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Le fondazioni bancarie, la manomorta dello Stato: 150milioni di euro nascosti nell'armadio statale
11 giugno 2012

Il livello del debito pubblico è mostruosamente alto: servirebbero 900miliardi di euro solo per riportarlo al livello del 1993, quando l'Italia firmò il trattato di Maastricht impegnandosi a ridurlo in modo da renderlo sostenibile. Invece, nel frattempo, l’ha raddoppiato. Vendendo tutto il suo patrimonio immobiliare, lo Stato recupererebbe solo 500miliardi, la metà del debito che ha accumulato in meno di 20 anni. E ciò a prescindere dalla sicura mala gestio dei politici, che si estrinsecherebbe nel fare acquistare gli immobili ad amici e ad amici degli amici (forse, anche alla fine della “catena di passaggi”, a loro stessi). 
Servirebbero sul serio azioni decise e concrete, vere, draconiane, da Rivoluzione Francese, per abbattere significativamente il debito. Azioni forti contro tutte le ricchezze improduttive di questo Paese, contro tutte le manomorte. Ma non è affatto sembrato questo l’argomento all’ordine del giorno di questo Governo, sin dal primo giorno del suo insediamento. Perciò a oggi non si è compreso ancora bene dove risiedono le qualità tecniche di questi signori che hanno saputo soltanto aumentare la benzina, l’IVA, tagliare le pensioni. Insomma, sono stai bravi solo nell’assestare un colpo mortale alla ripresa economica nazionale. Nessun governo aveva saputo far peggio, con lo spread che non ha avuto apprezzabili miglioramenti.
 
LA MANOMORTA
La manomorta (il possesso inalienabile) è quell'insieme di beni che, appartenenti a un ente, non si trasmettono per successione e per atto tra vivi e sfuggono alle relative imposizioni fiscali. Il termine ha assunto nei secoli diversi significati. Nel corso del Medioevo indicò la condizione di chi, per una forma di subordinazione personale, non era in grado di avere i propri beni per testamento e il conseguente diritto del signore di succedere al proprio vassallo o suddito morto senza eredi maschi. O ancora il divieto fatto a vassalli e contadini di disporre i beni propri, oppure la tassa pagata per togliere tale divieto. Infine, le entità esenti da tasse di successione e i beni di tali entità.
Inoltre, il termine indica le numerose donazioni accumulate dalla chiesa nel corso dei secoli: un patrimonio ingente che nel sec. XVIII fu contestato dal potere politico. Un complesso di beni legati da un vincolo d’inalienabilità, applicato agli stessi enti proprietari di questi beni. Fin dai primi secoli del Medioevo si era, infatti, affermata la tutela del patrimonio ecclesiastico e la sua inalienabilità.
Nel Regno delle Due Sicilie, il ministro Bernardo Tanucci varò tra il 1775 e il 1780 diverse norme per eliminare i privilegi feudali. Furono introdotte tassazioni anche sulle donazioni e successioni ecclesiastiche, pur nel rispetto della funzione della chiesa di scolarizzare i giovani e provvedere alle necessità dei contadini e dei poveri.
Alla fine del secolo, con la Rivoluzione Francese, i liberali rivoluzionari, fedeli alla dottrina massonica, fecero incamerare e si distribuirono tra di loro tutti i beni ecclesiastici. L'esempio fu seguito dal Piemonte nel 1860 che incamerò le terre ecclesiastiche delle Due Sicilie, vendendole ai liberali e rastrellando così il capitale dal Sud che servì a industrializzare il Nord.
L'istituto della manomorta, però, sopravvisse per le successioni agli “enti morali”, quasi tutti riconducibili a personaggi graditi alla dinastia piemontese. A esse si applicava l'imposta di manomorta dello 0,9%. L'avvento della Repubblica ha messo fine a questo vecchio istituto con la legge 31 luglio 1954, n. 408.
 
TESORO NASCOSTO DELLE FONDAZIONI BANCARIE
Le fondazioni bancarie sono la manomorta dei nostri tempi “senza fine di lucro”. Qui si annida quasi tutto il tesoro nascosto, che sfugge allo sviluppo economico della nazione. Quanti soldi arrivano alle 88 fondazioni bancarie ogni anno? Un fiume di denaro. Le banche italiane distribuiscono la metà del profitto netto in dividendi agli azionisti. Le Fondazioni usano questi soldi per progetti no profit nel territorio (così dicono). Gli utili delle banche sono spesi dalle Fondazioni per attività di loro scelta (il cui ventaglio possibile è molto ampio) per ottenere un vantaggio elettorale. Gli stessi possono decidere pure le nomine bancarie (anzi le decidono sicuramente) e a livello locale abbiamo eclatanti esempi di questo genere di commistioni tra politica e banca che spiegherebbero quelle degenerazioni tra politica ed economia nel nostro territorio negli ultimi 20 anni.
Le 88 Fondazioni Bancarie Italiane hanno una capitalizzazione di circa 150miliardi di euro sul mercato finanziario. Essendo «enti di diritto privato», il loro capitale non confluisce nell'attivo del bilancio dello Stato. Basterebbe teoricamente un semplice decreto legge che dichiari le Fondazioni Bancarie «enti di diritto pubblico» per ridurre automaticamente il debito pubblico italiano di 150miliardi di euro, che sarebbero una somma immensa per gli indicatori dei mercati finanziari (circa il 10% del debito pubblico italiano). E senza dover necessariamente toccare neanche di un centesimo la benzina.
Perché lo Stato non mette a disposizione questo suo tesoro nascosto di 150miliardi di euro per ripianare il debito pubblico contratto negli ultimi 20 anni? Ma il governo delle banche e dei bancari potrebbero mai fare una cosa del genere?   
Cosa ha fatto la BCE ultimamente? Ha rifinanziato le banche con un’enorme massa di liquidità. Cosa hanno fatto le banche con questa enorme massa di liquidità, assunta in prestito dalla BCE, praticamente a tasso zero? Hanno speculato sui titoli di Stato per lucrare e produrre utili da accantonare. Ma dove? E per fare che cosa?  
Le fondazioni bancarie sono una proprietà dei contribuenti, ma furono privatizzate con la Legge Amato. Oggi sono divenute fonte di prebende e d’influenza politica sotto il mantello della “funzione sociale”. Lotta all'evasione? Verifica dei sussidi sociali erogati a falsi disoccupati o a precari non meritevoli? Riduzione dei politici? Eliminazione delle rendite vitalizie dei politici? Eliminazione dei compensi ai politici da altre amministrazioni? Eliminazione di tutti i bonus ai politici e ai loro familiari? Restituzione di quanto percepito dai politici poi condannati per corruzione o appropriazione indebita? Riduzione dei compensi ai manager pubblici? Abolizione delle province?
Neanche svendendo tutto il patrimonio pubblico (che tra l'altro sarebbe sconsigliabile affidare a questa classe politica di degenerati) sarebbe possibile aggredire quell'enorme vortice che sta risucchiando tutto al suo interno, rappresentato dal nostro debito pubblico. Può un governo a forte indicizzazione bancaria arrestare questo meccanismo infernale?
 
© Riproduzione riservata
 
Autore: Nicola Squeo
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