MOLFETTA - Quando un museo non è un semplice contenitore, ma un polo culturale d’eccellenza. Dal Pontificio Seminario Regionale Pio XI è arrivata al Museo diocesano di Molfetta una ricca collezione archeologica, presentata durante la conferenza di presentazione tenutasi al Museo diocesano stesso.
Come ha ricordato mons. Luigi Renna, quando queste bellezze del passato erano custodite nel museo istituito da mons. Giuseppe Carata negli anni del suo rettorato (chiuso negli anni '90 per ragioni di spazio e di gestione), solo i seminaristi potevano ammirarne la rarità e l’estrema magnificenza.
La dott.ssa Clara Gelao ha poi focalizzato l’attenzione sul tema del collezionismo tra XVIII e XX secolo. Originato dall'antica abitudine di raccogliere opere d'arte da parte di famiglie e soggetti privati, questo fenomeno è stato sempre connesso a motivazioni culturali ed estetiche, al mecenatismo e anche al mercato dell'arte. Alcune delle più ricche collezioni del passato (acquistate o donate) sono andate a costituire il nucleo originario della Pinacoteca Provinciale “C. Giaquinto” di Bari, di cui è direttrice la dott.ssa Gelao.
Tra le più importanti ci sono la collezione «Gargasole» (‘700) di origine salentina, il cui maggior rappresentate è il pittore Oronzo Tiso, «Ferrara», che raccoglie oltre cento dipinti (in maggioranza realizzati dall’artista andriese Riccardo Tota) donati negli anni ’30, «de Gemmis», che comprende 159 dipinti e una ricca raccolta di pregiate maioliche, nonché copie di stemmi ben realizzate. Infine, «Caleno», i cui figli donarono ben cinquecento pezzi (non tutti di pregiata fattura) di un presepe napoletano e «Grieco», la cui donazione è avvenuta nel 1985 (è una delle collezioni con valore artistico notevole in quanto comprende gran parte dei maggiori lavori dei pittori macchiaioli come Giuseppe De Nittis, Silvestro Lega, Giovanni Fattori, Telemaco Signorini ed anche di artisti del ‘900 come Antonio Mancini). Degna di nota, è anche la collezione donata dal Banco di Napoli (si tratta di ventitré dipinti tra cui i maggiore e i più pregiati sono «Il pranzo del re Totila», realizzato da Giovanni Boccati, e il «Cristo portacroce» di Lorenzo Lotto).
Tornando ai preziosi manufatti, il cui deposito al Museo diocesano si protrarrà per 6 anni (secondo gli accordi tra mons. Luigi Renna e il direttore del Museo Diocesano, don Michele Amorosini, con l'approvazione della Conferenza Episcopale Pugliese), la dott.ssa Paola de Pinto, rappresentante della Società Cooperativa FeArt, ente gestore del museo,ha spiegato come la collezione sia una miscellanea di pregevoli opere, tra cui ci sono anche dei falsi.
Il nucleo più cospicuo riguarda il materiale archeologico e un ricco monetiere (raccolta di monete dall’età romana sino ai tempi odierni) donato dalla famiglia Jatta. Notevole è anche la presenza di ceramiche, la cui esposizione ammonta a ben 150 pezzi su un totale di 174 inventariati. Le tipologie variano da ceramiche a forma aperta a vasi potori e da mensa (coppette, ciotole tazze), da oggetti cultuali a vasi di grandi dimensioni, da ceramiche a vernice rossa a quelle a vernice nera (brocche, lucerne, vasetti).
Inoltre, tra i reperti antichi ci sono anche alcune anfore recuperate in mare di cui ha parlato, in maniera dettagliata, il dott. Giacomo Disantarosa, docente del laboratorio di Archeologia Subacquea dell'Università di Bari. Si tratta di pezzi molto antichi risalenti ai secc. IV-III a.C. che servivano al trasporto via mare di vino o di altre derrate poiché considerato come il metodo più economico e veloce di scambio. Alcune anfore erano munite alla base di un puntale, proprio per essere impilate nelle stive delle navi e trasportate agevolmente. In più venivano anche bollate o dipinte al fine di rendere visibili le informazioni più svariate, tra cui il contenuto della stessa anfora.
Dopo le congratulazioni del vescovo mons. Luigi Martella sul lavoro svolto, con l’auspicio di allargare e ingrandire la pinacoteca anche con il sostegno di enti pubblici, è stato possibile visitare il Museo diocesano e fruire del suo fascino e di opere di straordinaria bellezza e importanza storico-artistica-archeologica.
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