MOLFETTA - Come consigliavano al tempo le tradizionali tecniche giornalistiche, descrivemmo da queste colonne precisamente il profilo ma sottacemmo il nome. Qualcuno parlò di lista di “Quindici”, qualcun altro ritenne ineludibile ed evidente lo schierarsi della testata giornalistica molfettese sulla sponda opposta del Reuccio di Molfetta, qualcun’altro notava come vi iniziasse ad esserci una presa di coscienza e conoscenza dei fatti comunali anche e soprattutto grazie al nostro comunicare quotidiano ed alla sua opera informatrice imparziale ed implacabile.
Era il mese di gennaio, non sei mesi orsono ma una vita politica fa, quella del senatore Azzollini che immaginava l’ennesima cavalcata elettorale vincente, appartenente alla serie tutto cambia affinchè nulla cambi, lui, formazione universitaria e degreé politico esattamente opposto al suo agire politico Doroteo degli ultimi vent’anni, a Molfetta come a Roma, al Comune come al Senato.
Non comunicammo chiaramente il nome di Paola Natalicchio al tempo, perché decidemmo all’unisono con la direzione che data la nostra tradizionale antipartigianeria, i galloni l’allora candidato sindaco del centrosinistra molfettese doveva guadagnarseli sul campo. E’ stato un succedersi di vittorie, nelle case, si discuteva se fosse necessario cambiare gestione e passare da una padronale ad una collettiva (perché questo ci aspettiamo Sindaco) dell’amministrazione locale, spiegata a casa delle sue mille sostenitrici durante i caffè pomeridiani, per le vie, nei bar, nei circoli, laddove la gente ha inteso bene che i sette anni trascorsi a Roma per lavoro corrispondono all’esperienza di tanti giovani molfettesi che dotati più o meno di buona cultura personale e scolastica non sono riusciti ad affermarsi tra le mura domestiche e hanno scelto la strada della migrazione al nord se non all’estero, perché in loco non vi è stato un vero progetto politico che potesse valorizzare le energie locali tutte, a prescindere dai soliti “ciambotti” cucinati ad arte per i più fedeli.
Allora, la proposta di far ritornare a casa i settemila “esterni” concittadini, ha fatto breccia nelle coscienze dell’elettorato molfettese, nelle piazze dove ha preso corpo con decisione la volontà di responsabilizzare gente diversa rispetto a quella tradizionalmente in uso ed a volte in abuso a Molfetta in questi quindici anni, anche perché seguendo la logica del cambiamento la gente ha avuto voglia di vedere un palazzo comunale più trasparente.
Adesso che la sbornia da vittoria dovrebbe essere passata, Paola Natalicchio Sindaco di Molfetta deve passare dalla fase della proposta gridata a quella della azione compiuta. Non grandi progetti, per quelli ci vuole tempo e siamo d’accordo su questo, bensì tante piccole cose che messe insieme determinano il modus vivendi adatto ad una società in linea con un progressista vivere quotidiano.
Vivibilità delle periferie, nuove e datate, rilancio delle municipalizzate, cura dei parchi, valorizzazione delle risorse artistiche, culturali, religiose, ma soprattutto chiedo da cittadino molfettese che venga valorizzato, ristrutturato, rispettato, il salotto buono della città, C.so Umberto, affinchè sia vera isola pedonale in condizione di apparire in foto sulla carta d’identità della nostra città. Buon lavoro.
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