M'arrécorde”, Molfetta attraverso le foto di Mauro Binetti
L'Ospedaletto dei Crociati diviene scenario di un percorso nella memoria di una città deturpata dalle speculazioni edilizie e dalla piaga dell'inciviltà. Ad allestire la suggestiva mostra di fotografie (alcune pubblicate su “Quindici” negli anni scorsi) e riproduzioni di Molfetta “com'era e com'è” la Pro Loco. “M'arrécorde” è frutto dell'infaticabile lavoro di raccolta di foto antiche e dell'abilità nel cogliere, mediante il proprio obiettivo, scampoli di vita quotidiana di Mauro Binetti, prezioso collaboratore di “Quindici”.
La mostra si compone di quattro sezioni: “Molfetta prima e dopo”, “I Personaggi”, “Gli Angoli della città”, “Mestieri estinti ed in estinzione”. “Per ricordare l'evoluzione della nostra società nel tempo, dai primi anni del secolo scorso all'ultimo trentennio”.
Sfilano dinnanzi ai nostri occhi i prodotti artigianali in legno e canna della fiera del '78 accanto a vecchi forni, biciclette, strumenti bandistici. Poi uno spaccato della Molfetta anni '70. Sullo sfondo la segnaletica per Bitonto. A campeggiare sulla scena tre bambini dall'aria imbronciata: i figli di Donato. Poi Donato stesso. E Antonio. Personaggi che in città chiunque conosce. Quest'ultimo è ritratto nella cornice della festa patronale, tra salumi e bilance. O durante le 'notti magiche' d'Italia '90, imbandierato da oltranzista degli azzurri.
Rivivono mestieri in decadenza. E mestieri scomparsi. I riparatori di reti da pesca e biciclette, in disarmo nella società dell''usa e getta', l'arrotino ambulante, un 'mèste d'asce' in via Fornari. E poi figurine paesane. La vecchia venditrice d'uva sulla soglia di un pianterreno, a scrutare l'andirivieni di gente sulla seggiola di vimini. Gli angoli di Molfetta. Via S. Orsola coi suoi balconi. La Scogliera delle Monacelle. Molo Pennello con gli amori e amorazzi fioriti su scorci di mare.
I maggiori spunti di riflessione nascono dalle riproduzioni che pongono a confronto la Molfetta d'inizio secolo o degli anni '60 con quella odierna. Ne emerge il desolante ritratto di una città ferita. A tratti abbruttita. È la storia di Piazza Vittorio Emanuele. Prima del '62 era abbellita dalla vecchia S. Teresa e sullo sfondo potevi scorgere Palazzo Cappelluti. La didascalia, eloquentemente, narra come questi edifici abbiano ceduto il posto ad altri, di ben inferiore valore estetico. Per ricorrere a un eufemismo.
E che dire di Piazza Roma e di Palazzo Pansini-Gallo? Un'istantanea malinconica ne immortala le ultime ore, prima della demolizione. Vecchi angoli dove si raccontano leggende di malombre. O storie ordinarie di gente ordinaria.
Colpiscono le fotografie del lungomare Colonna. Qui un tempo sorgevano i lidi di “don Cristallino” e “Franzese”. Sulla spiaggia nelle foto è possibile distinguere persino capannelli di mucche. Inutile ricordare come oggi il lungomare di Molfetta (e non solo quello) sia infestato dai ratti e tramutato in bivacco di comitive spesso incivili o in orinatoio a cielo aperto. Per non parlare dell'attuale situazione 'balneare', ormai nota a tutti, specie in seguito alle vicissitudini estive.
Tra organini portafortuna, riproduzioni di una villa in cui spiccava ancora il monumento a Garibaldi e risaltava l''orchestrina', altra illustre vittima del 'progresso' cittadino, “M'arrécorde” è, per i nostalgici, l'occasione adatta a rinverdire le proprie memorie e quelle della collettività. Per i più giovani, un monito alla riflessione. Perché lo scempio abbia fine.
Gianni Antonio Palumbo
gianni.palumbo@quindici-molfetta.it