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Molfetta, consiglio comunale: riconosciuti 4,6 milioni di debiti fuori bilancio. Bagarre in aula, il rancore infinito del centrodestra
25 dicembre 2013

MOLFETTA - 4,6 milioni di euro di debiti fuori bilancio. E' questo il frutto della cattiva politica degli anni “azzolliniani”, un macigno che l'amministrazione si è subito fatta carico di rimuovere, con non pochi sforzi, ma che deve fungere da monito per tutti i cittadini: superficialità e mancanza di progettualità hanno sempre un prezzo che prima o poi bisogna pagare.

Davanti a un'opposizione imbarazzante, ridotta ai minimi termini numerici (solo 4 consiglieri su 8 presenti e spesso fuori dall'aula, vedi foto), l'amministrazione ha riconosciuto ufficialmente il fardello finanziario lasciato in eredità dalla dissennata amministrazione dell’ex sindaco sen. Antonio Azzollini.

“Stiamo parlando davvero di cifre incredibili: 4,6 milioni di euro di debiti fuori bilancio. E' un'immensità. Sono numeri allucinanti. Mai avremmo potuto immaginare queste cifre. Debiti che oggi siamo obbligati a riconoscere per poter procedere alla loro liquidazione e pagamento”, ha spiegato il consigliere Cosimo Damiano Angeletti (PD) mentre il sindaco Paola Natalicchio ha sottolineato l'importanza dell'operazione “pulizia” attuata dalla sua amministrazione: “rivendichiamo con orgoglio il ritorno alla legalità. Festeggiamo il ritorno alle regole, alla legge, alla trasparenza. Fino a giugno non avrei mai immaginato di ereditare questa situazione di debiti, sigilli, irregolarità. Vogliamo tracciare una linea di verità sui conti. Voi non avete saputo farli o avete deciso di non saperli fare. Ma purtroppo per voi il Totem di Antonio Azzollini, oggi cade in quest'aula. E' finita l'epoca dei conti opachi e disordinati”.

Gianni Porta (Rifondazione Comunista) ha chiesto un cambio di marcia anche culturale: “in questi mesi abbiamo constatato quanti danni abbia fatto l'idea che ‘dopo di me ci sarà solo io’. L'immutabilità. Una catena contabile di S. Antonio che rinviasse sempre il domani. Ma adesso chiuso davvero con il passato, possiamo pianificare un’azione di sviluppo e progresso”.

Il sindaco ha promesso ora che il passato è davvero alle spalle (almeno, quello dei conti), un'azione incisiva per il cambiamento. Entro il 31 marzo del 2014 sarà presentato il bilancio di previsione per il 2014, mentre il 29 gennaio sarà a Roma insieme ai sindaci di altre città italiane per chiedere basta alla cieca politica dei tagli statali.

Dall'opposizione (quella che non è andata già in vacanza e si è sforzata di onorare con la sua presenza la massima assise cittadina) si è registrato il solito avvilente teatrino fatto di urla, interruzioni, accuse, calunnie e minacce.

Saverio Tammacco (Pdl) ha invitato i consiglieri comunali della maggioranza a prestare molta attenzione al riconoscimento dei debiti: “è già successo altre volte presso altre amministrazioni che i consiglieri sono stati poi chiamati di tasca loro a pagare per errori inerenti al bilancio”.

“Terrorismo psicologico” come lo hanno etichettato diversi consiglieri di maggioranza, che però non ha attecchito.

Sulla stessa strada Mariano Caputo (Molfetta Futura) che ha avuto addirittura l'ardire sfacciato e irresponsabile di addossare all'amministrazione Natalicchio la responsabilità del blocco dei lavori del porto. E' stato a quel punto che la discussione è precipitata per diversi minuti nel caos.

Il consigliere La Grasta ha abbandonato l'aula mentre i “vergogna!!” e i “bugiardo!!” si sprecavano.

L'opposizione, forse oltre alla malafede, nasconde una leggerezza superficiale quanto inquietante. E' per questo che Tammacco chiede addirittura di posticipare la discussione di una settimana, dimentico di quanto sia urgente licenziare i debiti entro la fine dell'anno. Per rinforzare il concetto si appella anche a improcrastinabili incombenze personali: “oggi è il compleanno di mia moglie tra l'altro e mi piacerebbe stare con lei”. Certo, in fondo si sta parlando solo di un debito di quasi 5 milioni euro.

Poi è rimasto solo il tempo degli auguri ma la minoranza non ha nascosto lo stato d'animo che l'accompagnerà sotto l'albero. Un attesa trepidante e rancorosa. Quella per la decisione del Tar Puglia in merito ai famigerati ricorsi inerenti presunte irregolarità nella presentazione delle liste, avvenuti durante le scorse elezioni. Si potrebbe tornare alle urne.

“Attendiamo la liberazione politica della città il 19 gennaio” dice Mariano Caputo.

Ma le urne non fanno paura dice Paola Natalicchio: “che ben venga questo 19 gennaio tanto evocato! In questi mesi abbiamo fatto luce sui conti opachi e disordinati del Comune a abbiamo fatto uscire la luce dalle carte senza scorciatoie e sotterfugi. Il nostro lavoro pagherà”.

© Riproduzione riservata

Autore: Onofrio Bellifemine
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1°parte. - Al di fuori della politica l'uomo ha fatto miracoli: ha sfruttato il vento e l'energia, ha trasformato sassi pesanti in cattedrali, è riuscito a controllare e vincere quasi tutte le malattie, ha cominciato a penetrare i misteri del cosmo. “In tutte le altre scienze si sono registrate notevoli progressi” ebbe a dire una volta John Adams, secondo presidente degli Stati Uniti “ma non in quella del governo, la cui prassi è rimasta immutata.” Esistono quattro tipi di malgoverno, spesso combinati fra loro: la tirannia, l'eccessiva ambizione, la inadeguatezza e la decadenza, e, infine, la follia o la perversità. Ma follia e perversità, potrebbe obiettare qualcuno, fanno parte della natura umana, e allora per quale ragione dovremmo aspettarci qualcosa di diverso dagli uomini di governo? La follia dei governi preoccupa perché si ripercuote con effetti più negativi su un maggior numero di persone; di qui l'obbligo per i reggitori di stati di agire più degli altri seconda ragione. Tutto ciò è risaputo da tempo immemorabile, e allora perché la nostra specie non ha pensato a prendere precauzioni e a cautelarsi? Qualche tentativo è stato fatto, a cominciare da Platone, che propose di creare una categoria di cittadini destinati a diventare professionisti della politica. Secondo lui la classe dominante, in una società giusta, doveva essere costituita da cittadini che avevano imparato l'arte di governare, e la sua soluzione, affascinante ma utopistica, erano i re filosofi: “Nelle nostre città i filosofi devono diventare re, oppure chi è già re deve dedicarsi alla ricerca della sapienza come un vero filosofo, in modo da far coesistere in una sola persona potere politico e vigore intellettuale.” Fino a quando ciò non fosse accaduto, riconosceva Platone, “le città e, io credo, l'intero genere umano non potranno considerarsi al riparo dai mali.” E' così è stato. (continua)
- Il conte Axel Oxenstierna, cancelliere svedese durante la terribile Guerra dei Trent'anni, parlava con ampia cognizione di causa quando disse: “Renditi conto, figlio mio, che ben poco posto viene lasciato alla saggezza nel sistema con cui è retto il mondo.” Lord Acton, uomo politico inglese del secolo scorso, usava dire che il potere corrompe, e di ciò ormai, siamo perfettamente convinti. Meno consapevoli siamo del fatto che esso alimenta la follia, che la facoltà di comandare spesso ostacola e toglie lucidità alla facoltà di pensare. La perseveranza nell'errore, ecco dove sta il problema. I governanti giustificano con l'impossibilità di fare altrimenti decisioni infelici o sbagliate. Domanda: può un paese scongiurare una simile “stupidità difensiva” come la definì George Orwell, nel fare politica? Altra domanda, conseguente alla prima: è possibile insegnare il mestiere ai governanti? I burocrati sognano promozioni, i loro superiori vogliono un più vasto campo d'azione, i legislatori desiderano essere riconfermati nella carica. Sapendo che ambizione, corruzione e uso delle emozioni sono altrettanto forze di controllo, dovremmo forse, nella nostra ricerca di governanti migliori, sottoporre prima di tutto i candidati a un esame di carattere per controllarne il contenuto di coraggio morale, ovvero, per dirla con Montaigne, di “fermezza e coraggio, due virtù che non l'ambizione ma il discernimento e la ragione possono far germogliare in uno spirito equilibrato.” Forse per avere governi migliori bisogna creare una società dinamica invece che frastornata. Se John Adams aveva ragione, se veramente l'arte di governare “ha fatto pochissimi progressi rispetto a 3000 o 4000 anni fa” non possiamo aspettarci grandi miglioramenti. Possiamo soltanto tirare avanti alla men peggio, come abbiamo fatto finora, attraverso zone di luce vivida e di decadenza, di grandi tentativi e d'ombra. (fine)

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