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Lo Stato e il buon pastore. “Iniquitalia” e il cappio al portafogli del contribuente
17 luglio 2012

MOLFETTA - «Il buon pastore deve tosare le pecore, non scorticarle» (Svetonio, Vite dei Cesari). Le tasse vanno pagate, ma per i servizi collettivi, non per rinforzare le casse delle banche e dei partiti.
Le tasse devono essere pagate in progressione al reddito, come stabilisce la nostra Costituzione. Ma qui sorgono i primi problemi: un disoccupato non ha più capacità reddituale. Dunque, non si può tassarlo, non si può costringerlo a versare nelle casse-colabrodo dello Stato ciò che non possiede o quel poco che ha e che occorre alla sopravvivenza propria e dei propri figli.
Esiste una sottile linea di confine tra giusta imposizione fiscale e caparbia vessazione tributaria, che prescinde da ogni elemento di razionalità e di oggettività. Si può e si deve tassare il contribuente in ragione della sua capacità contributiva. Ma se questa scompare di colpo per le ragioni più disparate, principalmente perché la recessione porta alla diminuzione dei posti di lavoro e, quindi, alla scomparsa della capacità di produrre reddito, come si può imporre ciò che non è più possibile versare?
Questo Governo ha superato oltre ogni limite la linea della ragionevolezza: è intollerabile esigere da chi non ha più nulla, ma soprattutto pretendere in maniera assurda da chi, in realtà, ha crediti verso lo Stato stesso. In molti casi quei debiti non pagati dallo Stato ai contribuenti sono la ragione stessa del fallimento e del disastro aziendale di tanti piccoli e medi imprenditori. Se lo Stato pagasse con la medesima puntualità con cui pretende i pagamenti, forse qualche segnale positivo nell'economia inizierebbe ad intravvedersi.
È evidente che lo Stato, attraverso la loga manus di Equitalia, pretende a prescindere da ogni ragionevolezza da chi non sta evadendo, ma semplicemente non può più adempiere nell’immediato e chiede un po' di tempo per iniziare a respirare e riprendere le contribuzioni senza interessi usurai.
Eppure, con i grandi evasori lo Stato procede con la mano di velluto, attraverso la longa manus di Iniquitalia, elabora trattative e concordati con i grandi evasori (le cronache sono piene di queste insane mediazioni con i grandi evasori dello sport, della moda, dell'industria, delle banche ecc.). Forte con i deboli e debolissimo con i forti. Questo è il messaggio percepito e non a torto da milioni d’inermi cittadini. Sono scandalosi le more, gli interessi, le penali, l'aggio applicati nei confronti dei piccoli contribuenti morosi per causa di forza maggiore, e non certo per volontà di arricchimento illecito.
Per non parlare dei metodi. C'è gente che si è trovata pignorata la casa per un debito di 7mila euro senza esserne a conoscenza e Iniquitalia non consente nemmeno di pianificare piani di rientro per poter pagare forse quanto illecitamente preteso. Tra l'altro, è una scelta pure sbagliata, perché ci sono tanti onesti contribuenti che, potendo, pagherebbero un po' alla volta. Ma più si è piccoli e più si è insignificanti per lo Stato. La vessazione è sempre dietro l’angolo. Sei in difficoltà? Affari tuoi. Se un imprenditore deve 30mila euro allo stato non può ritrovarsi poi a pagare 100mila euro dopo qualche anno. Roba da cravattari, non da stato civile e democratico.

© Riproduzione riservata
 
Autore: Nicola Squeo
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