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Molfetta, è in edicola la rivista leader “Quindici”, con argomenti e inchieste scottanti: quello che gli altri non dicono
06 settembre 2012

MOLFETTA - Nuovo numero della rivista “Quindici”, in edicola. Questa volta il giornale leader a Molfetta, l’unico libero e ricco di contenuti e non di pettegolezzi, l’unico che fa discutere con inchieste scottanti, anticipa il suo appuntamento con i lettori per onorare la Festa della Madonna dei Martiri a cui è dedicata la copertina e per permettere anche agli emigranti, che sono tornati a casa, di conoscere le vicende della loro città, quello che non trovano su altri giornali e siti cittadini. Riveliamo così le bugie del sindaco Antonio Azzollini e del suo ufficio propaganda, facendo le pulci al centrodestra e al centrosinistra.

Tra gli argomenti scottanti: l’intervista esclusiva al vice sindaco: Pietro Uva si dimette e racconta tutto a Quindici, quello che gli altri non dicono; Tornano i predoni dell’agro, zona agricola liberalizzati i villoni?; Dopo lo scandalo edilizio e gli arresti, il Comune paga le ferie all’ing. Rocco Altomare, per quali esigenze di servizio?.
L’editoriale del direttore Felice de Sanctis questa volta si occupa del centrosinistra: divisi alla meta. Parliamo anche dei debiti del Comune: 53 milioni di euro, sofferenza senza efficienza e del Rendiconto 2011: avanzo dopato e rischio fallimento e a pagare saranno i cittadini. Per la politica, intervista all’ex assessore Dante Altomare che propone di ripartire dal ’94.
Interessante anche l’intervista a Vito Copertino, ordinario di Idraulica fluviale dell’Università della Basilicata, che mette in guardia dai rischi delle condotte sottomarine per i reflui di Torre Calderina.
Non manca lo scoop di Quindici, argomento del consiglio comunale e che sta facendo arrabbiare molto cittadini e forze politiche di opposizione: la decisione di Azzollini di premiare, nominando "a vita" dirigenti comunali politici a lui vicini (Giusi De Bari e Mimmo Corrieri), così ipotecando il futuro e... noi paghiamo.
Intanto si registra il tracollo azzolliniano, con il sindaco al capolinea e una maggioranza in pezzi mentre tutti che fuggono dalla barca per salvarsi. Tranne qualcuno che si salva tornando nella barca che affonda. E cercando di rimediare qualche incarico in extremis: la consigliera Carmela Minuto (eletta nell’Udc) che cambia ancora casacca e torna con Azzollini, con il quale aveva rotto a botte di insulti. Qual è il prezzo? Per ora un assessorato inutile come quello al marketing territoriale. E cittadini sempre più numerosi sognano la cacciata del “tiranno” molfettese che cerca di restare ancora al potere con un “trucco” che “Quindici” vi svela in esclusiva.
Che dire, poi, del concorso per 10 posti di vigile urbano? Vi illustriamo i requisiti, ma anche il giallo che c’è dietro.
Anche nei comparti 1 -9, si fanno le urbanizzazioni primarie dopo 8 anni con il solito spreco di denaro pubblico, vi sveliamo i retroscena.
Naturalmente la cultura, le altre notizie di attualità e lo sport completano il panorama informativo offerto ogni giorno con il quotidiano più letto e commentato del web: Quindici on line, in rete da oltre 16 anni, prima ancora dei grandi siti del Corriere.it e di Repubblica.it. Un successo senza precedenti, con visitatori che crescono ogni giorno.
Come si nota è un numero, come sempre, ricco di contenuti e temi interessanti con tanti argomenti che non trovate su altri media e che vi terranno compagnia per un mese di piacevole lettura, con approfondimenti che spaziano dalla cronaca alla politica, dall'economia all'attualità, dalla cultura allo sport.
Quindici: quello che gli altri non dicono, Quindici: la rivista che si sceglie in edicola.
Ancora una breve attesa e poi potrete leggere il nuovo ricco numero, destinato ancora una volta a far discutere sul piano politico, sociale ed economico.
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Il caso Sallusti mi ha indotto in questi giorni a una profonda riflessione personale perchè ne sono rimasto scosso. Mi auguro che la redazione di Quindici resti libera nel rispetto delle liberta altrui, ma soprattutto che mai si pieghi a interessi politici, economici, finanziari, commerciali e amicali o alla paura di scrivere. Fino ad oggi avete vomitato di tutto, ma siete un baluardo per Molfetta, il vero governo ombra, la vera opposizione non ad Azzollini, ma a tutta l'illegalità che imperversa su Molfetta: aiutateci ad abbatterla, poi verrà il resto. Ho trovato in rete alcune riflessioni sulla libertà dei giornalisti da "dirittinegati.eu" (l'articolo "Giornalisti e Libertà" è di Giovanni Tarantino) - Informazione e partecipazione politica sono alla base del corretto funzionamento di un sistema democratico. Di recente, l'informazione giornalistica è sempre più oggetto di discussione. Nell'odierno clima di tensione culturale si dubita del ruolo di media e giornali. La libertà sta alla base della professione giornalistica: da questo punto di vista l'Italia è veramente un paese libero? La società civile e i movimenti lavorano al cambiamento della democrazia stessa e auspicano forme di partecipazione alla vita politica alternative a quelle rappresentative che, per certi versi, sembrano avere fatto il loro corso. "Il Caffè" ha affrontato queste problematiche con alcuni giornalisti del panorama palermitano e nazionale. A tutti quanti sono state poste due semplici ma dirette domande: 1. Ti ritieni libero nell'esercizio della professione giornalistica? 2. Pensi che i movimenti della società civile possano avere un ruolo nel contesto politico italiano e palermitano attuale? Francesco Palazzo, la Repubblica 1. Scrivo per la Repubblica ormai da quasi dieci anni, da qualche tempo scrivo anche per Live Sicilia e per il settimanale Centonove. Non ho mai subito condizionamenti. È normale, tuttavia, che ci si confronti con i colleghi, che si tenga in considerazione il giornale per cui si scrive. Personalmente, comunque, posso ritenermi un giornalista libero. 2. Credo che i movimenti possano ancora avere uno spazio. Ciò sarà possibile soltanto se riusciranno a rendersi autonomi dalle dinamiche che, invece, hanno reso i partiti autoreferenziali, con la differenza che i partiti dispongono di un bacino di voti superiore rispetto a quello dei movimenti della società civile. Nel caso specifico di Palermo, ad esempio, mi sarei aspettato dai movimenti un ruolo diverso rispetto alla questione delle primarie, che sarebbero state necessarie per superare la fase di impasse in cui ci stiamo trovando. Invece, stando a quanto ho visto, i movimenti si sono accodati alle logiche delle segreterie dei partiti, discutendo delle diatribe sulle alleanze. Bisognava fare le primarie per consentire ai cittadini di esprimersi. Vittorio Macioce, il Giornale 1. Io non sono mai stato censurato. È chiaro che, in qualunque giornale ti trovi a scrivere, devi sempre tenere conto della linea editoriale, di chi sia l'editore e di chi il direttore. Il problema dell'Italia, in tal senso, è che non esiste la figura dell'editore puro. Un editore puro è un po' un'araba fenice. Quanto alla figura del giornalista ha il dovere morale di dare una notizia, il resto dipende dalla linea editoriale del giornale. In Italia si scrive di tutto, poi non tutto viene evidenziato alla stessa maniera. Ma chi nega che l'Italia sia un paese libero, chi sostiene che ci sia una privazione della libertà di opinione offende chi realmente non gode di queste libertà. Parlare dell'Italia come di una dittatura o di un regime è una mancanza di rispetto per chi è morto nelle carceri del fascismo, del comunismo, o chi è scomparso come i desaparecidos in Argentina. Gramsci, prigioniero di un regime, stava in carcere , del resto, e non in prima serata su Rai Due. Poi c'è un altro aspetto della vicenda: in Italia ci sono lobby, poteri forti, tra questi c'è chi ha in mano i giornali. Gran parte delle notizie, nel nostro paese, vengono date: difficilmente viene nascosto uno scoop. Anche le opinioni individuali hanno spazio nei giornali. Diverso è il discorso di chi vuole fare opinione attraverso i giornali, un ruolo che grazie alla rete è oggi prerogativa dei blog come Dagospia che, per esempio, pubblica quello che gli pare. Infine, bisogna sfatare un falso mito: i giornalisti non dispongono di tante informazioni quanto si pensi. Spesso gli scoop sono pilotati, deve esserci una falla nel sistema perché i giornalisti ottengano informazioni sconvolgenti. 2. Cosa sono i movimenti della società civile? Se intendiamo il movimentismo alla Beppe Grillo possiamo dire che ha certamente delle referenze, che sconvolge una cerchia di persone, che si fa strada con mezzi quali i social network. Il movimento di Beppe Grillo mette in crisi partiti come Italia dei valori, Partito democratico, Sel, quindi è di fatto un soggetto politico. Credo sia un bene che esista una realtà del genere. In Italia nascono e muoiono partiti e movimenti. Va sfatato un mito, quello del movimentismo della società civile, che ha sempre avuto un'aurea di antipolitica. Come se questi dicessero «Noi siamo i movimenti e combattiamo la politica dei partiti, siamo l'antipolitica». In Italia su questa scia sono nati l'Uomo qualunque di Guglielmo Giannini, la Lega Nord, i radicali. Perfino Berlusconi ha incarnato l'antipolitica. Così l'interesse per la società civile è ciclico: a ogni cambio di stagione politica sorgono nuove realtà che si propongono di buttare giù quelle vecchie. Personalmente sogno uno schiaffo autentico da parte dei cittadini contro la classe politica, qualcosa come un 70% di astensionismo alle prossime consultazioni elettorali. Questo sarebbe un vero movimentismo anti casta. Un modo con cui la cittadinanza potrebbe dimostrare di non credere più a questa oligarchia: avrebbe un valore simbolico enorme. Ognuno, come singolo cittadino, potrebbe ripartire occupandosi della propria terra, creare associazioni, lavorando sul territorio, fuori dal palazzo. Organizzare festival letterari, costituire associazioni non profit, fare la raccolta dei rifiuti, creare, in definitiva, partecipazione per la cultura della propria città, della propria provincia. Credo sia questa la vera alternativa a una politica autoreferenziale, capace di portare soltanto soldi agli amici degli amici. Nino Amadore, il Sole 24 ore 1. Nei giornali si cerca sempre l'equazione verità=oggettività. Questo è un falso mito, una banalità. L'oggettività non esiste. Come è una falsità sostenere che nel nostro paese i giornali non hanno padroni. La mia fortuna è che lavoro a un giornale che appartiene alla Confindustria, che ha un'identità precisa e plurima. Al suo interno ci sono diverse anime, quindi l'indicazione editoriale non può che essere per un giornale a vocazione pluralista, laica, libera. Non ho mai ricevuto censure dai miei capi, né inviti a cambiamenti o aggiustamenti rispetto a quanto ho scritto, di alcun genere. Del resto, del giornale per cui scrivo, fanno parte anche colleghi come Gianni Dragoni, che ha scritto un libro, Capitani coraggiosi, sulla privatizzazione di Alitalia, o Claudio Gatti, autore di Fuori orario, una testimonianza sul disastro delle Ferrovie, che sono un pezzo forte di Confindustria. La libertà è fatta dall'autorevolezza che ognuno si conquista. A un editore non serve un giornale servo, ma un giornale capace di dire le cose come stanno. 2. Dobbiamo metterci d'accordo su cosa intendiamo per movimenti della società civile. Per farlo poniamoci una domanda: qual è la situazione a Palermo? Un palermitano che va a Milano, tornando nella sua città, vede e racconta Palermo come una realtà abulica, che non reagisce, che non ha coscienza civile. Abitando qui, invece, si scopre che le cose stanno diversamente. Palermo è piena di associazioni, gruppi, realtà diverse che si impegnano nel sociale. Ce ne sono tante, espressione di diverse aree politiche e culturali, di destra, di sinistra, di centro, ecc. Questo è il tessuto connettivo della democrazia. In politica lo interpretano bene Ferrandelli, Faraone e qualche altro. Poi c'è il baronato politico. Carlo Vizzini ha fondato un suo movimento, ritiene di non potere essere escluso a priori da discussioni relative alle candidature. Come lui altri soggetti come il generale Pappalardo. Il baronato politico difende i suoi interessi, ed è il peggior nemico dei movimenti, quindi della democrazia. L'alternativa quindi è o col baronato, e quindi i vari Orlando, Schifani, e quanti pensano che la società palermitana non sia capace di produrre democrazia, o con i movimenti. L'alternativa al baronato significa riportare tutto al confronto, perché il centralismo democratico è morto. Non è possibile che Bersani da Roma debba decidere chi si deve candidare a sindaco di Palermo. È una logica inaccettabile, a meno che non si vogliano portare i cervelli all'ammasso. Deve essere la società a esprimere i suoi candidati, stabilendo regole e paletti, dicendo no alle mafie, alle oligarchie. I no si dicono nelle piazze, non nei palazzi. I movimenti sono di fondamentale importanza per il funzionamento di tutto ciò, rappresentano una domanda di politica. Ma di fronte al potere del baronato mi rifiuto di andare a votare. È assurdo che a Palermo Confindustria decida di impegnarsi e questo non genera un dibattito infuocato sui giornali e suoi media. Perché fanno notizia sempre le solite oligarchie mafiose e paramafiose o di un terzo tipo, e che comunque decidono i percorsi della politica. Luciano Lanna, ex direttore responsabile del Secolo d'Italia, editorialista de Il futurista 1. Non credo di essere mai stato condizionato. Sta poi alla nostra capacità nel riuscire a esprimere le nostre idee e le nostre prospettive in maniera intelligente, dicendo tutto senza risultare urticanti. E' ovvio che, comunque, qualsiasi giornalista tiene conto del contenitore che lo ospita, ma questo non vuol dire cedere alla piaggeria o, peggio, al conformismo. 2. Il problema è di considerare la società civile nel senso gramsciano, ovvero come una dimensione che include e invera la sfera politica. Dobbiamo cioè smetterla di pensare la società civile come qualcosa di asettico e di neutrale ma come il campo reale di interazione delle persone e delle realtà associate. E ciò che si determina in quella dimensione, e poi nell'immaginario, precorre e anticipa anche gli equilibri politici. Riccardo Arena, Giornale di Sicilia 1. La professione giornalistica, almeno in teoria, dovrebbe essere libera ma come tutte le attività umane può solo ambire a essere più libera possibile. Tuttavia è sempre soggetta a condizionamenti di qualche genere. Nel mio lavoro sono sempre stato libero di testa, nei ragionamenti; la conquista della libertà dipende poi dallo spazio che si dà agli argomenti affrontati. Quella della libertà è una componente che fa parte del mestiere di giornalista che deve sempre scegliere di cosa parlare. Poi ci sono tante variabili che incidono sulle sue scelte. 2. Quello che riguarda il sorgere dei movimenti della società civile è un aspetto molto sentito dalla gente. I movimenti, per definizione, sono estranei alla politica dei partiti e, in questo momento storico, stanno prendendo campo. Queste realtà, a livello nazionale, sono rappresentate dai “grillini”, dall'attivismo di certi colleghi giornalisti, da personaggi come Roberto Saviano. Poi, a livello locale, esistono tante associazioni molto importanti per la partecipazione alla politica nel senso classico del termine polis. I primi aspetti li giudico come antipolitica: credo siano fenomeni che non fanno altro che intercettare il disincanto e la disillusione dei cittadini, che è anche comprensibile, ma non credo che questo movimentismo faccia bene. Queste realtà esprimono ostilità fine a se stessa. Diverso è il movimentismo a livello locale che valuto positivamente. Si tratta di un impegno decentrato sostanzialmente a fin di bene, anche se alcune di queste realtà sono deteriori. È positivo l'esempio di Addiopizzo, delle associazioni contro il racket, delle associazioni che si battono per una città migliore. Al contrario un'altra componente di movimenti e associazioni è costituita da personaggi che vogliono solo entrare nella casta che tanto dicono di disprezzare, solo perché al momento ne stanno fuori.

Come non essere partecipe con l'amico Addavenì cercando di chiarire quelle che sono le visioni e previsioni “tiranniche” descritte su di una rubrica di Quindici settembrino. Mi associo e consocio sulla piacevolezza della lettura dello stesso giornale cittadino, ammetto anche – non con un certo livore – la superiorità culturale dello stesso sugli altri rivali (per onestà culturale) ma, contesto civilmente il voler rappresentare come un “tiranno” il nostro e vostro purtroppo, primo cittadino. Leggo: tiranno. 1). Dominatore, principe assoluto. Persona che esercita la propria autorità in modo imperioso, con poco rispetto per la personalità altrui; 2). che costringe, obbliga, limita la libertà altrui. 3) Nome di un genere di Uccelli della famiglia Tirannidi. - A priori e in primis escludiamo subito la terza definizione, ovvero un genere di Uccelli rispettando la privacy del soggetto in questione, in quanto ognuno si tiene i propri “Tirannidi”. Gli altri due significati sono impensabili, lontanamente accostabili alla personalità di colui che viene ingiustamente definito un “tiranno”. Qui c'è il grande equivoco e lasciamo perdere le varie motivazioni. L'amare troppo la propria città e i suoi cittadini e concittadini, la ferrea volontà fino alla testardaggine di voler a tutti i costi liberare Molfetta da quella che dovrebbe essere la futura “tirannia” commerciale di lobby affaristiche, il pensiero fisso definendolo anche testardo o matto dir si voglia, di voler a tutti i costi la costruzione di un Porto Nuovo e dare un futuro prospero non solo ai contemporanei, ma anche alle future generazioni. Tutto questo vogliamo definirlo “tirannico”? Se confermate tutto questo, allora dobbiamo anche dire che l'AMORE” è un tiranno! Allora siamo tutti TIRANNI. Io amo Molfetta, vorrei una città a misura d'uomo, un Nuovo Porto che ci lanci commercialmente in tutto il Mediterraneo fino ai Dardanelli, al Mar Caspio e al Mar Nero………..sono un TIRANNO? Sono un TIRANNO se dico che vorrei andare oltre Gibilterra e navigare verso le Americhe tenendo alto sui pennoni la bandiera di Molfetta? Secondo voi tutto questo e tirannico? Allora sono ben felice di essere un TIRANNO e ben vengano tiranni del genere, i molfettesi sapranno come accoglierli: con un grande BOOM, BOOM!!


Mi rivolgo a Nicola Squeo: mi compiaccio della tua totale assenza di filtri nello sputtanare una situazione indecente. Ti dirò, io non sono di sinistra. Mai votato a sinistra in vita mia. Ma non ho mai votato neanche Berlusconi e il suo alter-ego molfettese. Alle prossime politiche darò una chance a Renzi se vince le primarie o ai ragazzetti di Grillo (ma più che altro come voto di protesta, non certo propositivo perchè Grillo ci deve ancora spiegare molte cose dei suoi programmi elettorali, non basta il limite dei due mandati in Parlamento o la cacciata dei condannati passati in giudicato, serve ben altro). Qua il punto è un altro: se a livello nazionale si possono trovare alternative al Patonza nello schieramento avversario, a Molfetta questo non accade. Io vorrei dire al D'Alema molfettese (quello che non sta a Molfetta ma nonostante tutto è sempre in mezzo come il prezzemolo) che la deve smettere di fare la politica dell'intellettuale dei miei testicoli, la politica dei salottini, dei baci in bocca ai preti, del voler "essere di sinistra e quindi geneticamente migliori". Questa gente non è migliore del nutellato. Ripeto: NON E' MIGLIORE. Mi sono stancato di questi personaggi e non li voglio neanche all'opposizione. Qua urge una ristrutturazione dal basso, mi sento molto vicino a Renzi quando parla di rottamazione, ma se a livello nazionale si ha una maggior visibilità e quindi (ipoteticamente) una chance più forte di cambiare le cose, a livello locale invece le cose non stanno così. C'è il boss che comanda e i vermetti (anche quelli con la bandiera rossa) che se la fanno sotto e tacciono. Colpevolmente.
Il cancro va estirpato in ogni caso, caro Cittadino Ferocemente Incazzato. Non possiamo porci il problema del "malato che può morire sotto i ferri", sappiamo con certezza che se non estirpiamo "il cancro" (tutto il malaffare che "il nutellato" incarna, il comitato d'affari che "il caudillo" protegge, tutela e sta facendo espandere), sicuramente il malato morirà. Sappiamo pure che la possibilità di salvare "il malato" (la città), c'è solo nella "asportazione" e, non è detto che "il corpo della città" (amministrativo, politico, economico...), non sia già "in metastasi", non è detto quindi che forse non sia già troppo tardi, ma bisogna procedere nell'unica direzione possibile: il cambiamento radicale, quello vero però, non quello taroccato dalle segreterie politiche. Il dopo? Si parte dalla democrazia, LA DITTATURA SI COMBATTE CON LA LIBERTÀ, NON PROPONENDO ALTRA DITTATURA, SERVONO LE PRIMARIE CON LE QUALI TUTTE LE FORZE POLITICHE, I MOVIMENTI, POLITICI E DI OPINIONE (E FORSE IL GIORNALE STESSO), DESIGNERANNO DEI CANDIDATI... E devono essere i liberi cittadini a scegliere chi dovrà condurre una battaglia di liberazione di questa città. Altri pastrocchi e conventicole, non sono possibili. Il candidato, il leader dell'opposizione deve passare dal vaglio di una preventiva legittimazione democratica. MA CHI è QUEL PAZZO CHE OGGI PENSA DI SCONFIGGERE IL SATRAPO, CON "UN BAMBOLOTTO", FATTO USCIRE DAL SOTTOSCALA DI VIA MARGHERITA DI SAVOIA, E IMPOSTO A TUTTE LE ALTRE FORZE POLITICHE, MOVIMENTI E LIBERI CITTADINI. ESISTE ANCORA UN MATTO DEL GENERE DOPO 20ANNI CHE PENSA ANCORA A QUESTE ALCHIMIE? Non si combatte la dittatura, il "cerchio magico della nutella", con un "altro pupazzo", frutto delle "segrete stanze", "figlio della famiglia del morto"... che è quella che si oppone (ma solo sulla carta, però, non fatevi illusioni), al "cerchio magico della nutella". Se alcune forze di opposizione insistono ancora con i vecchi metodi, oppongono al ducismo del nutellato, lo stalinismo di altro gruppo di potere, è evidente che le elezioni se le faranno da soli, non pretendano di "spacciare" questa cosa come cambiamento, pretendendo poi l'apporto da tutti gli altri. A meno che non abbiano deciso di perdere in partenza (si sa che la politica, è molto strana, per cui, può essere che per interessi vari trasversali o per opportunità politica), a molti può convenire lasciare la città così com'è, alla deriva, nelle mani del nutellato, o del suo pupazzo, fino alla sua morte definitiva, civile, politica, economica... Anche perché, tutto sommato gli "alternativi", molto presunti tali, stanno tutti già molto bene...




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