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Molfettesi razzisti? Emozioni e paure tra diffidenza e indifferenza
15 settembre 2010

L’immigrazione «è una catastrofe per la nazione che la subisce», sentenza un cittadino molfettese: parere emblematico, ribadito nel 70% degli intervistati a Molfetta, riflesso di quello nazionale. Il 60% degli italiani considera l’immigrazione un problema, la percentuale sale tra chi si dichiara politicamente di destra, mentre il 77% accusa gli irregolari dell’aumento della criminalità. Non una gita di piacere, né una libera scelta, l’immigrazione è un dramma personale. È vero che la regolarizzazione stringente è necessaria per una nazione crocevia dei flussi migratori africani, albanesi, rumeni e orientali. Pur rigorosa, la normativa deve anche rispettare la dignità della persona: la Legge n. 94 del 15 luglio 2009 cestina questo valore fondamentale dell’uomo. I cittadini di Molfetta rispondono alle domande di Quindici: opinioni, emozioni, paure e proposte in materia d’immigrazione. «Non possiamo fingere che il nostro territorio sia piatto e accogliente come altri Stati europei - ha sottolineato una donna di 64 anni - nessuno ha il coraggio di affermare che l’Italietta è un paese incompiuto e ormai dominato dalla Lega Nord e dal razzismo nazionalista». COSA PENSANO I CITTADINI A MOLFETTA Preoccupazione per la presenza degli immigrati, clandestini e non. Soprattutto, da parte dei residenti del Rione 167 e della zona di nuova espansione, che guardano con ostile diffidenza i gruppi di immigrati che vivono nell’impianto polisportivo all’aperto a ovest della città e nei piccoli edifici di campagna nell’area di Lama Martina. La tenia leghista, ingrassata dalla cronaca nera, si è insinuata nel midollo di un Mezzogiorno italiano da sempre aperto alla convivialità delle differenze. Qualcuno invoca l’intervento drastico delle forze dell’ordine e del Comune per la tutela della sicurezza pubblica, qualcun altro auspica l’istituzione di ronde cittadine per «fare piazza pulita ». Difficile spiegare a certe persone che ormai rumeni e bulgari, considerati clandestini per eccellenza, sono cittadini europei, che gli africani, proprio quelli che elemosinano all’uscita dei supermercati, hanno regolare permesso di soggiorno, come anche albanesi e marocchini. Il cittadino è stanco, annoiato da chi elemosina, snervato della continua paura di essere derubato per strada o in casa: questi sentimenti diventano emozioni facilmente controllabili a proprio uso e consumo. Nell’immaginario collettivo si associa l’idea di immigrato a quella di clandestino: «la diminuzione degli extracomunitari significa meno forze che vanno a ingrossare le schiere delle organizzazioni criminali» (presidente del Consiglio Silvio Berlusconi il 28/01/2010, dopo l’approvazione delle leggi antimafia). Brevissimo il passaggio allo stereotipo di criminale. Lo stesso Sud Italia, crocevia dei flussi migratori, è stato definito dai poteri italian-padani come una terra senza speranza, dove comanda solo la ‘ndrangheta e la mafia. Secondo i dati Istat, con un incremento del 500% del numero di permessi di soggiorno in 20 anni (da 436mila a circa 2milioni), il tasso di criminalità (crimini ogni 100mila abitanti) è rimasto invariato. Sembra esclusa l’ipotesi di una relazione causale diretta tra immigrazione regolare e criminalità. Qualche cittadino molfettese avverte la «necessità di ripensare coerentemente le misure sull’immigrazione». Alcuni commercianti hanno sostenuto il bisogno di «incoraggiare l’immigrazione dei lavoratori che il nostro padiese vuole attrarre, non scoraggiare chiunque abbia interesse a lavorare in Italia» ed «il bisogno che l’Italia ha di quei 200mila immigrati l’anno che sopperiscono ad una popolazione anziana». «È una schifosa bugia - dicono alcuni - la storia degli immigrati che mandano avanti la nostra economia. La manovalanza a costo zero ci lascia nella povertà, riduce la sicurezza. Se gli stranieri andassero via, sarebbero sostituiti dagli italiani disoccupati o impiegati in lavori inutili». A qualcuno non piacciono «i discorsi di utilità riferiti agli stranieri che sono persone e non merci da ordinare in base al bisogno del momento. Viviamo in un sistema economico con i piedi d’argilla, basato sul debito». Si scommette poco sulla multiculturalità dell’Italia, perché «se la cultura è diversa come ci mettiamo d’accordo sulle leggi da scrivere? Integrazione dovrebbe significare accettazione della cultura del paese ospite». Qualcuno, addirittura, la considera «per fortuna, impossibile».

Autore: Marcello la Forgia
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