Le donne di Puglia dell’Ottocento
È senz’altro un’opera preziosa Donne di Puglia dell’Ottocento, che la scrittrice Jole de Pinto ha dato alle stampe nel 2019 per i tipi di Mario Adda. Il volume reca in copertina l’immagine di Antonietta De Pace, patriota di Gallipoli cui l’autrice dedica diffusa trattazione nell’opera; le elaborazioni grafiche sono state curate dall’architetto Fabrizio Minervini. Lo studio reca una prefazione del professor Bellino, che giustamente segnala la difficoltà della “doppia impresa” compiuta dalla de Pinto, nel “narrare la storia del Sud” e nell’assumere, quale terreno di ricerca, la “storia delle donne”, spesso condannate all’oblio. Lucida anche la presentazione del docente Arcangelo Ficco, che, dopo aver tratteggiato le direttrici alla base del volume, ne sottolinea anche la “prosa immediata e sapientemente discorsiva”. Nella Premessa la scrittrice chiarisce le caratteristiche dell’operazione compiuta, frutto della ripresa e di ampliamento di un lavoro già compiuto dall’autrice negli anni Novanta, cui è stata poi accostata la seconda sezione, relativa al contributo delle donne pugliesi dell’Ottocento al mondo dell’Arte. Già la “prima breve stesura” aveva riscosso apprezzamento, ricevendo premi da parte della bresciana Associazione “Amici di Brescia” e poi ancora nelle Marche (a Ripatransone) e in Calabria (Praia a Mare). La scrittrice ha voluto dedicare il volume alla compianta Vittoria Sallustio La Piana. Nel suo lavoro l’autrice si propone, tacitianamente “sine ira et studio”, di trasgredire l’idea, espressa per esempio da Tucidide ma condivisa nel mondo antico, che della donna si debba parlare il meno possibile. Il fine è invece quello di far emergere e sottrarre all’opera obliteratrice del tempo “Il merito delle donne”, per dirla con Moderata Fonte. La scrittrice compie così un accurato lavoro di documentazione che, come lei stessa evidenzia, muove da “i massimi storici pugliesi da La Sorsa a Lucarelli, a Pietro Palumbo”, per proseguire con tutta un’altra serie di autori, italiani e stranieri (frequentemente citato è Montanelli, ma anche Denis Mack Smith, soprattutto per il fenomeno del brigantaggio), e fonti di varia natura, sempre opportunamente menzionate, dove necessario anche segnalando eventuali contrasti interpretativi. Nella prima sezione, tracciando profili di donne, prevalentemente ma non esclusivamente pugliesi, la studiosa offre un significativo spaccato della storia d’Italia del Risorgimento, secondo una prospettiva originale e interessante. Rivivono così patriote, brigantesse, semplici popolane coinvolte, per esempio, nella resistenza di Altamura (con una mitografia che, come la de Pinto evidenzia, è stata messa in discussione da Vicenti, ma ribadita dalla documentazione scoperta dalla Macciocchi) o negli efferati fatti di Gioia del Colle. La storia di Puglia si rinsalda a quella d’Italia, con attenzione anche a figure come la suffragetta inglese Jessie White, una delle più significative documentariste del nostro Risorgimento. Pregevole anche il corredo fotografico, che, soprattutto attraverso i volti delle brigantesse (si pensi alla bella Michelina De Cesare o alla ‘giunonica’ Blasucci), funge da valido complemento a quanto fatto balenare dalla scrittura. Dopo il bel contributo sulla figura della De Pace, si apre la seconda sezione, doviziosa rassegna di pittrici, scrittrici, storiche pugliesi (o comunque in qualche modo legate alla Puglia). Questa seconda parte ci appare particolarmente preziosa, nella misura in cui l’autrice offre, attraverso la presenza di cenni biografici, l’indicazione delle opere (conservate o meno) e dei giudizi critici espressi sulle singole artiste menzionate, un validissimo punto di partenza per coloro che vorranno ulteriormente approfondire le singole figure esaminate. Inoltre, vivissima è la dipintura d’epoca, a nostro avviso soprattutto nella trattazione delle improvvisatrici, categoria spesso trascurata (anche per difetto di testimonianze) e che la de Pinto inquadra in maniera molto condivisibile anche sotto il profilo metodologico ed estetico. Un lavoro accurato e notevole, arricchito dal pregio di un costante richiamo all’attualità, di un’ironia che rifugge le facili mitizzazioni e di una scrittura raffinata e incisiva. Gianni Antonio Palumbo