Ai primi di gennaio del 1910, dopo che il nuovo governo di Sidney Sonnino aveva indicato al Parlamento fra le sue linee programmatiche la riforma dell’istruzione primaria e media, i dirigenti dell’Unione Magistrale Nazionale (U.M.N.) prepararono un memoriale per il ministro della P.I. Edoardo Daneo, in cui si chiedeva un provvedimento legislativo che tenesse conto anche delle esigenze economiche della categoria magistrale e “creasse agl’insegnanti una carriera”. Nel mese di febbraio il Daneo presentò alla Camera un Disegno di legge sulla riforma, che ebbe il giudizio sostanzialmente positivo dell’UMN, la quale tuttavia, in un ordine del giorno, invitò i maestri a esprimersi sullo stesso progetto con le necessarie modificazioni da apportare, perché venisse migliorato in conformità delle richieste formulate dalla Direzione del sodalizio (v. a riguardo, A. Barausse, L’Unione Magistrale Nazionale, Brescia 2002, pp. 332 – 339). La Società Magistrale di Molfetta, esaminò anch’essa il progetto Daneo e i voti espressi dalla Commissione direttiva dell’UMN, e, avendo constatato che “nelle proposte di miglioramento degli stipendi, il compenso delle scuole serali non era adeguato al lavoro svolto dagl’insegnanti”, nella riunione tenuta Il 23 febbraio deliberò che “la rimunerazione” ai maestri delle stesse scuole, che allora variava da L. 100 a 150 per 6 mesi di lavoro, “fosse elevata al minimo di L. 300”. L’appello, firmato dal Presidente Saverio de Candia, Direttore didattico, fu mandato alla Direzione dell’UMN, alle Federazioni provinciali e alle altre Sezioni Magistrali (Vesevo, Un voto della Società Magistrale, “Corriere delle Puglie” (=CP), 24 febbraio 1910). Sulla inadeguatezza del compenso percepito dai maestri serali avevano già protestato alcuni mesi prima gli insegnanti elementari di Molfetta “esercenti e non esercenti”. Riuniti in assemblea il 23 settembre 1909, essi votarono un ordine del giorno in cui deliberarono di non accettare l’insegnamento nelle scuole serali, per il quale “si corrispondeva più equo compenso dai Comuni, che però se ne disinteressavano” e di accettarlo “nel solo caso che dal Comune si vorrà corrispondere una gratificazione annua, atta a mitigare l’irrisorio compenso governativo” (Vesevo, Nota scolastica, CP, 28 settembre 1909). Nello stesso ordine del giorno fu anche notato che il pagamento del detto compenso veniva effettuato spesso “dopo un anno dal compiuto lavoro”, come era successo qualche anno prima agli insegnanti serali di Molfetta, i quali a fine dicembre del 1907 attendevano ancora di ricevere la retribuzione per l’esercizio dell’anno 1906 – 1907. Appreso che i loro mandati di pagamento erano stati spediti dal Ministero alla Regia Delegazione del Tesoro in Bari, che li aveva in deposito, gli stessi insegnanti, in segno di protesta, telegrafarono a quella Delegazione “acciò fossero urgentemente pagati del compenso dopo sei mesi di scuola passati da lungo tempo” (Vesevo, Cronaca varia, CP, 24 dicembre 1907). Per migliorare le condizioni dei maestri serali, nella suddetta assemblea del 23 settembre 1909, si fecero voti che al Ministero della P.I. fosse preso subito in esame il progetto di legge parlamentare detto degli “Amici dell’alfabeto”, sostenuto dall’UMN. Questo tendeva appunto a migliorare anche le condizioni economiche dei maestri delle scuole serali e di esso progetto, presentato nella precedente legislatura (v. Gli Amici dell’alfabeto e il progetto dell’Unione Magistrale Nazionale, in CP del 16 aprile 1908), che “parve ed era un progetto concreto e molto pratico – scrive Saverio de Candia in La questione della scuola popolare è questione di denaro (CP, 19 giugno 1909) –, non si parlava più: forse per avere eccitato contro di sé, a cagione di qualche suo difetto i clamori di certa gente che non intendeva come nessuna cosa umana è perfetta, come il meglio è nemico del bene, e come, quando la sostanza di una cosa è buona, si può presto o tardi rimediare a qualche sua deficienza”. L’ordine del giorno di quell’assemblea fu pubblicato nel citato CP del 28 settembre 1909 con i nomi degli insegnanti firmatari: Cinque Nicola, Tritto Vitantonio, Maggialetti Francesco, D’Erasmo Gioacchino, Salvemini Stefano, Poli Pantaleo, Fornari Giuseppantonio, Balice Matteo, Ferorelli Michele, Salvemini Giacomo, Boccassini Corrado, Altomare Mauro, Poli Giuseppe (Vesevo), Poli Mauro, Binetti Francesco, Salvemini Francesco, Martinelli Michele, Poli Emilio, De Robertis Giovanni, Salvemini Antonio, Muti Donato, Damiani Pantaleo, Fontana Matteo e De Gennaro Nicola. *** Nella suddetta riunione tenuta dalla Società Magistrale il 23 febbraio 1910, fu anche considerato tra l’altro che nel progetto del ministro Daneo, “mentre si provvedeva allo stato giuridico delle maestre d’Asilo, erano trascurati gl’insegnanti degli Istituti dei sordomuti e dell’infanzia anormale”, per cui si deliberò che “fosse resa obbligatoria l’istruzione all’infanzia anormale: sordomuti, ciechi, deficienti e simili”, che a Molfetta veniva data nell’Istituto provinciale “Apicella”, i cui insegnanti erano in molteplici rapporti con quelli della scuola elementare, e nel quale istituto oltre ai sordomuti, che vi erano accolti dalla sua fondazione (1864), era stata annessa, con l’inaugurazione del nuovo edificio nel novembre del 1908, la sezione di ciechi (g.(ioacchino) p.(oli) La Inaugurazione del nuovo edifizio dei Sordo – muti. La sezione dei ciechi, CP 8 novembre 1908). Alcuni mesi dopo, rivedendo l’istituto dei sordomuti dove aveva insegnato negli anni precedenti, la prof.ssa Rosaria Scardigno (1877 – 1972), tra l’altro legata come insegnante elementare alla Società Magistrale, esaminando la sezione dei ciechi “pensava alla somma di incoraggiamento e di affettuosa protezione con cui la società dovrebbe circondare istituzioni di tal fatta [.]. E quanto compenso di plauso sociale dovrebbe incuorare alla distanza il sacrificio penoso dei maestri che devono sacrificare sé per dare ad altre anime la vita” (R.S., L’Istituto Apicella pei Sordomuti e i Ciechi in Molfetta, CP, 27 luglio 1909). Di questi maestri, la stessa Scardigno menziona per la sezione dei ciechi “un maestro legalmente abilitato”, che aveva “assunto l’insegnamento ai 10 iscritti al primo richiamo”, i quali già erano “parecchio avanti nella lettura sui libri a caratteri punteggiati, già impara(va)no le prime cognizioni di teoria musicale preparandosi ad un prossimo studio pratico”. Questo insegnante era il giovane Gennaro Tortora di Enrico, che morì nel 1948, (v. Eco di Molfetta, 20 giugno 1948, p. 1). Nel 1910 egli coadiuvò nella Presidenza agli esami di fine anno scolastico il prof. Francesco Renzetti (g. p. Fra sordomuti e ciechi, CP, 10 agosto 1910), Direttore dell’Istituto dopo il prof. Pasquale Cardo, che nel 1900 tenne una conferenza su Dante dal titolo: Il Papa, la Civiltà, Roma (Baf., Una conferenza, CP, 3 aprile 1900). Nato nel 1867 a Lanciano d’Abruzzo, dove a 23 anni fondò un istituto dei sordomuti, e autore di molti articoli tra i quali Necessità dell’insegnamento delle sillabe inverse e Contro l’alfabeto manuale, pubblicati nel periodico “L’Educazione dei sordomuti”, Francesco Renzetti “venne tra noi” quando l’Istituto era ancora “nel vecchio locale” in via Giovene e subito ebbe dalla fiducia del Consiglio di Amministrazione l’ufficio di Direttore, ed io stessa – scrive Francesca Pansini nell’opuscolo L’istituto per i sordomuti di Molfetta, (Tip. Ed. Michele Conte, Molfetta 1910) – ho avuto la lieta fortuna di poter insegnare con il suo indirizzo” e di “avvicinarlo spesso per districarmi nelle dubbiezze e nei casi difficili” (pp. 19 e 21). A Molfetta il Renzetti sposò poi l’insegnante elementare Giovanna Germano, la quale fu presente fra il numeroso uditorio che il 16 luglio 1911 assistette agli esami degli alunni dell’Apicella. Insieme al Renzetti e all’assistente Valentini istruirono i sordomuti nella lingua gl’insegnanti Secondo Viganò, Giulio Gabrielli e Nicola Del Prete. Insegnò lingua invece ai ciechi il prof. Pasquale Amato, usando il metodo “Braille” (scrittura fra i ciechi) e “a matita” (scrittura fra ciechi e vedenti). Gli stessi alunni erano istruiti nella musica dal maestro Francesco Peruzzi (1862 - 1946), che riuscì a formare una piccola orchestra di ciechi di ambo i sessi, composta di sei violini, due viole e un contrabasso (Vesevo, Gli esami nell’Istituto Apicella di Molfetta, CP, 18 luglio 1911). Nell’Istituto prestò le sue pazienti cure ai sordomuti deficienti il venerando prof. Don Michele Azzollini (1830 - 1924), che portò tre dei suoi alunni nel 1910 agli esami di fine anno, a cui assistettero le insegnanti di scuola elementare Maria De Dato, Consiglia Facchini, Gaetana Valente, Chiara Turtur e Giovina Francese (CP, 30 luglio 1910). Quest’ultima insegnò anche in una scuola di catechismo aperta nei locali di San Domenico, dove intervenivano alla S. Messa i ragazzi sordomuti quando dimoravano nel vecchio istituto non lontano dalla chiesa (v. G. Capursi, L’operosità dei Preti della Missione nel Seminario di Molfetta, 1969, estratto, p. 11). Don Michele Azzollini fu intimo amico di Saverio de Candia, alla cui festa dell’80° compleanno il 23 maggio del 1912 (dove partecipò anche il prof. Renzetti, che tenne un applauditissimo discorso) disse “belle, sentite e commoventi parole” e “tra la commozione generale baciò e ribaciò” il benemerito Direttore Didattico (Vesevo, Per un benemerito dell’istruzione a Molfetta, CP, 25 maggio 1912). Nella sezione femminile dell’Istituto, diretta dalla prof.ssa Carla Lieti, insegnarono anche Giovanna Farinola (tra i sottoscrittori, con Renzetti, Gabrielli e la Pansini, del libro dell’insegnante elementare Mauro Altomare, Molfetta nel Risorgimento politico italiano, pubblicato nel 1911), Concetta Pomodoro e Lucia Parisi, che fu anche maestra di catechismo presso la chiesa dei Cappuccini, nei cui locali erano state ospitate le sordomute prima di passare nel nuovo edificio. Alle stesse ragazze insegnò disegno il pittore prof. Pasquale Peruzzi (1850 – 1920), zio di Francesco (v. “Quindici”, novembre 2012, p. 23), che nel 1912 fu prof. di disegno nel Ginnasio Magistrale di Barletta, per il quale Istituto, il 19 maggio di quell’anno, Carla Lieti (che nel CP del 3 settembre 1911 aveva scritto sul Dopo il Congresso dei sordomuti a Roma) tenne, nella gran sala superiore del teatro Curci, una conferenza sul tema: Del sordomutismo in generale, “che chiuse bellamente – scrive Izzar, Una interessante conferenza a Barletta (CP, 21 maggio 1912) – col dire che passerà ancora assai tempo prima che questi figli della Nazione, che l’istruzione moderna innalza con la parola alla comprensione della vita morale, e con l’insegnamento dei propri doveri alla dignità di uomini veri, abbiano tutti l’istruzione e la protezione e la difesa come diritto di legge, e non come obolo di filantropia”.
Autore: Pasquale Minervini