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Molfetta, al processo di appello chiesta la conferma della condanna per Pino Amato per voto di scambio
28 giugno 2013

MOLFETTA - Guai in vista per Pino Amato (foto), già consigliere comunale dell’Udc di Molfetta. Dopo il mancato ingresso in consiglio comunale, non essendo stati sufficienti i suoi quasi 2.000 voti per il mancato apparentamento con alcuna forza politica, ora tornano i problemi giudiziari.
Al processo di appello in corso a Bari, il Procuratore Generale ha chiesto per Pino Amato la conferma della condanna per voto di scambio inflitta in primo grado dal Tribunale di Trani il 24 maggio del 2010 con 3 anni di reclusione e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici.
La pena, poi, era stata condonata grazie all’indulto. La stessa richiesta di conferma della condanna, ora è stata avanzata anche dalle parti civili, fra cui il Comune di Molfetta.
In primo grado il PM, Giuseppe Maralfa, aveva formulato l’accusa per Pino Amato e altri 5 imputati, a vario titolo, di voto di scambio, abuso d’ufficio e falso ideologico. I presunti voti raccolti sarebbero stati utilizzati nelle elezioni amministrative del 2006 dallo stesso Amato, il più suffragato della lista “Popolari per Molfetta", e nelle regionali 2005 per favorire il consigliere regionale Massimo Cassano.
Le prossime udienze del processo alla Corte di Appello di Bari si terranno il 7 ottobre e l’11 novembre. In quell’occasione ci saranno le arringhe difensive degli imputati, oltre allo stesso Amato, anche il maresciallo della polizia municipale Pasquale Mezzina (condanna a 2 anni e 20 giorni di reclusione) e Giovanna Anna Guido (1 anno e 4 mesi) legale rappresentante dell’impresa di vigilanza Securpol che, secondo l’accusa, l’ex assessore all’Annona e Polizia urbana dell’epoca Pino Amato, avrebbe tentato di avvantaggiare con nuovi contratti.
Entrambi gli imputati hanno goduto della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna.
In primo grado fra i 7 imputati (4 furono assolti: Vincenzo De Michele, ex dirigente comunale, per lui il Pm aveva chiesto 1 anno e 3 mesi di reclusione; il broker assicurativo Gaetano Brattoli, per lui erano stati chiesti 6 mesi, l’esponente di una lista civica cittadina Vito Pazienza, il Pm aveva chiesto 2 anni e 7 mesi e l’ex consigliere comunale Girolamo Scardigno, la richiesta per lui era stata di 6 mesi di reclusione).
L’accusa riguardava oltre al voto di scambio, anche quella di gestione degli spazi pubblici per i commercianti ambulanti e la discutibile amministrazione del ricavato dalle multe e dalle sanzioni amministrative fatte dai vigili urbani.
Ad avviare le indagini che poi avrebbero portato alla sua condanna, fu proprio Pino Amato, quando era presidente del Consiglio comunale, denunciando di avere ricevuto minacce. Una denuncia che si rivelò un boomerang. Infatti, il magistrato, per risalire agli autori delle presunte minacce, mise sotto controllo il telefono dell’ex assessore. Dalle intercettazioni ambientali emersero gli elementi che poi hanno portato all’accusa e alla successiva condanna.
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