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Lettere
15 luglio 2013

Una città sporca Caro direttore, la campagna elettorale è già finita ed è il momento di pensare ai fatti concreti. La città continua ad essere terribilmente sporca. Perché l’amministrazione Natalicchio non costringe l’Asm a pulire una buona volta le strade? Siamo in estate e non bastano i programmi dell’estate molfettese a far venire turisti e forestieri, occorre un’immagine decorosa, che solo la pulizia può dare. Ci auguriamo che il sindaco legga questa richiesta legittima e provveda a un desiderio che è di tutti i cittadini. Grazie e buon lavoro. Maria Mezzina Un bilancio pieno di debiti Caro direttore, leggo che il precedente sindaco sen. Antonio Azzollini avrebbe lasciato la città piena di debiti e di buchi di bilancio. Perché queste cose non vengono denunciate dai successori? E soprattutto perché non ci dicono come faranno a ripianare i debiti. Con nuove tasse? Come potranno fare le cose che hanno promesso, senza soldi? Ci piacerebbe conoscere una risposta dal sindaco Natalicchio. Grazie e cordiali saluti. Mauro Gadaleta Giriamo al sindaco e all’amministrazione comunale questi interrogativi, sperando in una loro risposta. © Riproduzione riservata Le minacce degli spaventapasseri Caro Direttore, sono rimasto allibito a leggere sull’altro periodico cittadino un attacco alla sua persona che, definire vile, è troppo poco. E’ inutile esprimerle la solidarietà perché sarebbe offensiva per lei, visto da chi provengono queste insinuazioni velate anche di minacce. Ma il livello del giornalismo a Molfetta è arrivato anche a questo? Non si preoccupi, la gente conosce bene lei e ne ha stima e conosce anche la permalosità e la presunzione degli altri. La prego, accetti un consiglio, non ceda alle provocazioni, non cada nella tentazione di rispondere, non si abbassi al loro livello, eguagliato anche altri giornalisti locali. Lei non ha nulla in comune con questi. Per fare un confronto occorre avere parametri comuni (ce lo insegna anche la matematica, quando si fa l’equivalenza). Sono solo degli spaventapasseri in cerca di visibilità sulle spalle degli altri. Le ricordo una frase di don Tonino che anche lei ha citato in passato: “Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate”. Buon lavoro e resti sempre un giornalista scomodo, la gente la stima per questo e ama leggere i suoi editoriali puntuali e pungenti. Lettera firmata Leggo cose incredibili Caro direttore, sono un vecchio affezionato lettore, leggo tutti i giornali e malgrado l’età voglio essere sempre aggiornato. Seguo sempre lei oltre che su “Quindici” anche sulla “Gazzetta”, sulla quale leggevo anche le inappuntabili cronache locali del suo compianto amato e bravissimo papà Michele. Ora ho letto cose incredibili su di lei sull’Altra Molfetta (è proprio un’altra Molfetta quella). Gettano fango su di lei, che gode della stima della gente. La loro è tutta invidia che mira a discreditare chi osa criticarli: lo hanno dimostrato anche con lei e anche con altre persone in passato, ma non credevo potessero arrivare a sfiorare l’odio che traspare da quell’ultimo scritto. Diceva un vecchio proverbio: “quando la volpe non arriva all’uva dice che è amara”. Ma che cosa vogliono? Insegnare a lei, che lo fa da 50 anni, questo mestiere? Ma voglio regalare a lei che ama le citazioni, una frase presa dal libro “Il gioco dell’angelo” dello scrittore spagnolo Carlos Ruiz Zafón: “L’invidia è la religione dei mediocri. Li consola, risponde alle inquietudini che li divorano e, in ultima istanza, imputridisce le loro anime e consente di giustificare la loro grettezza e la loro avidità fino a credere che siano virtù e che le porte del cielo si spalancheranno solo per gli infelici come loro, che attraversano la vita senza lasciare altra traccia se non i loro sleali tentativi di sminuire gli altri e di escludere, e se possibile distruggere, chi, per il semplice fatto di esistere e di essere ciò che è, mette in risalto la loro povertà di spirito, di mente e di fegato. Fortunato colui al quale latrano i cretini, perché la sua anima non apparterrà mai a loro.” Auguri e continui così per la sua strada e, segua lo slogan vincente di Paola Natalicchio: “lasciamoli perdere”. Buon lavoro. P. S. Direttore, la pregherei di omettere la mia firma, quelli potrebbero rivelarsi vendicativi e comunque preferirei evitare di averci a che fare in qualunque modo. Cari amici, ringrazio tutti delle numerose attestazioni, verbali, scritte, telefoniche di stima e solidarietà ricevute (quanta pubblicità ci hanno fatto gli altri!). Abbiamo scelto solo due lettere che possono riassumerli tutti. Accolgo volentieri la richiesta di anonimato, che mi sono permesso di estendere anche alla prima lettera, anche per non coinvolgere voi lettori in questa squallida e sterile polemica che vergognosamente si spinge fino a tirare in ballo perfino persone morte ed episodi di 20 e addirittura 30 anni fa, per gettare fango su di noi, come fanno miserabilmente da vent’anni a questa parte. E basti questo fatto per mettere fra noi e loro una distanza abissale. E’ un film già visto, all’ennesima replica da quando è nato “Quindici”, per mancanza di idee e contenuti, come fa la Rai con “Ben Hur”, “La principessa Sissi” e altri vecchi film riproposti nei mesi estivi, in assenza di programmazione. Sarò anche presuntuoso, ma per me e del mio lavoro parlano migliaia di articoli sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” e altre testate e non pettegolezzi da bar come quelli dell’altro fogliaccio cittadino, col quale non abbiamo nulla da spartire. Noi, tra l’altro, tra i nostri mille difetti non annoveriamo l’invidia e l’ipocrisia, che rifuggiamo sempre e per questo, loro malgrado siamo felici. Loro, invece, hanno la pessima abitudine di non farsi i fatti propri e ci dispiace per i nostri e i loro lettori costretti ancora una volta a dover leggere questa inutile polemica. E’ vero quello che dite, ho sbagliato a raccogliere la provocazione, rischiando di scendere sul terreno di chi non ha idee e argomenti e riprende pedissequamente polemiche vecchie di oltre 20 anni. Tra l’altro li informiamo che “certe lettere” che sarebbero state scritte 31 anni fa e diffuse da una mano anonima (che crediamo di aver individuato) venti anni fa, sono state già pubblicate proprio da “Quindici” nel numero del 10 aprile 1995 (e loro dovrebbero saperlo, visto che dichiarano di conservare “gelosamente” e minacciosamente aggiungiamo noi, tutte le cose che ci riguardano, altro che “per noi de Sanctis non esiste”). E le abbiamo pubblicate proprio perché non ci turbano (non ci preoccupavano all’epoca quando che eravamo giovani, figurarsi ora che siamo sessantenni) in quanto, come scrivemmo su quel numero dimostriamo di non avere nulla da temere. E, come scrivemmo all’epoca, pubblicando la presunta lettera per fare chiarezza (“La chiarezza è l’integrità della mente”, diceva Salvemini) e «per far risparmiare i francobolli all’anonimo postino pieno di odio nei nostri confronti, diciamo che se la lettera è falsa, costruita ad arte, incollando carta intestata e firma, l’operazione si condanna da sola. Ma anche se fosse vera, mi lascerebbe tranquillo dal momento che le affermazioni in essa contenute sono state smentite dai fatti successivi. Sono stato assunto da Giuseppe Giacovazzo e lo stesso Gorjux, una volta divenuto successivamente anche direttore della “Gazzetta” mi ha gratificato chiedendomi pezzi e anche decine di articoli di fondo per la prima pagina e mandandomi come inviato del giornale in Italia e all’estero, perfino in Cina, dove all’epoca nessun giornalista della “Gazzetta” era mai andato. E questo, perciò, rappresenterebbe per me un ulteriore titolo di merito, per aver superato anche presunte diffidenze inziali nei miei confronti da parte del consigliere delegato del quotidiano barese». Quelli dell’altro fogliaccio sono noiosi e a corto di argomenti se sono perfino costretti a spingersi indietro di 20 anni, quando “Quindici” è nato ed è subito stato oggetto della loro attenzione con attacchi violenti e offensivi (come hanno fatto anche con altri illustri molfettesi a loro non graditi), ma anche con le immancabili punzecchiature rivolte a noi in ogni numero e da noi ignorate. Ora aspettiamo l’immancabile replica. Pretendono di avere sempre l’ultima parola, ma gliela lasciamo volentieri, tornando ad ignorarli: ci spiace, ma non possiamo misurarci al loro livello, abbiamo dedicato loro già troppo spazio. Lo ripetiamo: de minimis non curat praetor. A proposito ci piace informare i lettori e quelli dell’altro foglio, che il numero precedente di “Quindici” che riguardava l’elezione del sindaco Paola Natalicchio, è andato rapidamente esaurito nelle edicole. E meno male che, come dice l’anonimo vigliacco estensore dell’articolo dell’altra, sostenendo la sua candidatura, l’abbiamo danneggiata. E Paola ha vinto. E se avesse perduto, poveri noi, cosa ci avrebbero vomitato addosso gli altri. Già così hanno superato se stessi in cattiveria e malafede. Poveretti, loro sì, frustrati del giornalismo. Noi restiamo felici di aver scelto questo mestiere, orgogliosi di averlo fatto al meglio e di continuare ad offrire alla città un contributo disinteressato per la sua crescita e il suo sviluppo. E lo facciamo sempre con trasparenza e chiarezza, come insegna Salvemini. Avevamo deciso di ignorare questo nuovo minaccioso e temerario attacco personale degli allievi di certi personaggi esperti in cinguettii e michelangioleschi ritratti, non abbiamo bisogno come loro di visibilità, ne avevamo e ne abbiamo a sufficienza (forse troppa, anche grazie agli altri fogli locali che ci citano sempre) e andiamo orgogliosi della nostra moralità inattaccabile. Grazie per le attestazioni di stima: tranquilli quello che loro scrivono è tutto falso. Vasa inania multum strepunt, insegnavano i saggi latini: i vasi vuoti fanno molto rumore. Nel paese delle bugie, come ricordava Gianni Rodari, la verità è una malattia, ma noi siamo orgogliosi di questa malattia, perché riteniamo che non si scrive per dire qualcosa, ma perché si ha qualcosa da dire. E ci firmiamo orgogliosamente, sempre, felici più che mai. Ci dispiace per loro.

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