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Molfetta, serata di riflessione organizzata dall'Azione Cattolica
07 gennaio 2011

MOLFETTA - La pace è un dono di Dio e al tempo stesso un progetto da realizzare, mai totalmente compiuto. Una società riconciliata con Dio è più vicina alla pace, che non è semplice assenza di guerra, non è mero frutto del predominio militare o economico, né tantomeno di astuzie ingannatrici o di abili manipolazioni. La pace invece è risultato di un processo di purificazione ed elevazione culturale, morale e spirituale di ogni persona e popolo, nel quale la dignità umana è pienamente rispettata.
Invito tutti coloro che desiderano farsi operatori di pace, e soprattutto i giovani, a mettersi in ascolto della propria voce interiore, per trovare in Dio il riferimento stabile per la conquista di un’autentica libertà, la forza inesauribile per orientare il mondo con uno spirito nuovo, capace di non ripetere gli errori del passato.
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Dal Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace 1° gennaio 2011.
L’Azione Cattolica Italiana della Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi ed il Punto Pace PAX CHRISTI di Molfetta hanno organizzato per domenica 9 gennaio 2011, alle ore 18,30 presso la parrocchia San Bernardino in Molfetta un momento di riflessione ed adorazione, preceduto dalla celebrazione eucaristica, sul messaggio di Sua Santità Benedetto XVI in occasione della XVI Giornata Mondiale della Pace, 1° gennaio 2011. 

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La pace non può venire da noi stessi come risultato della nostra volontà, ma nemmeno arriva come una qualche concessione del potente o di altri che ce la regalano con condiscendenza, come un'elemosina. La pace non può esserci data nè, tantomeno imposta da altri: ci sentiremmo a disagio, se non forzati, in stato di non equilibrio e, di conseguenza, di mancanza di pace. Non possiamo nè avere nè assaporare la pace se essa è alla mercè di un donatore, per buono che sia. La pace non fiorisce nel regno dell'eteronomia. Ai tempi di una fede ingenua e acritica in un Dio onnipossente, la pace ci sarebbe potuta venire forse da questo essere Supremo che può persino permettersi il lusso di predestinare alcuni alla pace eterna ed escluderne invece altri. Buona parte (la parte buona) della coscienza attuale dell'umanità sente questo stato di cose come un affronto tanto alla dignità umana quanto alla natura stessa del Divino. La pace non può essere il dono di un capriccioso essere “onnipossente”. Nessuno può sentirsi in pace se è alla mercè dell'altro, anche se lo chiama “l'Altro”. Il Divino non è né il mio stesso io (panteismo o monismo) né un altro (monoteismo o dualismo). La pace è un frutto dello Spirito Santo, dice la tradizione cristiana; un qualcosa che appartiene all'albero stesso della realtà, anche se può non arrivare a fiorire e a maturare. La pace può solo essere un'armonia della stessa realtà della quale siamo partecipi quando ci troviamo a ricevere per non porre ostacoli al ritmo della realtà, allo Spirito e alla struttura ultima dell'universo o come altro lo si voglia chiamare. La grande difficoltà contemporanea consiste nell'avvicinarsi a questo dono in questo “quarto mondo” che abbiamo costruito.
La pace – Il problema è antropologico, geologico e anche teologico. Abbiamo superato il limite di tolleranza del bios terrestre e della psiche umana, i due terzi del mondo sono sempre più inquieti e pienamente coscienti delle catastrofi inevitabili se non si decide di cambiare. Stiamo toccando il fondo. Quarantamila bambini muoiono ogni giorno di malattie dovuta alla denutrizione. Gli esperti affermano che con meno di un dollaro per bambino, si potrebbe evitare l'ottanta per cento delle morti. Vogliono farci credere che la soluzione è possibile. Allora, dal momento che non mettiamo in atto questa possibilità, siamo tutti criminali? O forse questa detta possibilità non cessa di essere una mera astrazione? A che serve una soluzione teoricamente possibili e praticamente impossibile? O continuiamo a vivere in un mondo pseudo-platonico di pure idee? Non sarà forse che non osiamo pensare che il nostro sistema fa sì che la soluzione sia impossibile? E' da quarant'anni che sappiamo come risolvere il problema, ma la situazione generale non ha smesso di peggiorare e nessuno osa mettersi contro le “vacche sacre” che mantengono il sistema e che chiamiamo tecnocrazia. Semplicemente, ci rifiutiamo di affrontare i fatti. Non facciamo che calcolare tecnocraticamente, ma per affrontare le nuove situazioni non pensiamo mai a vie risolutive apprese dalle società tradizionali. Noi siamo la “società sviluppata”. Nella società tradizionale l'educazione oltre ai professori, vi erano gli educatori tradizionali, vale a dire i genitori, i nonni, la famiglia in senso ampio, gli amici, gli anziani, i guru, gli antenati, le strade, le feste e le celebrazioni, la vita stessa della gente e della città. Abbiamo bisogno di una nuova concezione dell'educazione. (Tratto da “Pace e disarmo culturale” – Raimon Panikkar)-


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