La vita è il dono più prezioso. Il vescovo Martella scrive a proposito degli episodi di suicidio e omicidio a Molfetta
MOLFETTA - «Ma che sta succedendo? È una domanda alla quale nessun molfettese può sottrarsi in questi giorni. Uno, due, tre …quattro morti “con violenza” in pochi giorni. Tutti giovani. Tre di essi hanno deciso di farla finita, il quarto freddato in pieno centro, con inequivocabile gesto criminale», scrive Mons. Luigi Martella (foto) in una nota riferita ai fatti di disperazione e di violenza che hanno colpito Molfetta nelle ultime settimane.
«Le notizie di questi drammatici eventi si diffondono in un battibaleno, eppure la città non sembra scomporsi più di tanto. Si commenta, si parla, si ricostruiscono i motivi dell’accaduto, si raccontano i moventi, le circostanze, ma poi tutto ritorna come prima e si dimentica in fretta. Mi vengono in mente le parole di papa Francesco pronunciate a Lampedusa: «la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere!
Eppure, ogni volta che accadono eventi drammatici come questi, la città non è più quella di prima, perché rimane conficcato nelle sue viscere più profonde il segno di una grande sconfitta: la sconfitta della vita, e di conseguenza, il trionfo della “cultura della morte”.
Non è proprio un bel momento quello che viviamo. È facile generalizzare: “È colpa della crisi! A causa della depressione! Per fragilità psicologica! Per una resa di conti...”. Nulla di tutto ciò possiamo escludere, ma non possiamo non chiederci: “Quanto vale l’uomo e su cosa si basa questo suo valore?”. Questa domanda è l’audace sfida antropologica alla quale siamo chiamati. Tutti abbiamo la consapevolezza, pur partendo da ispirazioni diverse, che la vita è il bene più prezioso che ci è stato donato, eppure essa è esposta a continui pericoli. Diventa più esposta quando si logora il tessuto sociale; quando le relazioni umane saltano; quando si producono vuoti di solidarietà; quando si scavano abissi di solitudine. Lungi da noi l’intenzione di esprimere giudizi, anzi, il sentimento dominante in queste circostanze è quello della pietà e della compassione, insieme alla preghiera. Nondimeno, avvertiamo la necessità di ricordare che la soppressione della vita è rubare il futuro di chi è vittima, nello stesso tempo è indebolire la speranza di chi rimane.
Confidiamo nel Dio misericordioso che sa trarre cose buone anche dal peggiore dei mali, ma, perché si avveri questo, occorre la nostra convinta e operosa collaborazione per un ambiente vitale diverso».