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Legambiente: perché la nuova Capitaneria di Molfetta non è Punta Perotti
17 dicembre 2008

MOLFETTA - Anche Legambiente prende posizione sulla vicenda della foresteria della Capitaneria di Molfetta. «Nelle ultime settimane - dice il presidente del Circolo di Molfetta di Legambiente Giovanna Grillo - è stata da più parti richiesta a Legambiente una presa di posizione sulla vicenda della nuova foresteria della Guardi Costiera. La complessità e la delicatezza della vicenda ci hanno fin'ora spinti ad assumere una condotta prudente nella speranza che l'azione dell'Amministrazione giungesse almeno a limitare i danni all'ambiente e al patrimonio storico culturale della città. Ma l'evidenza ormai maturata che i danni, che comunque verranno, non solo non verranno ridimensionati ma addirittura rischiano di venire aggravati in assenza di procedure trasparenti e di definizioni chiare e condivise degli obiettivi che questa Amministrazione si pone, impone al Circolo cittadino di Legambiente dire in maniera chiara cosa pensa della vicenda». Ecco il comunicato dell'associazione ambientalista molfettese: «È quantomeno sorprendente quello che oggi il sindaco di Molfetta sta facendo per ottenere lo spostamento della foresteria della Capitaneria di Porto, dopo che solo pochi mesi fa aveva voluto, o quantomeno permesso, che sorgesse esattamente lì dove la stanno tirando su. L'attività dell'alacre ufficio di comunicazione del sindaco, che ha voluto ribattezzare “Punta Perotti molfettese” un edificio che sta sorgendo non in spazi vuoti a cancellare l'orizzonte, ma dove già sorgeva la palazzina servizi dei vecchi cantieri, amplifica l'effetto di straniamento: quelle baresi erano costruzioni brutte e inopportune tirate su nell'illegalità. Questa sarà una costruzione forse brutta, certo inopportuna che ha però tutte le autorizzazioni a posto e che il sindaco di Molfetta vuole buttare giù a colpi di ordinanze del tutto illegittime. Se a questo si aggiunge che basta guardare le carte per accorgersi che non sarà certo la foresteria a impedire che San Corrado e la Madonna dei Martiri continuino a guardarsi come per quasi novecento anni hanno fatto, bensì le tante altre opere portuali (i sette capannoni che si affiancheranno lungo il mare alla foresteria, le strutture cantieristiche de “Le Difese”, lo stesso porto turistico) così fortemente volute proprio da chi in questa circostanza si erge a difensore del sacro paesaggio molfettese, lo smarrimento è totale. D'altra parte, chi ha seguito tutto l'iter procedurale del nuovo porto vede bene come quest'ultima, grottesca, vicenda abbia le forme della classica ciliegina messa, con perfetta coerenza, a coronare un incredibile guazzabuglio. Oramai per il senso comune il porto nuovo è diventa un'opera indispensabile. A che cosa serva e, soprattutto, a chi giovi non è materia che possa ormai trovare spazio nella stanca democrazia cittadina, ammesso che mai l'abbia trovato. Non serve, quindi, ricordare quanto sorprendente sia stata la fonte di finanziamento delle opere, né serve ancora ricordare quella stranezza per cui il beneficiato del finanziamento non sia stato l'ente proprietario (la Regione) ma il Comune. E non serve quindi chiedersi perché la Regione abbia poi approvato, seppur con prescrizioni, sostanzialmente lo stesso piano che per vent'anni non aveva approvato senza che le ragioni della non approvazione (la tutela di un paesaggio sottoposto a vincolo) fossero state rimosse. Forse non serve più nemmeno chiedersi chi debba far rispettare le prescrizioni e come mai alcune di quelle siano state ormai irrimediabilmente violate (per esempio proprio la palazzina servizi, a cui veniva riconosciuto un valore architettonico sfuggito ai nostri tecnici, avrebbe dovuto essere destinata a Museo del mare e non abbattuta) senza che alcuno abbia avuto qualcosa da eccepire. Chi mai vigilerà dunque sulla qualità dell'aria e sull'inquinamento provocato dal traffico veicolare e dei mercantili come dalla Regione si chiede che venga fatto a tutela della salute di noi tutti? Pensare però che si possa venire fuori da questo fantasmagorico pastrocchio spargendo fumo nella nebbia è puro autolesionismo, come gli schiaffi innumerevoli che l'Amministrazione ha subito dai giudici del TAR mostrano con lampante chiarezza, checché a proposito ne possa scrivere l'ufficio propaganda comunale. Se di errore si tratta, si rimedi seguendo la via maestra: si adotti una variante. E se questo dovesse comportare l'avvio di una nuova Valutazione d'Impatto Ambientale e di una Valutazione Ambientale Strategica, che ben vengano. Si potrà riaprire il dibattito nella città e provare a rimediare almeno a qualcuno dei tanti strafalcioni del progetto, a cominciare da quella specie di autostrada a quattro corsie che devasterà la Banchina San Domenico e che, nonostante le prescrizioni contrarie, è stata riproposta nei disegni fatti circolare in questi giorni dall'Ufficio tecnico».
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