare di Modena, dove arrivo il 19 giugno. Li apprese la notizia che il 27 agosto 1916 lfItalia aveva dichiarato guerra alla Germania e la Romania allfAustria, nemico storico del Bel Paese. Finito il corso, Nicola il 12 ottobre 1916 era aspirante ufficiale di complemento nel Deposito del 2‹ e 14‹ Reggimento Bersaglieri. Torno allora a casa per riabbracciare lfadorata nonna, ma presto arrivo il giorno della partenza. Indossando la divisa nuova con le mostrine cremisi, Nicola parti per il Nord Italia pieno di entusiasmo, agitando dal finestrino del treno la vaira pennuta verso la nonna in lacrime e gli amici venuti a salutarlo. Non fece piu ritorno a Molfetta, come non ritorno piu in citta un altro ex liceale molfettese, Maurizio Mantelli, anche lui sottotenente di complemento nel 6‹ Bersaglieri, ma di quattro mesi piu giovane di Nicola Lezza, essendo nato il 2 o il 20 febbraio 1897 a Molfetta da Augusto e Marina Mastandrea. Augusto Mantelli nel 1908 era stato nominato cavaliere, mentre era capitano dei carabinieri reali. Il 10 novembre 1916 Nicola Lezza giunse in áterritorio dichiarato in istato di guerraâ e fu inquadrato nel 6‹ Reggimento Bersaglieri. Il 12 marzo 1917 era finalmente sottotenente di complemento nellfarma di fanteria ácon anzianita 25 dicembre 1916 effettivo per mobilitazioneâ al Deposito Bersaglieri di Bologna. La guerra incalzava e sterminava. Il 12 maggio 1917 il generalissimo Luigi Cadorna diede inizio alla decima battaglia dellfIsonzo, lanciando unfoffensiva contro la linea Monte Kuk . Monte Vodice . Monte Santo, difesa dalla plurinazionale V armata imperiale del gen. Svetozar Borojevi. von Bojna. Per ordine del gen. Luigi Capello, la 53a divisione del gen. Maurizio Ferrante Gonzaga il 18 maggio sferro un attacco su tre colonne per impadronirsi della dorsale del Vodice e puntare al Monte Santo. La colonna di sinistra fu fermata con enormi perdite, quella centrale, dopo aspri combattimenti, conquisto Quota 652, cioe la cima del Vodice, mentre la colonna di destra fu bloccata nellfavanzata verso il Monte Santo. Il Monte Vodice (ora in Slovenia), situato sul lato sud-ovest dellfaltopiano della Bainsizza, fu esiziale per il commilitone molfettese di Nicola, il ventenne Maurizio Mantelli, che, per le gravi ferite ricevute in combattimento, spiro il 24 maggio nella 3a sezione di Sanita reggimentale. Quel giorno e nei giorni successivi sulle pendici del Vodice morirono insieme a tantissimi soldati altri sette ufficiali e aspiranti ufficiali del 6‹ reggimento Bersaglieri, comandato dal colonnello Ambrogio Agnesi. Nicola Lezza li segui nella I brigata nel loro tragico destino il 28 maggio 1917, durante un contrattacco austro-ungarico che conquisto la vetta del Vodice, ma fu poi respinto dai bersaglieri, dagli alpini del battaglione gMonte Cervinoh e dai fanti della brigata gGirgentih. Lo slancio del giovane sottotenente fu cosi descritto nella motivazione per la medaglia dfargento al valor militare attribuitagli alla memoria nel 1918: áIn un momento estremamente difficile, assumeva risolutamente il comando della compagnia rimasta priva di tutti gli altri ufficiali e, mentre, con mirabile ardire, la conduceva brillantemente allfassalto, cadeva mortalmente colpito da una scheggia di granata nemicaâ. Il giorno della morte di Nicola Lezza coincise con la fine della decima battaglia dellfIsonzo, che si concluse con la solita raccapricciante statistica di uomini caduti, piagati e mutilati, disintegrati dalle esplosioni o sepolti dai bombardamenti. In appena 17 giorni gli italiani ebbero 13.524 morti, 73.897 feriti e 24.472 dispersi; gli austro-ungarici circa 7.300 morti, 45.000 feriti e 23.400 dispersi. Per la povera nonna rimasta sconsolata nella casa vuota, il solo conforto, a parte la fede religiosa, fu lfunica lettera che Nicola era riuscito a inviarle dal fronte prima di morire. Quella lettera, la desolata vecchietta la custodiva in petto come una reliquia e ogni giorno ne recitava a memoria le parole al mattino e allfavemaria, come fosse una preghiera.

Autore: Marco Ignazio de Santis
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