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Molfetta, Francesco Padre. Usa, Serbia e Montenegro: silenzio sulla rogatoria Risposte alle rogatorie insoddisfacenti: non consentono alla Procura di Trani di approfondire le analisi sull'esplosione del motopesca. Usa, Serbia e Montenegro: nessun elemento utile. Ancora una volta un muro di gomma
11 gennaio 2013

MOLFETTA - Silenzio da Stati Uniti, Serbia e Montenegro. Le richieste di rogatoria internazionale da parte della Procura di Trani per il motopesca Francesco Padre si sono infrante contro un vero e proprio muro di gomma. Per ora non sarà possibile ottenere informazioni sui mezzi che operavano nell'area dell’Adriatico quando esplose il Francesco Padre, causando la morte di 5 pescatori di Molfetta nella note tra il 3 e 4 novembre 1994 (era in corso l'operazione Nato “Sharp Guard” nel pieno della guerra nei Balcani e davanti alle coste del Montenegro).

 

Proprio a novembre 2011 i 4 periti delle parti civili avevano ipotizzato un affondamento perché uno dei fori trovato su uno dei 23 reperti  recuperati sul fondale davanti alle coste del Montenegro, dove si trovano i resti del peschereccio, sarebbe stato considerato compatibile con un proiettile pit (sul numero di Quindici di novembre 2011 è possibile leggere non solo le varie ipotesi formulate dalla Procura di Trani, ma anche lo svolgimento delle nuove indagini).

In base alla relazione del collegio dei periti, depositata alla Procura di Trani dal pool dei difensori (gli avv.ti Nicky Persico, Ascanio Amenduni, Nino Ghiro e Vito D'Astici, che rappresentano la maggiorparte dei familiari delle vittime), il foro dall’aspetto rotondeggiante «potrebbe essere riconducibile ad un foro di proiettile sparato che abbia attinto il reperto con la sua parte apicale, con una direzione pressoché ortogonale (perpendicolare, ndr) alla superficie e con l’orientamento della parte verniciata verso il lato eroso».

Questa tesi sarebbe stata anche motivata dalle analisi chimiche: il rame rinvenuto sulla «falchetta» (porzione lignea entrobordo di poppa) apparterebbe all’incamiciatura in rame metallico “full metal racket” dello stesso proiettile, sparato da una distanza non inferiore a 500m, con un calibro compreso tra 12,7mm e 14,5mm, come quelli in dotazione agli apparati militari.

 

Per questo motivo, gli inquirenti avevano chiesto ragguagli a Usa, Serbia e Montenegro sui mezzi aeronavali impiegati nella zona dai tre Paesi il giorno della tragedia.

Purtroppo, le risposte alle rogatorie pare siano insoddisfacenti perché non consentirebbero alla Procura di Trani di approfondire le analisi sull'esplosione del motopesca, che potrebbe essere stata causata da un ordigno militare. In sostanza, Usa, Serbia e Montenegro hanno offerto motivazioni differenti, senza però fornire gli elementi richiesti nelle istanze formulate dai pm in base alla Convenzione di Strasburgo.

Dopo l’entusiasmo di novembre, questa notizia ha sicuramente lasciato esterrefatti i familiari delle vittime, ma anche tutta la cittadinanza del Comune di Molfetta che da tempo attende la risoluzione di un mistero ancora inabissato nel Mare Adriatico.

A questo punto sarà necessario l’intervento della diplomazia, anche perché le domande poste dalla Procura di Trani non potranno restare ancora una volta senza risposta (il procuratore, dott. Carlo Maria Capristo, e il sostituto procuratore, dott. Giuseppe Maralfa, stanno procedendo con l'ipotesi di omicidio volontario, dopo aver riaperto le indagini nel 2010). Probabilmente, il mistero del Francesco Padre nasconde una verità scottante e compromettente.

 

© Riproduzione riservata

 

Autore: Marcello la Forgia
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