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Nel teatro del gran mondo Amori, note vita in musica del signor Gioacchino Rossini
15 luglio 2018

Ha preso il nome dalla celeberrima cavatina di Gaudenzio nell’opera “Il signor Bruschino” il caleidoscopico spettacolo “Nel teatro del gran mondo. Amori, note, vita in musica del signor Gioacchino Rossini”, promosso dall’associazione “Luigi Capotorti” di Molfetta e presentato dal dr. Vito Mastrorilli. Andata in scena in un affollato chiostro della fabbrica San Domenico, la rappresentazione ha mostrato il talento di tutti coloro che si sono confrontati con una messa in scena nuova nel suo genere, curata dal Maestro Antonietta Cozzoli (suoi anche i testi). La scenografia essenziale ma pregna di elementi evocativi (ad esempio la mela trafitta dalla freccia scagliata da Guglielmo Tell o la torta che richiama il lauto banchetto del gran ballo di Cenerentola e quella che ricorda la passione per la buona tavola e le “invenzioni” da gourmet del musicista pesarese) ha focalizzato l’attenzione su cantanti e interpreti. A osservare dall’alto lo svolgersi degli eventi lo stesso Gioacchino Rossini, interpretato da Vincenzino Monaco; sul lato opposto un busto del compositore realizzato da Giulio Cozzoli (tra l’altro per una finalità benefica: un’asta destinata a raccogliere fondi per l’allora nascente ospedale di Molfetta). Filo conduttore dello spettacolo, realizzato in occasione del centocinquantesimo anniversario della morte di Gioacchino Rossini (avvenuta a Passy – in Francia – il 13 novembre 1868), la biografia del musicista, narrata da un novello “signor Gaudenzio” (interpretato da Franco Martini). A scandire la vita dell’uomo e del genio musicale, alcune tra le composizioni più significative e gli immortali personaggi del mondo rossiniano. A partire dal cavalier Giocondo, che canta il suo sfortunato amore per la bella Clarice (personaggi de La pietra del paragone), interpretato dal tenore Nicola Petruzzella, per proseguire con Tancredi che, nel recitativo e cavatina del primo atto dell’opera, canta l’amore per la sua patria (Siracusa) e per la bella Amenaide. A interpretare Tancredi (parte generalmente affidata a un contralto o mezzosoprano) il mezzosoprano Maria Candirri. A dare voce a Dandini, il paggio che ha scambiato il ruolo con il suo principe nella Cenerentola rossiniana, il baritono Filippo Fontana. Gli equivoci, le caratterizzazioni dei bizzarri personaggi e l’immancabile lieto fine sono stati ben recitati dal mezzosoprano Maria Candirri (Angelina, soprannominata Cenerentola), dal tenore Nicola Petruzzella (don Ramiro, il principe travestito da paggio), dal già citato baritono Filippo Fontana (il paggio Dandini, travestito da principe), dal basso Geng Zihao (il patrigno don Magnifico) e dai soprani Carmen Lopez ed Erika Mezzina (le sorellastre Clorinda e Tisbe). Amore, dolore e presagi di morte sono, invece, nel canto di Pamyra, interpretata da Erika Mezzina, e delle donne greche che invocano Dio ne L’assedio di Corinto. Ha superato brillantemente i virtuosismi richiesti dalla cavatina di Semiramide, il soprano Carmen Lopez, in un ruolo che segnò il precoce declino della sua prima interprete: Isabella Colbran, moglie di Gioacchino Rossini. Emblematico il destino del coro “Dal tuo stellato soglio”, tratto da Mosè in Egitto, simbolo della regalità e della legalità in età borbonica e divenuto simbolo di libertà alla fine del secondo conflitto mondiale poiché scelto da Arturo Toscanini ed eseguito nel 1946, in occasione del concerto per la riapertura del Teatro alla Scala. Perfetta l’esecuzione di Maria Candirri, Filippo Fontana, Carmen Lopez, Erica Mezzina, Nicola Petruzzella e Geng Zihao, accompagnati dal coro polifonico (diretto da Nicola Petruzzella) e dall’orchestra “Luigi Capotorti” (diretta da Salvatore Campanale). Non sono mancate le esecuzioni dello scherzo musicale Duetto buffo di due gatti e di brani dalla Petite Messe solenneille. Il momento più intenso, però, è stato sicuramente segnato dall’esecuzione dello Stabat Mater: brano particolarmente caro ai molfettesi, poiché da esso è tratta una delle più amate marce funebri che accompagnano le processioni della settimana santa. Tutti gli interpreti hanno dato prova di grande talento e affiatamento in una rappresentazione inusuale. Pervasa non solo di buona musica e cultura ma anche di ironia, con scambi di battute e interazioni tra cantanti- attori e narratore. Le proiezioni di foto, documenti, articoli e caricature dedicate al genio pesarese, hanno reso ancora più incisivo il racconto e posto in evidenza come, per dirla con le parole del signor Gaudenzio/Franco Martini, «amore, musica, donne, vita: Rossini amava ogni cosa». © Riproduzione riservata

Autore: Isabella de Pinto
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