Mal di mercato, il vero cibo degli esseri umani è la cooperazione e la parola
Presentato a Molfetta il nuovo libro di don Achille Rossi
MOLFETTA - Di fronte alle continue guerre e alla feroce corruzione del proprio secolo, i Cinesi si decisero a richiedere l'aiuto di Confucio: “Come porre fine a queste efferatezze”?
Il maestro replicava semplicemente: “Ricominciamo a chiamare le cose con i loro nomi”.
Traducendo questo discorso al presente è da chiedersi perché, ad esempio, definiamo libertà solo quella di coloro che all'interno di un sistema economico possono vendere e comprare, insomma fare affari?
Questi e molti altri interrogativi sono stati, lo scorso venerdì presso la sala Turtur, al centro della presentazione de “Il mito del mercato”, nuovo libro di don Achille Rossi per "I presidi del libro". Grandi assenti, i giovani, nonostante l'impegno di Francesco Carelli - rappresentante dell'Istituto tecnico commerciale di Molfetta- di rendere possibile l'incontro. Anche grazie all'aiuto dei suoi numerosi viaggi, Achille Rossi ha avuto modo di osservare e quindi di renderci noto come una qualsiasi società - a partire da quelle dell'Asia o dell'India per arrivare alla nostra - sia talmente immersa nel proprio sistema di valori e di atteggiamenti da considerare questi ultimi assolutamente naturali e inconfutabili.
Ma, a differenza di quanto avviene tuttora nelle società rurali - dove il sacro è centro della propria esistenza, o di quanto avveniva in epoca illuministica, dove era il senso della giustizia ad animare gli spiriti, l'ideale che ci tiene in piedi oggi, ossia la grande macchina del sistema economico, si presenta in una maniera assolutamente ambigua e, se vogliamo, singolare.
Il sistema che ci circonda, infatti, è per un verso visibilissimo: nelle multinazionali, nei governi o nei semplici gesti della vita quotidiana, mentre per un altro non si vede affatto: siamo immersi in questa globalizzazione e non ci rendiamo conto del perché, ad esempio, ad un aumento della produttività mondiale corrisponde un inevitabile aumento della povertà.
Il titolo del libro, allora, “Il mito del mercato”, non è casuale perché, ad eccezione di quei folli amanti del distacco, non siamo in grado di vedere oltre l'angustia di un mondo che è ormai pronto a quantificare persino le spese necessarie a garantire la salute (circa 4.500 miliardi di dollari) o l'istruzione mondiali (circa 2.500) .
Come tutti i miti che si rispettino, anche il nostro si articola attraverso un racconto, che pone al centro l'irrefrenabile desiderio di possedere da parte del consumatore. “L'esito primo di tutto ciò – ha affermato l'educatore - è la competizione,parola più elegante, ma di certo non lontana, dal concetto di guerra. La politica, a questo punto, non c'è più, dal momento che non c'è più un Noi, una visione del bene comune”.
L'autore, allora, ha indicato una serie di ricette per tentare di guarire da questo vero e proprio malessere moderno. Bisognerebbe, innanzitutto cominciare a liberare il mercato dalla sua idolatria. “Il denaro – spiega - non è cattivo in sé, perché è apertura di possibilità e manifestazione più evidente di come il singolo uomo non sia autosufficiente, ma sia bisognoso dell'aiuto e della cooperazione con gli altri; il problema nasce nel momento in cui questo non è condiviso da tutti”.
Il termine trasformazione, insomma, sarebbe a suo avviso da privilegiare a quello di rivoluzione: nutriamo la stessa ambizione dei rivoltosi, ma operiamo all'interno del sistema; competiamo, sì, ma per umanizzarci di più.
Autore: Rossella De Laurentiis