Masciarae, cortometraggio sulle streghe del Novecento tra fantasia e reltà
È dato inconfutabile che, da qualche anno ormai, la nostra città vive un periodo artisticamente molto florido. Giovani artisti molfettesi stanno mostrando, attraverso le proprie opere, talento e impegno. Il cinema può essere annoverato tra le forme di arte e uno degli artisti molfettesi più impegnati è sicuramente Domenico de Ceglia. Docente della scuola secondaria superiore, il prof. De Ceglia è regista con Serena Porta del cortometraggio “Masciarae”, presentato alla “Notte dei corti”. Come nasce Masciarae? «Siamo partiti dall’adattamento di un novella di Orazio Panunzio. Abbiamo adottato schemi classici di narrazione utilizzando colori di un’estate calda, arida, con vegetazione secca. Le masciare, le streghe, nel primo Novecento, si riunivano il giorno del solstizio d’estate, nella notte di San Giovanni per praticare il sabba, rito durante il quale con arti magiche di magia bianca o nera, potevano sciogliere incantesimi, procurare malefici. Nell’immaginario collettivo erano streghe o donne che dissimulavano la propria natura di streghe. Erano investite di un ruolo o portatrici di una maschera come nel teatro pirandelliano ma in realtà erano vedove, donne che si trovavano in situazioni di indigenza che con questo ruolo trovavano un modo per vivere. L’immaginario di ciascuno di noi può attribuire un ruolo ad un individuo. I bambini attraverso la fantasia hanno la capacità di immaginare surrealisticamente ciò che non è reale». Masciarae è la produzione seguita al Workshop di cinema gratuito per ragazzi che il Gruppo Farfa ha tenuto nell’ambito dell’Estate molfettese 2015. Quale è stato il ruolo degli “apprendisti lavoratori del cinema”? «Il workshop ha visto impegnati ragazzi di età compresa tra il 16 ed i 21 anni ed è stato strutturato in poche lezioni teoriche e molte prove pratiche volte alla risoluzione di problemi reali. I ragazzi hanno collaborato al casting che ha portato all’individuazione dei piccoli attori, preso parte alla preparazione degli abiti di scena, a tutto ciò che le riprese di uno short movie comporta, attenendosi scrupolosamente alla precisa scrittura di tutte le scene». Lei ha diretto altri produzioni come “I lavoratori del mare”, per citarne una. Come nasce la passione per un determinato tipo di cinema? «Posso affermare che la mia passione per il cinema è innata. Ho sempre amato le immagini in movimento; agli inizi prediligevo il cinema classico di Pasolini ma poiché il cinema è ricerca continua, mi capita di guardare produzioni americane. La mia tesi di laurea in Lettere intendeva dimostrare che la sceneggiatura è un vero e proprio genere letterario. Non so sono riuscito a dimostrarlo ma il cinema è sicuramente espressione artistica». Come è stato materialmente possibile trasformare il sogno di “fare cinema” in un’opera concreta come la produzione di uno short movie? «Nel 2009, grazie alla vittoria di un bando regionale di concorso di Principi attivi, nasce il Gruppo Farfa Cinema Sociale Pugliese che porta alla produzione de “I lavoratori del mare”, che affronta il tema dell’impoverimento del nostro mare. Si parte sempre da un archetipo. Pare che Victor Hugo, autore de Les Travailleurs de la mer, affermasse che Molfetta fosse la città con uno dei più bassi tassi di piovosità e che Lord Byron amasse i tramonti di Molfetta. Ne I lavoratori del mare abbiamo preso spunto dal set naturale che la nostra città offre». Che cosa è oggi Farfa? «Farfa è una realtà molto attiva nell’ambito del cinema pugliese. Attualmente il direttivo oltre che dal sottoscritto, è composto dalla regista Serena Porta e dall’ingegnere audio ed esperto di fotografia Giordano Bruno Balsamo. Dal 2013 cura la rassegna cinematografica Out of Bounds che ha visto l’occupazione di luoghi come piazza San Michele nel 2013 o Piazza delle Erbe nel 2014 per manifestazioni culturali. Non dimentichiamo che Out of bounds era una iscrizione che i soldati alleati, all’indomani della firma dell’Armistizio durante la Seconda Guerra Mondiale, fecero apporre sulle facciate dei palazzi di rione Catecombe per far sì che non si inoltrassero in quei luoghi pieni di insidie. Oggi per noi Out of Bounds non ha un significato negativo di interdizione come ai tempi del passaggio delle truppe americane durante la Seconda guerra mondiale, nel momento in cui per cautela non si inoltravano in certi quartieri e territori, ma quello positivo di giusta contaminazione di generi, ‘pollution’, commistione di stili, fuori dai limiti e dalle cristallizzazioni imposti dai generi stessi». Cosa pensa si possa fare per sviluppare la cinematografia nella nostra regione? Perché non far diventare Molfetta una delle città del cinema? «Partiamo dal presupposto che il cinema ha bisogno di tantissime professionalità tecniche oltre che artistiche. Elettricisti, tecnici audio, costumisti, addetti al trucco e parrucco potrebbero trovare nel cinema sbocchi lavorativi. Se pensare che Molfetta possa diventare la città del cinema è ora una utopia, auspichiamo che presto possa realizzarsi un laboratorio permanente di cinematografia, con scuola di formazione, non legati all’evento, ma strutturali affinché si crei occupazione in una regione come la Puglia che è diventata set privilegiato per registi di fama internazionale. Ci auguriamo di avere ancora la possibilità di continuare nei prossimi anni i workshops». Siamo certi che molti, non solo i lavoratori del cinema, condivideranno l’auspicio di Domenico de Ceglia, considerato anche il successo che, oltre ogni aspettativa, ha registrato lo short movie Masciarae. Ma l’amministrazione comunale di Molfetta potrebbe prendere l’iniziativa di un laboratorio permanente di cinematografia e perché no? l’idea di una delle città del cinema in Italia: noi di “Quindici” lanciamo la proposta: se si è visionari, si realizzano anche le cose apparentemente impossibili.