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Lillino Di Gioia, urgente un nuovo Piano regolatore per Molfetta: città di cemento e asflato Dal 2016 Molfetta senza un Piano Regolatore, alla mercé di leggi regio-nazionali e interessi politico-finanziari. Errori nella redazione del Prgc e nella sua attuazione dal 2001. Scelte politiche insufficienti e anomale negli ultimi 10 anni
29 maggio 2012

MOLFETTA - La speculazione edilizio-finanziaria è stata una delle anomalie delle politiche urbanistiche a Molfetta negli ultimi 50 anni, in particolare negli ultimi 10 anni. «Questo accade quando si sviluppa un’errata concezione dell’urbanistica che, invece di contemperare un mix tra necessità edilizie, economia locale e servizi per la comunità, tende al profitto finanziario e alla speculazione economica». Parole chiare quelle dell’ing. Lillino Di Gioia, già assessore regionale all’Urbanistica ed esperto del settore, sindaco di Molfetta dal giugno del 1989 al dicembre 2011, durante la conferenza «Molfetta città urbanisticamente violentata. Ed ora che fare?» tenutasi allo Sporting Club di Molfetta e organizzata dallo stesso club in collaborazione con il Circolo del Bridge e l’Università Popolare Molfettese. Non un incontro politico, bensì culturale e di formazione cui seguiranno altre due disamine sul progetto del porto e sulla storia della zona industriale.
 
IL PUG CHE NON C’E’
È stato uno stupro gratuito quello del territorio urbano di Molfetta. Basti pensare, ad esempio, all’inchiesta “Mani sulla città”, all’invasione cementicea dell’agro, alla costruzione a ridosso e sulle lame, alla declassificazione irregolare delle aree ambientali protette, al Piano dell’Agro (adottato in Consiglio comunale nel febbraio 2011 e ora bloccato per l’inchiesta in corso della Procura di Trani).
L’attuale Piano Regolatore Generale Comunale (Prgc) scadrà il 2016, ma il Comune non ha ancora avviato alcun iter per la redazione del Piano Urbanistico Generale (PUG), come previsto dalla Legge Regionale n.20/01 e dal Documento Regionale di Assetto Generale (DRAG). Molfetta resterà priva di uno strumento urbanistico per i prossimi dieci anni, arrancando tra leggi regio-nazionali e interessi politico-finanziari.
Solo attenendosi alle normative europee e nazio-regionali sarà possibile bloccare il massacro urbanistico attuale e avviare una riqualificazione del centro urbano, senza consumare il restante territorio libero.
Edificati i quasi 2/3 del territorio comunale senza nessuna reazione, l’allargamento della zona Asi e l’autoporto, ad esempio, potrebbero creare una cerniera edilizia sulla costa tra Molfetta e Bisceglie. Per questo sarebbe opportuno ripensare la programmazione urbanistica futura, come ha sottolineato Annalisa Altomare (sindaco di Molfetta dal giugno del 1994 al 1997), intervenuta alla fine dell’incontro.
 
LA STORIA URBANISTICA
Dopo un rapido excursus sulla situazione urbanistica di Molfetta tra la seconda metà del sec. XIX e la prima metà del sec. XX, Lillino Di Gioia si è soffermato sugli anni ’50-’70, quelli della ricostruzione urbanistica e della crescita a Levante lungo le direttrici Corso Umberto - via Baccarini. Ma è proprio in questi anni che si sono manifestati con prepotenza i fenomeni speculativi e l’appetito ingordo dei palazzinari, acuitisi nell’ultimo decennio.
Una «degenerazione urbanistica» che ha sacrificato alcuni immobili storici (Teatro La fenice, Villa Gallo, il Palazzo Stazione, i cinema Corso, Fiamma e Viale, le ville Santini e Gambardella, Palazzo Cappelluti, ecc.), privando la città dei servizi divenuti «semplici varianti senza programmazione». Una storia ciclica. Senza dimenticare il progetto della SS 16bis che solo per Molfetta presenta una strana gobba, forse propedeutica alla razzia dei suoli, realizzata prima al Rione Paradiso e al lotto 10 (quartiere Madonna della Rosa), poi nel comparto 18 (zona di completamento del quartiere Madonna della Rosa) e nella nuova zona residenziale alle spalle dell’ospedale (comparto 1-12), quest’ultima collocata su Lama Martina.
Se gli anni ’70 sono caratterizzati dall’espansionismo della zona industriale ed Asi, (amministrazione Finocchiaro), il decennio tra il 1984 e il 1994 è segnato da una serie di importanti opere pubbliche (diga del porto, campi di calcio, Caserma dei Carabinieri, impianto di compostaggio, costruzione di nuove scuole, ecc.), dall’approvazione di alcuni provvedimenti per il centro antico, dalla variante al Piano Regolatore nella zona boaria (zona agricola di espansione urbanistico-industriale) per i nuovi insediamenti produttivi.
Anche questo decennio è stato marchiato da altri «buchi neri»: l’assenza di servizi nel Rione Paradiso (la cosiddetta 167), il lotto 10 (quartiere Madonna della Rosa) e le 167 di Levante (via Baccarini, via Cozzoli, via generale Amato, via Giovinazzo) e Ponente (via san Francesco d’Assisi, via Poggio Reale, via Mazzarello, via Cavalieri di Vittorio Veneto, via Caduti sul Mare, via Madonna dei Martiri).
 
IL MASSACRO DAL 2001
L’abbaglio maggiore degli anni ’80-’90 è stata la redazione del nuovo Piano regolatore comunale, iniziato nel 1985 e conclusosi nel 2001 con l’approvazione della Regione Puglia. Nonostante alcune novità urbanistiche (equiparazione dei suoli e legge sulla salvaguardia che tutela le situazioni edilizie esistenti), alcuni disastri attuali sono stati dovuti alle direttive di quel piano regolatore che ha sommato nei suoi 15 anni di redazione inesattezze programmatiche dell’epoca e interessi politico-finanziari di sempre. Cui si devono aggiungere le scelte politiche (mai) attuate dal 2001 (amministrazioni Tommaso Minervini e Antonio Azzollini).
Perciò, Enzo de Cosmo (sindaco di Molfetta dal marzo 1984 al giugno del 1989 e dal dicembre 1991 al luglio del 1992), presente all’incontro, ha focalizzato la sua attenzione sul rapporto subdolo e anomalo tra politica ed edilizia.
Negli ultimi dieci anni si è accentuata la speculazione edilizia. È scomparsa l’archeologia industriale (Palbertig, Pansini Legnami, Cementificio Gallo, ecc.) che il Prgc destinava a servizi per la collettività, demolita dalle amministrazioni di centrodestra degli ultimi anni per edificare unità edilizie. I terreni sono stati venduti a prezzi non sempre conformi alle leggi in vigore e la pubblica utilità degli espropri e gli standard urbanistici non sono stati quasi mai rispettati. Mai realizzate in modo completo le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, gli oneri di urbanizzazione sono stati usati per altre finalità amministrative in assenza di un Piano dei Servizi (i cittadini saranno costretti a pagare cifre maggiori rispetto a quelle già versate per avviare l’esecuzione di quelle stesse opere per cui avevano già pagato).
Lo stesso Lillino di Gioia ha evidenziato l’assenza del Piano comunale per le spiagge, del Piano dei parcheggi e dei trasporti, ma soprattutto la mancata redazione di un Piano comunale dei Comparti, che ha favorito (guarda caso) la privatizzazione dell’urbanistica a Molfetta con la redazione di piani d’iniziativa privata, come previsto dall’art.7 delle NTA del Prgc. E di un Piano dei Servizi, pur previsto dall’art.5 delle stesse NTA, accentuando la cementificazione del territorio e lasciando scoperte le aree per servizi collettivi che, senza una destinazione, nella maggior parte dei casi sono state riempite da cemento e asfalto.
Questa purtroppo è oggi Molfetta, una città senza decoro, senza rispetto sociale, costellata di sole palazzine e strade.
 
© Riproduzione riservata
 
Autore: Marcello la Forgia
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