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Lirismo ed emozione pura nella collettiva "Astrazioni dal Mare", allestita a Molfetta Nella Sala dei Templari espongono artisti provenienti da diverse regioni italiane
11 agosto 2019

MOLFETTA – Emozione pura, sublime, opere originali: sono solo alcuni dei commenti di coloro che in questi giorni stanno visitando la mostra “Astrazioni dal Mare”, la collettiva d’arte contemporanea allestita nella sala dei Templari e curata da Gianni Antonio Palumbo, stimato collaboratore di Quindici.

La rassegna quest’anno è stata dedica al compianto Franco D’Ingeo, che più volte si è lasciato ispirare dal mare. È un suo dipinto (da una collezione privata) ad accogliere i visitatori che, seguendo il percorso che si snoda tra le antiche arcate, diventano partecipi di un dialogo tra i diciassette artisti, provenienti da tutta Italia, che hanno messo in risalto il proprio rapporto con il mare.

Un mare ora dolente, ora rasserenante, ricco di richiami familiari od onirici. Un mare che, come sottolinea lo stesso Gianni Antonio Palumbo nella sua presentazione alla mostra, «è da sempre e sempre sarà uno specchio in cui l’anima contempla se stessa, anche con il rischio di perdersi, come Narciso, in un rispecchiamento fatale».

L’acqua e i suoi riflessi, il cielo, l’uomo sono gli elementi che si intrecciano e comunicano messaggi ed emozioni.

Natale Addamiano evoca i riflessi dei raggi lunari o il riverbero del sole sulla superficie marina dando vita a un intenso connubio tra mare e cielo, così come Roberto Goldoni evoca i riflessi e le trasparenze dell’acqua che, invece, Brattoli rende astratta, brulicante di riflessi che giocano con le geometrie.

Paolo Amerini, col suo espressionismo astratto, evoca una natura deturpata e contaminata dal passaggio dell’uomo; uomo che incide sul paesaggio (e sulla natura) con la sua attività, come nel fronte del porto di Banchieri che, contrapponendo imbarcazioni candide alle attrezzature portuali rese con gamme di grigi, rende il paesaggio «melanconico e crepuscolare» (come evidenzia Palumbo).

Più inquietante lo scenario proposto da Benati in cui è evidente un corpo deformato che emerge da copertoni dismessi (una immagine che può essere identificata con la natura avvelenata dall’uomo o con l’umanità trasformata in demone).

Astratti arabeschi narrano il mare secondo Paolo Lunanova così come i tratti che paiono irrompere tra acque e rocce nell’opera di Marchetti o quelli scelti da Giusella Brenno e Pino Spadavecchia che narrano fondali carichi di vibrazioni ei di vita.

Tutta giocata sui segni e sull’espressività che colgono nella materia le opere di Franco Valente mentre Vittorio Valente evidenzia la “reversibilità mare/cielo” (per riprendere l’interpretazione che ne dà Gianni Antonio Palumbo).

Chiara ispirazione surreale per le opere di Corona, col suo sogno (o incubo) in riva al mare in cui una novella Andromeda distesa sulla spiaggia è sovrastata da un enorme balena, e di Paolo Sciancalepore, con i suoi spazi in cui architetture ed elementi naturali creano illusionistici luoghi.

Altri autori scelgono un tratto figurativo che mantiene chiaro il legame con gli elementi ma, al tempo stesso, non cade nel tranello dell’immagine “fotografica” ma lo trasforma in una chiave decisamente moderna, come si può osservane nelle opere di De Cosmo, che raffigura viaggiatori in sosta nella laguna veneziana, Michele Paloscia, i cui dipinti trasmettono sensazioni gioiose e rasserenanti sia che raffigurino spiagge illuminate dalla rosea luce dell’alba sia che colgano riflessi notturni, così come “silente” e rasserenante è il mare secondo Marco Vacchetti, con una poetica vela solitaria.

Lirismo, armonia e distonia si incontrano e si richiamano in una collettiva imperdibile che potrà essere ammirata ancora per pochi giorni nella sala dei Templari (apertura al pubblico dalle 10 alle 13 e dalle 18 alle 21).

@Riproduzione riservata

Autore: Isabella de Pinto
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