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Mostra fotografica per la giornata mondiale contro la violenza sulle donne al Liceo Classico di Molfetta: un “NO” che va dritto al cuore della gente
24 novembre 2017

MOLFETTA - Denunciare un problema rilevante come quello della violenza sulle donne è possibile anche attraverso il linguaggio dell'arte: ne è dimostrazione la mostra fotografica, allestita martedì nell'atrio del Liceo Classico, frutto delle menti giovani e collaborative di studenti della III A che hanno unito le proprie forze per un solo obiettivo. 

Tutto è iniziato quando Davide Sasso, che coltiva la passione per la fotografia, dopo aver studiato pose in cui ritrarre vittime di violenza, ha condiviso l'idea con le sue compagne di classe, da cui ha ricevuto appoggio e disponibilità nel posare per gli scatti. Sono infatti le stesse ragazze le sei protagoniste degli scatti fotografici, realizzati personalmente da Davide in setting messi a disposizione da una delle studentesse, dietro cui si celano tanto impegno e tanta pazienza. 

Modifiche su modifiche per individuare le angolazioni giuste, creare gli effetti visivi adatti e scegliere con cura i dettagli, ma che alla fine hanno portato gli studenti a lavorare in team senza temere il confronto, traendo anzi da quest'ultimo un arricchimento personale.

A ciascuna delle immagini, stampate in bianco e nero, fatta eccezione per i particolari volutamente in rosso che mettono in risalto l'aspetto più significativo della vicenda, corrisponde una storia. Redigere i testi è stato compito di Angelica Iannone, che è riuscita a far leva sugli aspetti più diversificati della tematica in questione. 

Dall'?ρ?χνη, la storia della donna in trappola, rappresentata da Martina Ciannamea, passando per l'?ν?γκη, la storia della donna vittima di costrizione, per cui posa Alessandra Pagano, fino ad arrivare alla χε?ρωμα, la storia della sottomissione, interpretata da Rossella Troisi; e ancora l’?ντ?ρεισις, la storia della resistenza, simboleggiata da Federica Piccininni, l'?ν?κλαστoς, la storia del riflesso della violenza subita, rappresentata da Raffaella Gigante e l’?ν?στασις, la storia della donna che si rialza dopo una caduta, interpretata da Martina Veneziano. 

Da notare l'accostamento del sostantivo greco, mirato a racchiuderne il senso più profondo, ad ogni vicenda: una prova, questa, che forse il 21esimo secolo non è poi tanto più evoluto della realtà misogina delle “poleis”. 

Solo impressioni positive fino ad adesso sulla mostra, che resterà esposta fino al 25 novembre (compreso) e per la quale anche i docenti del Liceo hanno mostrato il loro supporto, fornendo agli studenti consigli e opinioni.

Non è stato certo facile per le studentesse calarsi nel proprio personaggio, esprimendone appieno le emozioni e i sentimenti utilizzando esclusivamente il volto e i gesti. Ma proprio qui sta il bello: attraverso un linguaggio tanto complesso quanto efficace ed immediato, le donne pronunciano un 'NO' che va dritto al cuore della gente.

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Condivido il non "facile" e "utopico" Anselmo. La violenza e non solo sulle donne, è uno scoglio a dir poco insormontabile, quasi impossibile se non si cambia la cultura del pensiero e dei così definiti "modi di dire" che, poi, sono veri concetti di vita. Abbiamo sempre amato con il cuore, si è sempre detto e si dice tuttora, "ti amo con tutto il cuore", certo in questo modo di dire oramai da sempre, ci sembra poesia.....il cuore! Se provassimo invece a dirci: "Ti amo con tutto il mio cervello, con tutta la mia anima, con tutto me stesso". Il cuore non fa testo, ricevendo gli impulsi dal cervello ci fa sentire emozioni dolci, ma tutto parte dal cervello vero scrigno della critica umana. Amare con il cuore ci ha portati all''egoismo, alla proprietà dell''essere che diciamo di amare, ma tutto è fuorché amore vero. L''amore richiede sforzo e saggezza, ecco perché parte dal cervello e non dal cuore. Amore è soprattutto dare e non ricevere, ecco quindi l''estraneità del cuore e da dove potrebbe partire la violenza: il volere a tutti i costi, da padroni assoluti, da proprietari di una persona, il violentare chi non accetta la padronanza, la schiavitù bella e buona. "Sei mia, mi appartieni e basta, faccio di te quello che voglio". Ecco, ancora una volta il cuore non è protagonista, è il cervello "fuori di testa", e le ragioni, evidentissime, sono culturali. L''amore non è soltanto una relazione con una particolare persona, è un''attitudine, un orientamento di carattere che determina i rapporti di una persona con il mondo, non verso un soggetto d''amore. Se una persona ama solo un''altra persona e è indifferente nei confronti dei propri simili, il suo non è amore ma un attaccamento simbiotico, o un egoismo portato all''eccesso. Eppure la maggior parte della gente crede che l''amore sia costituito dall''oggetto, non dalla facoltà di amare. Infatti, essi credono perfino che sia prova di intensità del loro amore il fatto di non amare nessuno tranne la persona amata. Questo il cuore non lo sa, il cervello si.
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