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Mancata efficienza? Ecco a voi il SISTRI
30 ottobre 2011

  In questi giorni, il tema principale nel dibattito nazionale è stato quello inerente gli strumenti per far ripartire il nostro sistema economico, ovvero le misure per lo sviluppo. Non che sia sbagliato affrontare l’argomento anzi, è questo un segnale forte considerata l’attuale condizione in cui il paese si trova, schiacciato da un debito sempre più gravoso (cfr. gli ultimi declassamenti ad opera delle agenzie di rating) e da una profonda crisi che attanaglia le imprese e i consumatori.

Sempre più spesso però ci si pongono degli interrogativi, soprattutto se consideriamo le istanze derivanti dalle piccole e medie imprese, che rappresentano la quasi totalità del nostro tessuto economico. I dubbi sono essenzialmente quelli riferiti ad una politica che, forse, non è poi così vicina alle reali esigenze dell’impresa, anche se l’obiettivo ultimo dovrebbe essere quello di supportarla onde evitare inefficienze e pesanti ripercussioni negative. Il perché di tale riflessione deriva ancora una volta dalla mancanza di conoscenza, da parte della politica, dei veri problemi delle aziende, per quanto concerne la loro operatività e gli obblighi quotidiani a cui sono chiamate. Non che questa scoperta sia nuova.
Il distacco della politica dalle difficoltà delle imprese è un tema ricorrente, ma oggi non è più accettabile, poiché si è realmente sull’orlo del fallimento. Un ultimo esempio è quello del SISTRI. Avviato ormai qualche “anno fa”, più precisamente nel 2009, il SISTRI, sistema per la tracciabilità dei rifiuti, doveva già oggi garantire un monitoraggio in tempo reale di tutte quelle procedure inerenti il trattamento dei rifiuti, dalla raccolta nei centri di produzione sino allo smaltimento finale.
Per adeguarsi al SISTRI, che essenzialmente è uno strumento informatico in sostituzione di registri e altri documenti, sono state smobilitate centinaia di migliaia di aziende che hanno sopportato costi non ininfluenti in merito all’acquisto di nuovi computer, apparecchiature, software, consulenze e tutto quanto concerne l’introduzione e l’applicazione di un nuovo sistema/apparato di controllo/monitoraggio.
Un sistema obbligatorio la cui partenza è stata rimandata di ben cinque volte con l’ultima data prevista a febbraio 2012. Tra l’altro il SISTRI, nell’estate di quest’anno, ha rischiato di essere accantonato, senza considerare quanto già speso da quelle imprese che hanno cercato di adeguarsi alle precedenti date di avvio del sistema. Una vicenda che ha convinto Confcommercio a presentare, nei prossimi giorni, un’azione risarcitoria. Tuttavia, senza scendere nel dettaglio della specifica vicenda, risulta sintomatico come ancora oggi determinate gestioni della pubblica amministrazione producano certi risultati.
Tutto ciò non per una critica ma per far comprendere che forse, una prima e rapida misura di sostegno all’attività delle imprese potrebbe realizzarsi con una sensibile ed efficace “semplificazione” di tutte quelle procedure burocratiche a cui sono chiamate, dalla loro costituzione sino alle operazioni che quotidianamente vengono effettuate. Le troppe richieste per una sola autorizzazione, le tempistiche che si allungano ben oltre i termini di legge, i costi da sostenere per vidimazioni, permessi, tasse di iscrizioni e ancora altro sono un peso che non è più sostenibile.
Si parla così tanto di quella semplificazione garantita dallo sviluppo tecnologico. Cosa si aspetta ad introdurla concretamente? Perché molte procedure sono ancora segnate da una interminabile lista di documenti, anche e soprattutto cartacei, da produrre? Perché ancora per alcune semplici operazioni occorrono notai, bolli, certificati e altro ancora? Perché mantenere in modo obbligati alcuni istituti che, invece di favorire, contribuiscono solo ad aumentare i costi degli operatori economici? Se provassimo ad effettuare dei confronti tra i giorni che servono in Europa per avviare un’azienda e quelli che occorrono in Italia (con le relative spese), ci accorgeremmo di divari ingiustificati.
Ecco quindi la necessità e il “dovere”, per la nostra classe politica, locale o nazionale che sia, di scendere sul campo e dedicare un maggior impegno alla comprensione di cosa significhi, realmente, condurre un’attività imprenditoriale, con tutti gli obblighi e rischi connessi. Forse, solo allora, potremmo sperare in reali ed efficaci misure per il rilancio dell’economia.     
Autore: Domenico Morrone
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