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Molfetta, un lettore scrive a “Quindici” dopo l'articolo sulle escort del mensile in edicola: sono sconcertato
20 marzo 2014

MOLFETTA – Un lettore scrive a “Quindici” dopo l’articolo sulla escort pubblicato sulla rivista mensile in edicola, ed esprime alcune considerazioni.
Ecco la sua lettera:

«Direttore Felice De Sanctis

Sono rimasto molto sconcertato dall’articolo riguardante la descrizione della vita normale di una escort che, per motivi personali, ha intrapreso questo percorso di vita.

Il mio sconcerto non si riferisce al fatto in se, in quanto, circostanze del genere accadono da sempre e in tutte le zone del mondo, ne tanto per la presunta gravità del fatto che personalmente non riscontro, se non per il semplice fatto che il fidanzato della donna e i suoi genitori sono all’oscuro della vicenda e più che sconcerto potrei definirlo imbarazzo.

La cosa che più mi da fastidio dell’intera vicenda ed è quella che si scatena dopo aver letto la notizia pubblicata è l’ipocrisia.

Scandalizzarsi o fingere di farlo dopo aver saputo di una vicenda simile, non solo è sommamente irritante ma anche idiota da ogni punto di vista. E’ facile addossare la colpa del propagarsi di tali comportamenti sessuali, al mondo in cui viviamo che ci propina ogni giorno esempi deleteri e un abbassamento del valore della donna trasformata in semplice oggetto di piacere e di divertimento, senza pensare che molti di noi, vedono ANCHE, nella donna un semplice oggetto di piacere con cui sfogarsi, esempio è il fatto che a Molfetta come in tutte le realtà in cui i mariti o i fidanzati hanno le amanti ormai non si contano più.

L’argomento che mira ad addossare la colpa al mondo in cui viviamo e al fatto che i mass media puntano quasi esclusivamente, la loro attenzione nel mostrare il centimetro in più del corpo femminile è un’arma spuntata.

I mass media e il mondo in cui viviamo sono accusati di essere senza valori, amorali e senza alcun principio senza ricordare che da moltissimo tempo valori e principi morali sono stati gettati dalla finestra senza complimenti in quanto sorpassati e, diciamolo chiaramente, un impedimento al correre dei tempi moderni che galoppavano e che pretendevano una liberazione da dogmi e barriere morali visti e sentiti come oppressivi e soffocanti.

Le ragazze, in quanto tenderei ad escludere che a Molfetta esista solo un caso e comunque in generale, che decidono consapevolmente di intraprendere questo percorso sono figlie di quella generazione di donne che sul finire degli anni ‘60 parlavano e scendevano in piazza per la rivoluzione e la libertà sessuale, per la dignità della donna e per la sua affermazione anche in ruoli fino ad allora esclusivamente maschili.

Stralciando le lotte femministe che miravano alla dignità e alla parificazione della donna, battaglie giuste e sacrosante, vediamo le cose dal punto di vista sessuale.
Fingere di essere o fare i moralisti quando cinquant’anni fa si scendeva in strada per l’amore libero, per la libertà sessuale e similaria, ha del nauseante, soprattutto se questo moralismo proviene da quelle stesse donne di trent’anni fa, oggi madri delle ragazze che oggi per un motivo o per un altro si concedono dietro pagamento.
Non serve neanche nascondersi dietro il dito della giustificazione risibile del “Noi però intendevamo altra cosa” perché evidentemente le ragazze di oggi assai più emancipate sessualmente delle loro madri, sono state ottime allieve di pessimi maestri che non hanno saputo o voluto far intendere il senso di quelle battaglie e tra l’altro, sarebbe meglio chiudere la bocca davanti a tanto scempio, non solo perché il moralismo e la predica non hanno senso ma soprattutto perchè non si può credersi scandalizzate quando trenta o quaranta anni fa, scendendo in piazza si pretendeva e si è ottenuto di far piazza pulita di quei valori e principi oppressivi che oggi i mammasantissima invocano stracciandosi le vesti come i Farisei.

Evidentemente non erano battaglie di convinzione, ma di moda temporanea che si fa presto a dimenticare dopo qualche decennio, al contrario oggi quelle stesse madri avrebbero taciuto forti dei loro argomenti.

I mass media e soprattutto la tv si sono adeguati a esplicite richieste avanzate con forza trenta anni fa, e a essi non importa se le “femministe” intendevano altro, uno stacco di coscia va bene un punto di share.

Si guardi bene che il sottoscritto non intende mettere all’indice o condannare a roghi virtuali le battaglie sopra citate, ma se non altro ricordarne gli effetti collaterali.

Qualcuna che ancora crede al cattolicesimo si sforzerà di cercare una spiegazione a tanto sfacelo morale e di cercare vie di salvezza tra le stole di preti, vescovi e cardinali o tra i grani di rosari.
Invece anche la Chiesa si apre al mondo secolare così amorale, privo di principi e di valori etici, perché  in crisi e in cerca di fedeli come un ipermercato che ha una perdita di clientela e scende a compromesso: i divorziati, in barba al concetto di peccato mortale macchiatisi in quanto contraenti nuove nozze e dunque bigami, potrebbero avere accesso al sacramento della Comunione dopo un breve periodo di penitenza e di riflessione borbottando velocemente qualche Gloria e qualche Ave Maria.

Il Relativismo si insedia definitivamente a San Pietro alla faccia di quella Chiesa cattolica che lo voleva combattere e che oggi fa a meno del concetto “assoluto” di peccato rendendolo veniale e forse non tale in base al mondo secolare e al modo di intendere le cose.

Per ultimo, la mancanza di lavoro, non è una tesi sufficiente per spiegare il fatto che moltissime ragazze, anche benestanti, decidano di percorrere la strada del sesso a pagamento liberamente, il lavoro è stato progressivamente abbattuto da governi di centro sinistra con la scusa che se non lo avessero fatto loro lo avrebbe fatto il centro destra e quest’ultimo per ideologia liberista. Nessuno si è deciso a scendere in piazza per un diritto negato, il lavoro, adesso si guardi bene dall’aprir bocca per pronunciare scemenze moraliste avendo la coscienza sporca, come nemmeno la tesi che vuole la colpa della chiusura delle case chiuse, se fossero aperte le ragazze, oggi escort, avrebbero deciso, forse liberamente e per spasso di essere dee del sesso a pagamento, il fatto è che se ci si lamenta del mondo amorale e eticamente azzerato forse dobbiamo guardare indietro a quando per “giusta causa” si scendeva in piazza senza immaginare che di sesso ferisce di escort perisce o vede perire le proprie figlie.

Sergio».

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Condivido nulla e niente quanto scritto da tanti pseudo intellettuali, falsi esperti in argomento e scrivani ignoranti. Sembra un elogio alla prostituzione, una visione esclusivamente sessuale dell'amore. – L'esistenza della prostituzione non è un problema essenzialmente morale né un problema puramente economico-sociale; in realtà essa comprende entrambi questi elementi della nostra esistenza. La prostituzione appartiene alla civiltà come l'ombra appartiene alla luce. L'ombra diventa più cupa quando la luce splende più intensa, ed è per questo che la prostituzione appare oggi più diffusa di quanto fosse in passato. La prostituzione comincia quando il piacere sessuale viene separato dall'unione personale. Perciò il tentativo di combattere questa calamità sociale con mezzi legali limitando la lotta al solo fronte4 sessuale è destinato ad un fallimento altrettanto sicuro di quello a cui andò incontro l'esperimento del proibizionismo negli Stati Uniti, o il tentativo di stroncare il contrabbando con regolamenti doganali, o quello di mettere fine alle guerre ricorrendo ai buoni uffici di una diplomazia grottesca e antiquata. Occorre per lo meno una rivoluzione spirituale per raddrizzare le molte storture, comprese quelle sessuali, che sono conseguenze del nostro sistema di vita. Secondo l'opinione comune, la prostituta è una donna che accetta un compenso pecuniario per un servizio essenzialmente invendibile. In realtà il compenso non è sempre e soltanto costituito in denaro, e quindi, dal punto di vista psicologico, è legittimamente attribuire il nome di prostituta ad ogni donna che mette un prezzo a qualcosa che non ha prezzo. Infatti, non si prostituisce soltanto la povera ragazza che vende i suoi vezzi in un vicolo oscuro,, ma anche la milionaria americana che sposa l'erede europeo di un titolo aristocratico, e così pure tutta la legione delle donne che, tra questi due estremi, fanno dei loro favori l'oggetto di un mercato qualsiasi. Tra parentesi, gli uomini che frequentano prostitute si macchiano della stessa colpa, perché chi paga un prezzo si pone allo stesso livello di chi lo accetta. Ora, quali specie di donne si sottomettono volontariamente al triste commercio della prostituzione? Accurate indagini hanno dimostrato che la prostituta è un essere difettoso non solo moralmente, ma anche mentalmente. Le manca il senso del valore fondamentale, quello della persona umana, e quindi il senso di tutti i valori che da esso derivano, compresi quelli della comunità e del lavoro. Essa è pigra, vana, irresponsabile, prodiga, disordinata, ecc.. Ma una cosa non è mai: sessualmente compiuta. In conseguenza del suo generale infantilismo, essa ricorre alla funzione genitale per ottenere scopi non sessuali, appunto come fanno i bambini. Se si riflette sulla psicologia delle prostitute e degli uomini che le frequentano, viene fatto di pensare che Dio, o la provvidenza, o chiunque altro sia responsabile di questa sorta di cose, abbia creato un tipo di donna difettosa con l'espresso proposito di darla in compagna a tipi di uomini difettosi.

E' opinione comune che il dolore e la tristezza dovrebbero essere evitati in tutte le circostanze, la gente spesso crede che l'amore significhi l'assenza di ogni conflitto; e trova ottime ragioni per sostenere questa teoria nel fatto che la lotta che li circonda sembra loro solo uno scambio distruttivo che non porta niente di buono alle persone coinvolte. Ma le ragioni di ciò stanno nel fatto che i “conflitti” della maggior parte della gente sono in realtà tentativi per evitare “veri” conflitti. I veri conflitti tra due persone non sono mai distruttivi. Portano alla chiarificazione, producono una catarsi dalla quale entrambi emergono con maggiore esperienza e maggiore forza. L'amore è possibile solo se due persone comunicano tra loro dal profondo del loro essere, vale a dire se ognuna delle due sente se stessa dal centro del proprio essere. Solo in questa esperienza profonda è la realtà umana, solo là è la vita, solo là è la base dell'amore. L'amore sentito così, è una sfida continua; non un punto fermo, ma un insieme vivo, movimentato; anche se c'è armonia o conflitto, gioia o tristezza, è d'importanza secondaria dinanzi alla realtà fondamentale che due persone sentono se stesse nell'essenza della loro esistenza, che sono un unico essere essendo un unico con se stesse, anziché sfuggire se stesse. C'è una sola prova che dimostri la presenza dell'amore: la profondità dei rapporti, e la vitalità e la forza in ognuno dei soggetti. Cos' come gli automi non possono amarsi tra loro, essi non possono amare Dio. La disintegrazione dell'amore per Dio ha raggiunto le stesse proporzioni della disintegrazione dell'amore per l'uomo. Questo fatto è un classico contrasto con la teoria di una rinascita religiosa nell'epoca attuale. Assistiamo invece al regresso da un idolatrico concetto di Dio, verso un concetto che si adatta ad una struttura di carattere diverso. Il concetto idolatrico di Dio è evidente. La gente è dominata dall'ansia, senza fede né principi, e si trova senza uno scopo tranne quello di andare avanti; di conseguenza si trova a restare infantile, a sperare che il padre e la madre continuino a venire in suo aiuto, quando l'aiuto è necessario. La vita quotidiana è nettamente separata da ogni valore religioso. E' dedicata allo sforzo di procurarsi le cose materiali e il successo personale. I principi sui quali si sforzano i nostri sforzi sono quelli dell'indifferenza e dell'egotismo (il primo spesso camuffato come ” individualismo” o “iniziativa personale”). L'uomo moderno ha trasformato se stesso in oggetto; sente la propria energia vitale come un investimento dal quale vorrebbe trarre il massimo profitto; è staccato da se stesso, dai suoi simili e dalla natura. La vita non ha altro scopo se non quello di fare uno scambio equo, nessuna soddisfazione tranne quella di godere. L'Amore? Uno dei tanti prodotti commerciali? Che mondo è questo mondo?

Pensiamo ai vantaggi della specie umana: essi compensano in amore tutti i doni che la natura ha largito agli animali, forza, bellezza, leggerezza, rapidità. Ci sono animali che non conoscono il piacere. Certi pesci non ne hanno la minima idea: la femmina depone sul fondo milioni di uova, e il maschio che le trova passa su di loro fecondandole col proprio seme, senza sapere qual femmina le ha fatte. E la maggior parte degli animali che si accoppiano in modo simile a noi, provano piacere con un sol senso, soddisfatto il quale, tutto è finito. Nessun altro animale all'infuori dell'uomo conosce quelle strette in cui tutto il corpo è sensibile; quei baci in cui le lebbra gustano la voluttà che mai non stanca. E questi piaceri appartengono solo alla nostra specie; la quale sola d'altronde può abbandonarsi all'amore in ogni stagione dell'anno, mentre gli animali hanno per questo un'epoca stabilita. Se riflettiamo su questi privilegi, potremmo dire col conte di Rochester: "L'amore, in un paesi di atei, obbligherebbe ad adorare la Divinità". E siccome gli uomini hanno il dono di perfezioanre tutto ciò che la natura ha concesso loro, hanno anche perfezionato l'amore. La pulizia, la cura di se stessi, rendendo la pelle più delicata, aumenta i piaceri del tatto, e la cura della propria salute rende gli organi della voluttà più sensitivi. Tutti gli altri sentimenti entrano poi nell'amore, come metalli che si amalgamo con l'oro: l'amicizia, la stima, lo ringiovaniscono; i pregi fisici e morali fanno più forte le sue catena. - Nam facit ipsa suis interdum foemina factis. Morigerisque modis, et mundo corpore culta. Ut facile insuescat secum vir degere vitam". (Lucrezio)

In tutti questi “battibecchi”, si dimentica l'AMORE”. L'Amore non si cura delle qualità manifeste, ma scende nel profondo per scoprire il valore vero ed essenziale. L'Amore indovina tutte le doti, tutte le qualità potenziali ancora assopite, le porta alla luce e in tal modo accresce il valore della persona amata. Gli stessi punti di vista si ritrovano in molti autorevoli pensatori e studiosi dell'Amore e delle sue diversità e condizioni. Vladimir Solovyev: “Noi possiamo conoscere nella mente e attraverso la mente l'immagine divina che è insita in ogni essere umano, ma attraverso l'Amore noi afferriamo il significato assoluto di una personalità. Ma è assurdo e blasfemo asserire che un individuo possegga questo significato nella sua particolarità e nel suo isolamento: il contenuto ideale e la persona empirica non sono che due aspetti separati della stessa persona, e solo attraverso una fede saldissima e in virtù dell'intuizione dell'amore noi possiamo riconoscere che il contenuto ideale non è puramente soggettivo, ma è la verità che brilla attraverso il fenomeno contingente;” – “Il significato dell'Amore, generalmente parlando, è la giustificazione e l'affermazione dell'individualità attraverso il sacrificio dell'egoismo.” Lo spagnolo Josè Ortega y Gasset, nel suo saggio “Dell'Amore” scrive: “ L'Amore è un torrente che scaturisce dalla nostra personalità. Non è un modo di essere statico, ma un movimento verso la persona amata. L'Amore è un'azione emotiva, una vibrante e disinteressata partecipazione affermativa alla vita di un altro essere. L'Amore è anelito alla perfezione.” Tutti i grandi pensatori dicono la stessa cosa riecheggiando le parole di Platone, e tutto ciò che essi dicono si può riassumere così: l'amore non è un'emozione o un desiderio, ma un atto conoscitivo col quale noi cogliamo la vera essenza di un'altra persona; è una connais-sance du coeur, come la chiama Pascal. Ma noi non conosciamo questa persona solo nel modo astratto o staccato con cui conosciamo i fatti scientifici: ci avviciniamo a lei con un moto di tutto il nostro essere e con lei ci fondiamo. E' una conoscenza, una fusione “vitale”, “ontologica” o, per dirla con termine moderno, “esistenziale”. Nulla è più falso di quel proverbio secondo cui l'Amore è cieco; ma vi è in esso un grano di verità, se lo interpretiamo nel senso che l'Amore, pur essendo cieco per tutto ciò che esiste fuori dal regno dell'Amore, apre gli occhi davanti ad ogni cosa degna di essere amata.
Vengo dal fondo della valle dove, signore, quando sei giovane ti fanno crescere per farti fare il lavoro che faceva tuo padre. Io e Manola ci incontrammo al liceo quando lei aveva diciassette anni. Ci allontanammo in macchina da questa valle verso posti dove i campi sono verdi. Andammo giù al fiume e nel fiume ci tuffammo, oh corremmo giù al fiume. Poi misi incinta Mary e, amico, questo fu tutto quello che mi scrisse, e per il mio diciannovesimo compleanno ricevetti un libretto di lavoro e un abito di matrimonio. Andammo fino al municipio e il giudice mise tutto in regola. Nessun sorriso il giorno delle nozze, nessun corteo nuziale, nessun fiore, nessun abito da sposa. Quella notte andammo giù al fiume e nel fiume ci tuffammo: oh corremmo giù al fiume. Trovai un lavoro di manovale per la Johnstown Company, ma in seguito non c'era più molto lavoro a causa della crisi economica. Ora tutte quelle cose che sembravano così importanti, bhe signore, sono svanite nell'aria. Ora mi comporto come se non la ricordassi Manola, come se non gliene importasse. Ma ricordo che giravamo nell'auto di mio padre, il suo corpo bagnato e abbronzato giù al bacino. Di notte giacevo sveglio su quelle sponde e la stringevo forte a me solo per sentire ogni suo respiro. Ora questi ricordi ritornano e mi tormentano, mi tormentano come una maledizione. E' un sogno, una bugia, se non diviene realtà o qualcosa di peggio ancora che mi manda giù al fiume, sebbene io sappia che il fiume è secco. Giù al fiume, io e il mio tesoro! Oh, corremmo giù al fiume. (The River – Bruce Springsteen)

Intanto sono arrivato nella strada di Manola. Allora, mentre parcheggio l'automobile nel solito luogo in cui l'ho messa per tanti anni, ecco d'improvviso, il dio onnipresente e onnipotente che, secondo “lui”, dovrei venerare, eccolo trasformarsi, in maniera sconcertante, nel solito individuo frivolo, impudente, intemperante, avventato, leggero e scriteriato…………..eccolo. esclamare, tutto arzillo: “Abbassa gli occhi, guardami. Che ne dici? Tutto questo per Manola. Non vedo l'ora di rivederla. Sono proprio contento di ritornare a casa.” E' così enorme che nel minuscolo ascensore mi costringe a mettermi di sbieco, perché, per dritto, con “lui” in quello stato mai visto, non posso starci. L'ascensore comincia a salire. E allora, ecco, “lui” prende a sbraitare: “Liberami, tirami fuori, lasciami respirare. “ – “Qui in ascensore? Tu sei matto?:” – “No, non sono matto. Voglio che facciamo una sorpresa a Manola e voglio che Manola comprenda che sono stato io a volere il tuo ritorno in famiglia e la vostra riconciliazione.” – “Va bene, appena in casa ti metterò in libertà.” _ “No, qui! Devi farlo qui e subito.” – “L'ascensore ha le porte coi vetri, qualcuno potrebbe vederti.” – “Voglio che mi vedano. Lo voglio. Voglio che tutti vedano la bellezza del mondo.” Così non c'è niente da fare. Lo accontento. Disgraziatamente, proprio in quel momento oltrepassiamo il pianerottolo del terzo piano. Una faccia di vecchia, rispettabile signora dal viso macilento incorniciato dai capelli bianchi, mi appare per un momento mentre sbarra gli occhi alla vista di “lui”, al di là dei vetri. Dico costernato: “ La conosco, mi ha riconosciuto; una coinquilina. Come potrò d'ora in poi neppure guardarla in faccia? Dimmi tu come potrò.” – “Ha visto la bellezza del mondo, forse per la prima volta in vita sua. Niente paura.” Quarto, quinto, sesto, settimo piano. L'ascensore si ferma e io discendo, preceduto da “lui”. Suono, una due volte. Sento un leggero tramestio. Poi la voce di Manola che domanda: “Chi è? – “Sono io, Fausto.” La mano di Manola disserra il catenaccio, la porta si apre, Manola appare sulla soglia, in vestaglia. Mi guarda, poi abbassa gli occhi, “lo” vede e allora, senza dir parola, tende una mano ad afferrar”lo”, come si afferra la cavezza di un asini per farlo camminare. Adesso mi volta le spalle tirandosi dietro “lui” e, con “lui”, me. Entra in casa; “lui” le viene dietro; io seguo tutti e due. (Tratto e corretto nei nomi da: Io e Lui – Alberto Moravia.



Chi, per chi e per quali giustificati motivi si definisce l'incontro tra una prostituta e cliente un incontro tra disgraziati? Tutto questo non è dimostrato. La vita umana è costituita da un gran numero di funzionji biologiche o mentali strettamente intrecciate tra loro e collegate a loro volta con molte istituzioni ed organizzazioni che spesso sono coinvolte in una lotta per la supremazia. Queste istituzioni ed organizzazioni impongono la loro volontà all'individuo per mezzo di leggi, convenzioni e religioni, per mezzo di codici etici e morali, per mezzo delle enunciazioni della scienza e delle predominanti correnti estetiche. Ciascuna di queste istituzioni reclama imperiosamente la supremazia, e la vita dell'uomo è il campo di battaglia sul quale esse lottano per conquistarla. La complessità della nostra esistenza deriva dal fatto che qualunque nostro atto trova immediatamente un posto in tutte queste diverse sfere. Noi dobbiamo mangiare, per esempio, ma non appena tentiamo di procurarci il cibo ci troviamo impigliati nelle reti di un sistema economica; e poiché soltanto la luna appartiene a tutti, dobbiamo far denaro per comprare il cibo; qui entra in gioco la legge, e anche quando noi restiamo entro i limiti della legge scopriamo che tutti i nostri sforzi per far denaro sono intralciati dai regolamenti e dalle restrizioni imposti dalle convenzioni sociali, dalle organizzazioni professionali, o anche soltanto dalle considerazioni morali o perfino estetiche. Così va a finire che per parecchia gente il far denaro è una “sporca faccenda”. In nessuna parte della nostra vita questa lotta delle istituzioni per la supremazia è così accanita come nel dominio sessuale. Poiché l'istinto sessuale è il più forte di tutti gl'istinti, ciascuna di queste autorità mira ad affermare i propri esclusivi diritti su esso e cerca di imbrigliare per i propri fini questo impulso irresistibile. Se un uomo ama una ragazza, le dottrine religiose scendono in campo, i codici morali accampano i propri diritti, le conseguenze sociali non possono essere dimenticate; se l'uomo e la ragazza vogliono vivere insieme, bisogna soddisfare certe condizioni legali e qualche volta superare pregiudizi di natura razziale o d' altro genere, senza contare che fin troppo spesso i fattori economici si mettono di mezzo innalzando ostacoli insormontabili sul sentiero dell'uomo e della ragazza. Questo stato di cose ha avuto una conseguenza che, per quanto deplorevole, sembra comunque inevitabile: chiunque esprima un punto di vista o enunci una teoria sui problemi sessuali, suscita immancabilmente l'opposizione dei fautori delle scuole dottrinarie e dei raggruppamenti sociali., le cui idee sono in contrasto con quelle esposte. Per punire l'incauto, ci sono sempre roghi accesi, tribunali adunati, porte di prigione aperte e ordini di deportazione bell'e pronti. Ma in tempi recenti uno stuolo più numeroso di scienziati si sono resi conto che questa arrogante pretesa è tanto ingiustificata e insostenibile quanto le precedenti analoghe pretese della Chiesa. Rapporto tra “disgraziati”? Scriveva Pascal: “…..si scrivono cose che si possono dimostrare soltanto chiedendo di meditarle con la propria testa”. Analogamente, avviene spesso di dire cose che si possono chiarire soltanto porgendo orecchio a se stessi. -


No, cara Rosy, il “viaggio” continua. Il problema si presenta anche sotto un altro aspetto. Qualcuno potrebbe chiedere che cosa ci sia da imparare dalle prostitute. Forse che l'istinto dell'accoppiamento e della procreazione non è lì, pronto a guidare i primi passi dei giovani su questo sentiero sdrucciolevole? Credo che le persone più qualificate a rispondere a questa domanda siano quelle giovani mogli i cui matrimoni rischiano di essere guastati dalla totale ignoranza e inesperienza degli “innocenti” mariti. Certo, esiste l'istinto sessuale, ma non si deve dimenticare che nulla nella vita umana viene fatto per istinto. In particolare l'istintivo bisogno sessuale è strettamente intrecciato al vasto complesso delle “relazioni umane”, dalle quali riceve guida e protezione. Inoltre, uno dei difetti della civiltà consiste nel fatto che l'unità della vita personale è spezzata, cosicchè l'istinto viene sviato oppure dev'essere ricondotto sulla retta via dall'intelletto: questa combinazione singolare, in certo modo artificiale, di istinto e d'intelletto e ciò che si chiama “tecnica”. Il servizio che le prostitute rendono all'adolescente,e attraverso la sua persona alla società, e di insegnarli la tecnica della vita sessuale e di offrirsi come oggetto di esperimento. Il carattere impersonale dell'associazione è essenziale per questo scopo, poiché ogni contatto emotivo verrebbe in conflitto con l'indifferenza verso tutto ciò che non rientri nell'atto puro e semplice. E questo addestramento pratico è indispensabile per la buona riuscita di un atto così complesso come il rapporto amoroso. Non c'è cosa più mortificante, per chi voglia esprimere un'emozione, che la disparità tra la dovizia delle emozioni che si vorrebbero esprimere e l'insufficiente padronanza dei mezzi espressivi. Naturalmente il giovane non si aspetta dalla prostituta un beneficio di carattere educativo, al contrario, ma soltanto sollievo e piacere fisico; comunque, per quanto inconsapevolmente, egli ottiene molto di più, e ciò si può attribuire ad una particolare astuzia della natura. Il secondo gruppo di clienti delle prostitute è composto da neurotici. Essi sono, almeno biologicamente, completamente sviluppati, ossia adulti. Ma la paura, che è il fenomeno centrale della mentalità neurotica, li trattiene dall'iniziare vere relazioni, personali e complete, con le donne. Il contatto e l'unione hanno per loro il significato di una resa e di una prigionia. Essi confondono la dedizione con la rinuncia. L'unirsi con un'altra persona significa per loro perdere la propria personalità. Essi considerano le emozioni come altrettanto esche che possono attirarli in una trappola; perciò fiutano il pericolo, là dove gli altri cercano la felicità. Così si rivolgono alle sole donne che offrono un'associazione di assoluta sicurezza. La prostituta viene loro in aiuto: l'anonimato e la transitorietà di una relazione danno a questi uomini la sicurezza di cui hanno bisogno. Ma i veri clienti della prostituta , certamente i più numerosi, sono coloro che si potrebbero chiamare “uomini della strada”. Questo tipo di uomo non diventa mai maturo: la natura primitiva e rozza della sua personalità gli impedisce per sempre di arrivare a quella fusione di mente e di corpo che costituisce la sessualità perfetta. Il termine “prostituta” non deve essere limitato a quelle ragazze che ricavano un certo guadagno dal loro mestiere, ma che la mentalità di prostituirsi, per qualsiasi scopo, pervade tutta la nostra società. Questo giudizio vale anche per gli uomini, non tanto perché essi si prostituiscono (cosa che del resto fanno abbastanza spesso) quanto per il loro modo di vivere. -


In questo stato di cose dobbiamo ricercare la ragione esistenziale del predominio degli uomini sulle donne. Se le donne tentano di competere con gli uomini, esse tentano l'impossibile: l'impossibile perché ciò è contro la loro vera natura e contro la tendenza della storia. Tutto ciò che esse possono raggiungere è la parità in certi strati superficiali, quali, per esempio, la sfera economica ovvero il servizio militare. Ma tutte queste considerazioni giustificano forse il concetto di una essenziale superiorità degli uomini? Niente affatto. Dallo studio della storia si può trarre una singolare osservazione che non è stata apprezzata in tutto il suo valore: in tutti i secoli la posizione riconosciuta pubblicamente alle donne varia in ragione inversa della stima di cui esse hanno goduto in privato. La ragione della diversa posizione assunta dalle donne nella vita pubblica si può trovare nella maggiore o minore importanza che una data nazione o un dato periodo storico attribuiscono all'elemento spirituale nella esistenza umana; e questo grado di importanza decide del carattere di quel popolo o di quel periodo storico. Nella sfera biologica, la donna genera i figli dell'uomo e così lo libera dal suo isolamento, lo inserisce nel ciclo delle generazioni e dà immortalità al suo nome. Nella sfera economica-sociale, il germe dell'organizzazione sociale deve ricercarsi, in effetti, nella donna e nei suoi figli e nei figli dei suoi figli. Oppure “le donne formano il nucleo sociale delle primitive organizzazioni, quel punto fisso al quale gli uomini ritornavano dopo aver compiuto le loro imprese”. Le donne, per prime, praticarono l'agricoltura e l'artigianato, permettendo così all'uomo di dedicarsi alle proprie occupazioni, alla guerra e alla caccia. Ancora adesso sono gli uomini che combattono; e quanto alla caccia è cambiata soltanto la selvaggina: invece di belve essi inseguono il potere, la ricchezza e la fama. Anche nella sua più nobile realizzazione, nel costruire una civiltà, l'uomo trova nella donna la sua collaboratrice indispensabile. Ed ecco, in breve la soluzione del problema. Una donna di colore cammina dietro suo marito, portando pazientemente sulle spalle un pesante fardello. Qualcuno (certamente doveva essere un europeo senza tatto) le domandò perché fosse lei, e non suo marito a portare il carico; ella rispose: “Se un leone ci attaccasse e mio marito fosse impacciato dal carico, che cosa accadrebbe di me?”. Vi è un numero incredibile di leoni sparsi per il mondo, ma vi sono ben poche donne prudenti..............


Bellissimo! Stupefacente! Dallo “squallore” iniziale, ovvero la prostituzione, siamo passati agli “angeli”: bianchi, neri, portatori di caos o di ordine. Come non tuffarsi con coraggio in questo labirinto di credenze e pensieri. – Angelo, era, in greco, “messo”, “inviato”. Non si sarà gran che più istruiti al riguardo, a sapere che i Persiani avevano i loro Peri, gli Ebrei i Malakim, i Greci i loro Daimonoi. Ma ci istruirà forse di più rammentare che una delle prime idee degli uomini è sempre stata di situare fra noi e la Divinità degli esseri intermedi; e son precisamente questi demoni o geni che immaginarono gli antichi. L'uomo fece sempre gli dèi a sua immagine: siccome i prìncipi comunicavano i loro ordini per mezzo di messaggeri, così la Divinità mandava i suoi corrieri: Mercurio, Iride, erano dei corrieri, dei messi. Gli Ebrei, questo popolo unico guidato da Dio in persona, sulle prime non diedero alcun nome agli angeli che la Divinità si degnava di mandar loro: adoperarono i nomi che erano in uso presso i Caldei quando la nazione giudaica fu in cattività con Babilonia; Michele e Gabriele sono nominati per la prima volta da Daniele, che era schiavo dei Babilonesi; l'ebreo Tobia che viveva a Ninive, conobbe l'angelo Raffaele che si accompagnò al proprio figlio per aiutarlo a ricuperare del denaro che gli era dovuto dall'ebreo Gabaele. Nelle leggi degli Ebrei, cioè nel Levitico e nel Deuteronomio, non c'è il minimo accenno all'esistenza degli angeli, e neppure quindi al loro culto; così i Sadducei non cedettero mai agli angeli. Ma nei libri storici ebraici se ne parla molto. Questi angeli erano corporei; avevano delle ali sulla schiena, come i Gentili avevano immaginato che le avesse Mercurio ai piedi; e talvolta nascondevano le loro ali sotto i vestiti. E come non sarebbero stati corporali, dato che bevevano e mangiavano, e che gli abitanti di Gomorra tentarono di commettere degli atti di pederastia sugli angeli che si recarono da Loth? La storia della caduta degli angeli non si trova nei libri di Mosè; la prima testimonianza al riguardo è quella del profeta Isaia, il quale, apostrofando il re di Babilonia, esclama: “Che cosa è divenuto l'esattore dei tributi? I pini e i cedri si rallegrano della sua caduta. Come tu sei caduto dal cielo, o Hellel, stella del mattino? “ Questo Hellel è stato tradotto con la parola latina Lucifer; e poi, in senso allegorico, si è dato il nome di Lucifero al principe degli angeli che mossero guerra al cielo; e finalmente questo nome, che significa “portatore di luce”, e “aurora”, è divenuto il nome del diavolo. L'antica mitologia dei buoni e cattivi geni essendosi trasferita dall'Oriente in Grecia e a Roma, noi cristiani abbiamo consacrata questa credenza , ammettendo per ciascun uomo un buono e un cattivo angelo: quello per assisterlo, e questo per nuocergli, dalla nascita fino alla morte; ma non si sa ancora se questi buoni o cattivi angeli passano continuamente dal lor posto a un altro, o se vengon degli altri a dar loro il cambio. Non si sa precisamente dove stiano gli angeli: se nell'aria, nel vuoto, o nei pianeti; Dio non ha voluto che ne fossimo istruiti. -


Tutti conosciamo dei ciechi, dei monocoli, degli strabici, dei presbiti, dei miopi, delle viste acute, confuse, deboli o instancabili. Questi fenomeni possono dare un'immagine abbastanza fedele delle qualità e difetti del nostro intelletto. Ma non esistono occhi che vedono falso. Non ci sono uomini che prendano sistematicamente un gallo per un cavallo, o un vaso da notte per una casa. E perché si trovano tanto spesso dei cervelli, abbastanza precisi su tante cose, che non funzionano per nulla su cose importantissime? Per quale strana anomalia tanti uomini sensati rassomigliano poi a don Chisciotte – nel nostro caso Guy Fawkes - il quale credeva di vedere dei giganti dove gli altri uomini non vedevano che dei mulini a vento? Perché don Chisciotte, ossessionato dall'idea di dover combattere dei giganti, poteva facilmente arrivare a figurarsi che un gigante deve avere almeno la taglia di un mulino, e le braccia lunghe quanto le ali di un mulino a vento; ma da quale presupposto potrà mai partire un uomo per arrivare a persuadersi che la metà della luna è entrata nella manica di un altro uomo, e che un Dio rispettabile come Sammonocodom è sceso dal cielo per venire a condurre il cervo volante nel Siam, e per tagliare una foresta, e giocare ai quattro cantoni? Se insegniamo a tutti gli energumeni di questo tipo un po' di geometria, essi la imparano abbastanza facilmente. Ma, strana cosa, il loro cervello non si raddrizza per questo: essi scorgono la verità della geometria, ma ciò non li abitua a pesare le probabilità. Hanno ormai preso il loro dirizzone, e ragioneranno storto per tutta la vita. Me ne dispiace per loro.

E' un dovere continuare Rosy Deriveter, l'argomento ben lo merita. “…….un “jardin secret”, come dice Daudelaire! – Tale segreto è custodito dalla vergogna, e poiché a quell'età, più forse che in qualsiasi altro periodo della vita, il sesso e l'esperienza più nuova, più singolare e quindi più intima, ecco che diventa il principale oggetto di vergogna. E' un segreto che bisogna rispettare, e non bisogna metterlo in pericolo con l'”educazione sessuale”, comunque essa venga intesa. Se le madri tentano di abbassare la relazione madre-figlia al livello dell'amica, esse sacrificano la distanza essenziale tra le generazioni, il rispetto per i più vecchi diventa familiarità e critica tra eguali, il mistero svelato, nulla né più lasciato alla protezione della vergogna, e queste figlie crescono in un'esistenza senza profondità, né radici né segreti. Spesso la pretesa alla progressività e al modernismo è soltanto uno schermo che nasconde l'insensibilità ai valori essenziali, e la vergogna è una delle prime vittime di questa aberrazione morale. La vergogna ha bisogno di protezioni, per poter proteggere a sua volta non le convinzioni della civiltà, ma gli elementi più teneri della natura umana. Partendo dal sesso, che in certo qual modo è la sua origine e la sua matrice, la vergogna protegge più tardi titta la nostra personalità, non sotto forma di vanità, ma come un giusto senso di auto-stima: non occorre che ci vergogniamo dei nostri errori, ma dobbiamo vergognarci quando ci facciamo beffa di noi stessi.

Più che il “moralismo” è la cultura al maschilismo a prevalere e lo si noto molto bene in tutto quello che scrive il “giovane” o “vecchio” Ignazio. Un richiamo di colpa solo alla femmina, quando invece le stesse richieste di colpa dovrebbero essere rivolte anche al maschio. “La dignità di una donna, delle proprie figlie non ha prezzo”. Quella di un uomo? “La dignità non vale meno del denaro, di una borsa o vestito firmato”. Quella di un uomo? “E' una vergogna vendere il proprio corpo per avere beni di lusso.” E' anche una vergogna comprare lo stesso corpo? “… “una donna non può vendere il suo corpo per il denaro.” Un uomo può invece comprarlo? “Con che coraggio guardate in faccia i vostri cari compresi i vostri figli quando terminate di "lavorare"? Con che coraggio voi uomini guardate in faccia i vostri cari quando tornate a casa, dopo un rapporto sessuale a pagamento con una prostituta”? – Il problema, forse, è sempre nell'ambito culturale contemporaneo, sono scomparse due parole nella nostra cultura: “scrupolo” e “vergogna”. Lo “scrupolo” dovrebbe essere una malattia politica. Nessun uomo, senza la malattia dello “scrupolo” dovrebbe far politica. Un certificato medico dovrebbe confermare la malattia. La “vergogna”, invece, fa al nostro caso. C'è una tendenza a considerare la “vergogna” come un indesiderabile sottoprodotto della civiltà e come il risultato di un moralismo superato. Il realtà, l'analisi psicologica e l'etnologia confermano che il senso di vergogna fa parte del più antico patrimonio dell'umanità. Non v'è tribù primitiva che non dimostri un senso di vergogna, sia pure rudimentale, e così pure fanno i bambini piccoli; durante lo sviluppo dell'umanità e degli stessi individui, il numero degli oggetti protetti dalla vergogna tende ad aumentare, ecco tutto. La protezione è la funzione specifica della vergogna, mentre la “concupiscenza” è il vero opposto della vergogna. La mancanza di pudore è un atteggiamento di indifferenza emotiva che permette di fare cose che altrimenti non si farebbero, mentre la concupiscenza è la sensazione dinamica che ci conduce a fare cose che non dovremmo fare. Troppi genitori, per esempio, vanno fieri di essere i confidenti dei loro figli. Non sanno quanto sia essenziale, per i ragazzi che crescono, possedere e proteggere qualche cosa che appartenga interamente a loro, un profondo segreto, un “jardin secret” come dice Baudelaire. - In poche parole: facciamo proprio schifo: V E R G O G N A!

Ritorniamo al passato. La "ruffianeria" fa parte della cultura molfettese. Con questo non voglio dire un paese di ruffiani, Molfetta è anche un paese di gente onesta, laboriosa, educata e civile; diciamo che prevale, anche per maggior clamore, la ruffianeria e suoi ruffiani. Le ragazze che frequentavano le scuole medie superiori e non solo, si prostituivano a Molfetta solo perchè a Molfetta trovavano accoglienza grazie ai tanti "ruffiani" disposti a prestare la loro opera di benefattori: il maggior numero di ragazze che si prostituivano "non erano di Molfetta", venivano dai paesi limitrofi. Molfetta fu definita la "Città delle belle donne" proprio dagli abitanti di quei paesi, per nascondere le "proprie belle donne". Caso analogo in quegli anni, fu la convinzione che le mogli dei naviganti fossero delle "belle donne" causa la lontananza dei loro mariti. Anche in questa credenza metropolitana, si volle nascondere invece, il contrario, non molto strano a dirsi, tante di "belle donne" erano quelle i cui mariti uscivano di casa la mattina per rientrare in giornata, e i motivi sono tanti, inutile elencarli. Quello che faceva più pena, (anche schifo) erano le "dispute" di possesso e appartenenza fra cittadini molfettesi, donne e uomini, dispute queste, ancora in atto causa la grave crisi economica che ci ha colpiti. In questa crisi economica si mette ancora più in luce la "ruffianeria",non solo a Molfetta ma dappertutto, anche se vogliamo nasconderla per "falso" orgoglio. Malcostume e ruffianeria la fanno, purtroppo, ancora da padroni come in passato anche nel presente. Sarà così anche in futuro?



L'amico Sergio, con il suo scritto, fa un'analisi abbastanza completa dei fenomeni pregressi che ci hanno portato a questi "estremi". Fa riferimento alla rivoluzione delle Donne che, nella seconda metà del secolo scorso, hanno voluto rivendicare il loro ruolo, che non era quello dello stereotipo della donna: mamma, "regina" della casa, in alcuni casi, "fattrice" (senza offesa). Non vi è dubbio che le nostre mamme/nonne vivessero una condizione che, dati i tempi e la cultura, le rendeva forse felici o almeno appagate. Il ruolo dei media: ha modificato radicalmente, forse un po' troppo, il punto di vista della donna, così detta emancipata. Non che il modello fosse errato (in ogni Società esiste una classe di donne che godono/subiscono particolari condizioni di benessere?) è stata la ossessiva reiterazione di tale modello ad essere forse erroneamente percepito quale quello che spettava al Genere. La Famiglia, l'Istituzione, la Scuola, perfino la Chiesa dovrebbero essere chiamate e rispondere di questa modificazione del Costume su modelli non veritieri in toto. Alla Signorina che svolge anche l'attività di "escort", pur volendo apparire ..."normale", secondo il mio modesto parere va riconosciuto un merito: ha coraggio da vendere a rendere pubblico un vizio, un'inclinazione, un'attività (fate un po' voi) che ai più appare sconveniente. E che dire allora, di noi maschietti che, alcuni di noi, ovviamente, magari critichiamo e ci scandalizziamo, però siamo anche "utilizzatori finali". Dunque non credo che il prostituirsi per bisogno sia meno condannabile del farlo per "riempimento" della vita. Nessuno di noi dovrebbe giudicare, ma molto semplicemente dovremmo, tutti uomini e donne, capire quale è il problema. Poi ci sarà qualcuno/a, molto più saggio/a che potrà trovare, esistendo, il rimedio. La ricerca del primato, in tutto e per tutti, è datato: ricordiamo la famosa espressione coniata negli anni '80, e cioè "l'edonismo reaganiano"? Era una locuzione inventata per descrivere certi comportamenti che probabilmente hanno modificato le Società.




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