Lunga vita alla Vallisa
Pochi minuti di ritardo e la cerimonia ha inizio.
Si tratta di nozze d' argento e a presiedere il rito c'é un inconsueto frate domenicano benedicente.
Un frate ritratto su tela assieme ai simboli del suo sapere. Un libro aperto alla sua destra e una fiammella di genio in prossimità del capo.
Di fronte, un meritato pubblico di testimoni.
A ricevere la benedizione, sotto la tela, Donato Altomare, Marco Ignazio de Santis, Daniele Giancane, Dragan Mraovic'.
Assieme a loro “la Vallisa” celebra i suoi venticinque anni di pubblicazioni e questa e' la scena, offerta dal centro culturale auditorium “San Domenico”, che li ha incorniciati.
Sicuramente un appuntamento inusuale, ma da tutti atteso. Inusuale perché la Vallisa, come al pubblico viene spiegato sin da principio, nasce coraggiosa nell' ottobre del 1981 in Puglia affrontando un contesto ostile alla piccola editoria culturale qui nel meridione.
Insomma, la Vallisa, ricorda il prof. Pantaleo Minervini, e' una rivista quadrimestrale di letteratura ed altro che già neonata rivela tenacia nel difendere la sua voce.
Il professore, persona di spessore e dai toni scoppiettanti, é capace(sebbene ne ammetta l'incapacità) di definire il termine”altro”che appare ambiguo su ogni copertina della rivista di fianco a “letteratura” e, che secondo lui ne e' chiave di lettura.
Tutto ciò che ancora non ha voce e che aspetta un megafono, questo é l' “altro”.
E' tutto ciò che vada oltre la letteratura tradizionale o che in questa sia compreso, se pur poco riconosciuto da un pubblico talvolta saccente che, ricorda donato Altomare, può biasimare un libro(senza leggerne pagina alcuna) per una presunta affinità con un film visto e rigettato. Trattasi evidentemente di pregiudizi.
E' proprio il caso di Donato Altomare che racconta i suoi esordi difficili su un terreno fertile solo di presunzioni letterarie, dove la sua penna fantascientifica e' invisa da molti.
Una penna, però, rivalutata da Daniele Giancane (già redattore della rivista), e subito inserita nell'astuccio autorevole della Vallisa.
Qui tutto lo spirito solidale della Vallisa. La Vallisa accoglie, nutre e nobilita.
Un'operazione nobile, ma non per questo elitaria.
La Vallisa è uno puzzle spirituale - parafrasando Altomare - che si fa democratico e trasversale nelle parole di Dragan Mraovic'. La poesia da salotto vale poco, dirà.
Mraovic', ex console jugoslavo ripercorre le strette di mano di numerosi personaggi dell' est-europeo che hanno condiviso i loro pensieri con la redazione della Vallisa.
Ripercorre, poi, i recenti tempi di guerra corsi nella sua terra, che sebbene arroganti e asfissianti non hanno estinto quei rapporti fra le sponde dell' Adriatico.
La Vallisa resiste alle guerre e si esprime caleidoscopica dappertutto.
Ne é un esempio eloquente il 72° numero, appena pubblicato, dove, precisa Daniele Giancane, si può comprendere appieno lo spirito multietnico della Vallisa.
La presentazione di una poetessa algerina e un saggio sui rapporti della letteratura maltese e quella italiana ne sono prova inconfutabile.
Un' altro intervento redazionale evidenzia la minuzia scientifica di marco Ignazio de Santis che riesce a dissipare un dubbio su cui ci si arrovella da principio con il prof.Minervini.
Perché il nome Vallisa?
De Santis impeccabile spiega: «ho scoperto che nel Medioevo La
Vallisa era la chiesa dei mercanti Ravellesi e veniva chiamata, ancora tra
Otto e Novecento, in dialetto barese "la chjèssjë dë lë Ravëddìsë",
italianizzata come "la chiesa della Vallisa" ». Proprio quella chiesetta romanica emblema di bari e «di un sud letterario a metà strada tra emarginazione ed emergenza» che affascinò tanto i fondatori della rivista.
Il suo discorso, all' unisono con i precedenti, si chiude con un augurio di lunga vita per un impegno letterario già inaspettatamente longevo.
Non a caso, Daniele Giancane griderà al miracolo della Vallisa.
Insomma un appuntamento culturale che non si osi dire tedioso.
Il pianoforte di Adriana de Serio e la calorosissima voce di Onofrio Salvemini, difatti, incantavano i volti di tutti.
Allo stesso modo e'impossibile distrarsi quando si giunge all' epilogo della cerimonia.
Qui, Loredana Pietrafesa spiega “come nasce la poesia” e “come muore la poesia” in pochi densissimi versi.
Ancora una volta la Vallisa si mostra attenta osservatrice di menti che brillano.