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Liriche dal Santuario, la poesia di Marco Ignazio de Santis all'Aneb di Molfetta
29 aprile 2016

MOLFETTA - Un tuffo nell’immenso e profondo mare della poesia (“Liriche dal Santuario”): un piacevole regalo del prof. Marco Ignazio de Santis (già docente di Lettere, storico, giornalista e linguista, apprezzato collaboratore di “Quindici”) ai soci dell’Associazione A.N.E.B. (Associazione nazionale educatori benemeriti) di Molfetta in occasione del mese dedicato alla lirica. Il prof. de Santis è stato presentato agli astanti dalla presidentessa, prof.ssa Anna La Candia, insieme al prof. Domenico Amato, docente esperto in attività di animazione teatrale, autore, attore e regista (nella foto: de Santis, Amato, La Candia) che lo ha accompagnato, prestando la sua voce, nella lettura di alcune poesie tratte dalle sue raccolte “Uomini di sempre” (1984), “Libro mastro” (1991), “Lettere dagli Argonauti” (2007) e “Dal santuario” (2014).

Con pindarica abilità sono stati citati diversi temi a cominciare dall’amore che ha portato alla composizione di “Come un’elegia” che a sua volta si rifà all’elegia 3 del I libro del poeta latino Albio Tibullo, il quale incita Delia a corrergli incontro a piedi nudi e con i capelli scomposti dal vento. Soave si presenta anche la donna di “Un sogno d’amore in un antico paesaggio magnogreco”, alla quale il poeta accarezza “la seta dei capelli e il viso a balestrino, mentre trema la luce del fogliame nell’aria fresca e senza tempo”. “Bella oltre ogni limite” è Ofelia, protagonista de “Il sogno di Amleto”, ispirata al dipinto omonimo del preraffaellita John Everett Millais, nella quale la “povera Ofelia”, esiliata dalla follia del mondo galleggia su uno stagno immersa in una lussureggiante vegetazione; in questo caso la poesia stessa diviene personificazione della “donna amata” che, però, è stata abbandonata dal poeta per ben 16 anni, intento ad occuparsi di saggi e articoli.
In “Rimorso” la poesia “sta seduta in un angolo come una moglie negletta e innamorata, silenziosa” che il poeta ha lasciato “in una ghirlanda di sogni per sempre”. Si passa, quindi, al “Brindisi all’amicizia”, sentimento che poco si discosta dall’amore, che va “bevuto” a “sorsi lenti”, poiché il poeta si augura che con il trascorrere del tempo rimanga immutato.
A volte l’amicizia può essere una “carezza sincera e gentile”, “la pace che scende allo spirito”, “solenne partecipazione” e al contempo “struggimento segreto” o “paralizzante pudore di una dolcezza non data” come si presenta in “Amicizia tra uomo e donna” e nello stesso tempo può essere una richiesta di speranza dinanzi alla rovina del mondo come in “Cari amici non so”.
La collaborazione e il confronto con Ada de Judicibus, prof.ssa di Lettere Classiche e poetessa molfettese, ha portato il prof. de Santis alla composizione de “Il senso delle cose”, un dialogo ideale nel quale s’interroga sul significato della vita, la quale, però, “sbatte l’uscio e più risposta non” trova; comunque senza arrendersi, il poeta prova a sondare l’attimo fuggente ed enigmatico, dato che “l’occhio della mente non distingue ciò che è celato nel firmamento” “Che impenetrabile tramuta”, mentre il tramonto cede il posto ad una notte di tristezza che cala sul poeta. Nell’attesa di una risposta, il poeta si rifugia nella natura della Foresta Umbra ispiratrice di “È scesa al monte sacro”: mentre si gode lo spettacolo del vento che soffia su di essa (già motivo oraziano), cerca la pace nell’ombra della foresta anche se scolora ricordi e pensieri. Anche ne “Invano la ghiandaia”(uccello simile alla gazza dal piumaggio azzurro), che segna il ritorno alla poesia dopo il silenzio imposto dalle drammatiche difficoltà della vita, sono presenti riferimenti ai campi, alle Murge, al mare, all’ambiente mediterraneo brulicante di flora e fauna.
Purtroppo questo nostro patrimonio naturalistico è in pericolo a causa di “mari di liquami, campi plastificati, scorie, acide piogge e nubi radioattive” che hanno portato al disastro ecologico. A tal proposito il poeta preoccupato per la sorte delle future generazioni domanda loro: “Figli miei, che mondo vi sarà mai consegnato?”(“Eredità”). È “Una dichiarazione di resistenza” tenuta da un “umile popolo di formiche”, metafora della gente,  contro “i burocrati della finanza, i gerontocrati della politica” che tentano di distruggere l’Europa e il mondo intero “impiccando il futuro dei giovani all’infamante albero di Giuda”. Si tratta di un tema de nostri giorni in cui “l’avidità di plutocrati e finanzieri espropria la giovinezza di mille e mille ragazzi e s’inginocchia squallida alla dea Mammona e affanna e uccide le moltitudini misere della terra”. Messo di fronte a questa amara realtà, al poeta non resta che rifugiarsi nel santuario delle Muse.
A conclusione dell’incontro il prof. Marco de Santis ha letto su richiesta degli ascoltatori “Vi fa comodo il Sud”, in cui con disappunto denuncia la politica che ha fatto e sta facendo del nostro Sud “un’immensa discarica di rifiuti industriali e scarti tossici”, fornendo così lo smercio degli outlet e degli ipermercati che servono a drenare i capitali delle banche del Nord, l’impianto di industrie per rubare il denaro pubblico, l’approdo di capi firmati lavorati da artigiani malpagati, la migrazione di insegnanti costretti ad allontanarsi dai loro affetti più cari, insomma, la costruzione di un “Sud acre come il fiele”.
Scroscio di meritati applausi alla fine della lettura di questo componimento. Insomma, tutto ciò rappresenta solo un “assaggio” della produzione poetica del prof. Marco Ignazio de Santis: la lettura di tali poesie, ricche di immagini e sentimenti, ha condotto il pubblico oltre ad apprezzarne il pregio artistico anche a riflettere sulle proprie esperienze di vita.

© Riproduzione riservata

Autore: Dora Adesso
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